2020-11-29
Nel cuore di Garibaldi c’era l’arcipelago paradiso delle pinete
Giuseppe Garibaldi (Ansa)
L'eroe dei due mondi, davanti alla «Casa bianca» di Caprera, mise a dimora anche un albero dedicato alla figlia Clelia.Nelle ultime settimane abbiamo incontrato la passione per i paesaggi, gli alberi, i giardini e i boschi di alcune importanti figure del nostro Risorgimento: Giuseppe Verdi, Alessandro Manzoni e Edmondo De Amicis. Oggi aggiungiamo a questa galleria di grandi figure, il rivoluzionario più audace e intrepido, Giuseppe Garibaldi (1807-1882). Da giovane si impratichisce sulle navi e inizia le tante avventure alla guida di brigantini e altre imbarcazioni, spingendosi sempre più lontano, fintanto da diventare l'eroe dei due mondi, combattendo con valore e ardimento guerre in Brasile e Uruguay, e dunque partecipando alle guerre d'indipendenza italiane.Il rapporto di Garibaldi con l'arcipelago della Maddalena inizia nel settembre 1849 quando vi arriva dopo la fuga da Roma, dove aveva partecipato alla Repubblica romana governata da Mazzini, Saffi e altri patrioti, sedata dopo pochi mesi dall'esercito francese, nonostante la fuga del Papa a Gaeta. Vi ritorna quando il fratello Felice, mercante e produttore d'olio, muore e gli lascia l'eredità, grazie alla quale Giuseppe acquista nel dicembre 1855 una parte dell'isola, mentre l'altra la potrà far sua grazie ad una colletta patrocinata dai figli e da alcuni ammiratori. Dapprima vive nell'abitazione di un pastore, quindi, aiutato da alcuni fedelissimi, edifica una casa sul modello delle fazende sudamericane che aveva visto. Nasce così la Casa Bianca, sebbene, a noi risulti nota come Compendio Garibaldino, nome militare tutt'altro che invitante adottato dopo i restauri del 1975, ad opera del ministero dei Beni culturali. Ulivi e vigne, maiali, polli, capre, mucche, cavalli e asini, produce formaggi, olio e vino. In questa terra lontana Garibaldi non vive da recluso, anzi, si concede all'agricoltura e all'allevamento, mutando diverse abitudini: ad esempio diviene vegetariano, nutrendosi di frutta e verdura, e rinuncia alla caccia, di cui era stato da giovane un appassionato interprete, avendo addirittura modo di fondare, il primo aprile 1871, la Regia Società per la Protezione degli animali, su suggerimento della nobildonna inglese Anna Winter.È da qualche anno che manco dall'arcipelago, dunque non sono certo se quel che ho veduto sia ancora tutto in piedi. Ma ben ricordo la strada che dall'isola della Maddalena conduce alla più piccola Caprera, una lingua d'asfalto corta e bassa, così modesta che pensai a quante volte l'alta marea avrebbe potuto mangiarsela. L'isola è vasta ben quindici chilometri quadrati, è stata abitata al tempo dei romani e abbandonata fino all'arrivo di alcuni pastori nel corso del XIX secolo: le rocce e gli arbusti della parte sopraelevata sono un ambiente ideale per l'allevamento delle capre. Ci si inoltra in una vasta e folta pineta, la cui unica traccia da seguire è la strada che conduce alla Casa Bianca, dove incredibilmente si possono ancora visitare diversi alberi messi a dimora dallo stesso Garibaldi. Lasciando da parte le piante fruttifere, il ricordo va anzitutto al celebre pino di Clelia, messo a dimora nel giardino interno, nel febbraio 1867, quando nacque la figlia, colei che per ultima abiterà la residenza fino alla morte, nel 1959. L'albero si biforca alla base, la branca maggiore misura 260 cm in circonferenza, la minore 190. Altezza: una dozzina di metri. Un pino d'Aleppo (Pinus halepensis) dall'aspetto sinistro, i rami contorti, veglia sopra le tombe di cinque degli otto figli e dell'ultima moglie, l'astigiana Francesca Armorino, deposte lungo un sentiero accanto all'uliveto; la più evidente è però la tomba di Garibaldi, un pezzo di granito appena sbozzato dalla mano sicura dello stesso factotum. Per cento anni, fino al 1962, la Marina militare fece presidiare le tombe da un picchetto d'onore. Poi c'è il pino caduto o pino obliquo, un vigoroso Pinus pinea cresciuto inclinato di pochi gradi sopra la terra; c'è chi dice che si sia inclinato a causa dei forti venti che ciclicamente si abbattono sull'isola, anche se non è ben chiaro l'anno esatto. Un documento filmato dell'Istituto Luce, risalente agli anni Venti, ovviamente in bianco e nero, lo raffigura ancora in piedi, dritto. Viene anche detto «pino delle ceneri», poiché pare che Garibaldi diede ordine nel testamento di versarvi sopra le sue ceneri.