2020-12-28
Roberto Paura: «Nel 2021 arriverà la patrimoniale. Parola di futurologo»
Lo studioso: «Dopo il Covid nuove tasse, sussidi e più immigrati. Ma intanto molte aziende riporteranno la produzione in Italia».Roberto Paura, napoletano, ha 34 anni ed è un futurologo, cofondatore e presidente dell'Istituto italiano di futurologia. Vede il domani in base alle esperienze dell'oggi. Questo è il suo 2021.Come si diventa futurologi?«Molti vengono dalle scienze sociali. Io ho studiato scienze politiche e poi mi sono ritrovato per passione a lavorare nella comunicazione della scienza, il che ha ampliato molto gli orizzonti».In che consiste il suo lavoro?«Negli Stati Uniti giganti come Intel o Google hanno il loro futurista residente, che analizza gli scenari e delinea le tendenze su cui l'azienda dovrebbe andare a lavorare».E in Italia siete richiesti?«Da banche, grandi imprese e società di consulenza che vogliono conoscere i megatrend per capire come cambierà il comparto in cui operano nei prossimi 10 o 20 anni e decidere come adattarsi. Svolgiamo anche attività di ricerca monitorando 20 grandi tendenze».Per esempio?«Gli andamenti demografici o gli sviluppi dell'automazione del lavoro: pubblichiamo tutto in un volume annuale. Facciamo anche report sui cosiddetti “segnali deboli", cioè fenomeni emergenti che possono diventare megatrend o influenzare quelli già esistenti. Conoscerli in anticipo permette di non farsi travolgere da cambiamenti che sconvolgono lo scenario».Come una pandemia?«Esattamente».Se questa conversazione si fosse svolta 12 mesi fa, avrebbe parlato di una pandemia in arrivo?«Nel 2015 sulla nostra rivista Futuri ho pubblicato un articolo con 12 minacce per l'umanità: una di esse era proprio un agente virale patogeno capace di mettere a rischio non tanto la sopravvivenza dell'umanità, quanto la tenuta sociale».Quindi lei non è stato sorpreso dal Covid.«Be', come singolo individuo sì, ma del tema si discuteva da anni, soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna tra i futurologi che si occupano dei cosiddetti rischi esistenziali».Anche voi inascoltati dalla politica.«È un problema che cerchiamo di affrontare. Un conto è rapportarsi con un'azienda che può modificare facilmente le proprie strategie, un altro con un'istituzione pubblica o lo Stato». Quali sono i megatrend per il 2021?«Il principale che abbiamo studiato sono i rischi per la tenuta economica. In Europa l'economia già prima del Covid era sorretta da politiche monetarie molto espansive che facilitavano l'indebitamento: che cosa succederà quando la situazione emergenziale si prolungherà?».Già, che succederà?«Noi ipotizziamo modifiche strutturali nei regimi fiscali: per esempio, più tasse sui redditi molto alti, come si sta verificando in Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito, una Web tax sui giganti dell'informatica e una tassa patrimoniale sui grandi redditi. Queste misure dovrebbero sostenere nuove politiche di supporto al reddito».La patrimoniale per pagare il reddito di cittadinanza?«E altri sostegni che diventeranno strutturali».Ma sono costosissimi.«Per questo, oltre a riformulare completamente il sistema fiscale per renderli sostenibili, prevediamo anche una ristrutturazione del debito europeo, che negli ultimi mesi sta peggiorando oltre ogni previsione». Tutta questa rivoluzione nel 2021?«Entro un paio d'anni. La sostenibilità del debito è un problema enorme che viene scaricato sulle generazioni successive, ma non è fattibile. Bisogna fare i conti con una conflittualità generazionale crescente in Italia e in Europa, che il Covid ha molto acuito. È uno dei fenomeni segnalati come megatrend in uno dei nostri ultimi report».Per i giovani gli anziani sono solo zavorra?«Oggi sul segmento anziano della popolazione si concentra tutta l'attenzione perché presenta la maggiore mortalità, ma è quello che blocca l'economia, e questo inasprisce il risentimento dei giovani».Una guerra generazionale?«Mi pare che anche nel discorso pubblico questa tendenza stia diventando evidente. Il progressivo invecchiamento della popolazione renderà insostenibile l'attuale sistema di welfare in tutti i Paesi europei già nel 2040. Se non si trova una soluzione prima, la società potrebbe collassare». Che fare?«Alcuni demografi ritengono inevitabile un aumento dell'immigrazione. Altra soluzione sono politiche per aiutare i genitori a fare più figli. È un dibattito molto complesso».Lei prevede un aumento dell'immigrazione?«Negli ultimi decenni i flussi verso l'Europa sono quasi raddoppiati ogni decennio. La crescita demografica dell'Africa è una sicurezza per tutto il ventunesimo secolo, perciò è impossibile non mettere in conto una maggiore immigrazione». Come reagirà l'Europa?«Oggi nei Paesi di frontiera prevale la tendenza a bloccare i flussi. Ma Germania e Scandinavia sono più favorevoli ad accogliere nuovi stranieri per sostenere l'attuale livello del welfare. Questo sarà un altro elemento di conflittualità interna all'Unione europea».Si riprenderà l'economia italiana?«Un fenomeno che abbiamo individuato è quello del reshoring: sempre più aziende faranno rientrare in patria i segmenti della filiera produttiva che ora sono all'estero. C'è una convenienza strategica, per evitare che s'interrompa la catena di approvvigionamento se dovesse prolungarsi la crisi da Covid o in caso di altri shock. E poi oggi non c'è più il vantaggio degli anni Novanta nel delocalizzare parte della produzione».Lo smart working diventerà la regola?«Molte aziende hanno trovato convenienza nel tenere i lavoratori a casa. Ma ci sarà una forte spinta verso l'automazione dei processi produttivi. Ci aspettiamo forti incentivi dai governi europei».Per esempio?«Pensiamo ai mattatoi, dove ci sono stati tantissimi casi di contagio, o alle aziende di logistica e smistamento merci. Automatizzare queste lavorazioni significa mettere queste catene al sicuro da qualsiasi crisi sanitaria si possa verificare nei prossimi anni».Ci sarà più o meno lavoro?«Su questo non ho dubbi: il numero di occupati si ridurrà. Molto lavoro sarà automatizzato e il nuovo lavoro ad alto tasso di tecnologia richiede meno manodopera». Per questo parlava di maggiori sussidi ai disoccupati?«Sì. Per tutto il ventunesimo secolo si compirà una transizione verso un modello diverso sia di lavoro sia di welfare».Passeremo la vita tirando a campare con il reddito di cittadinanza?«Non deve pensare che le persone non faranno più niente: probabilmente faranno ancora più di oggi, senza però il posto fisso da cui dipende il reddito. Quelle oggi considerate attività di tempo libero dovrebbero diventare la nuova occupazione».Come cambierà il turismo, che genera il 13% del Pil nazionale?«Il turismo di massa si stava già rivelando insostenibile da anni e ora il Covid lo renderà impossibile. Realtà che registravano enormi flussi, come musei e grandi attrazioni, si stanno già organizzando per favorire le prenotazioni online, per cui programmeremo le vacanze con maggiore anticipo. Poi si lavora sulla destagionalizzazione e si riflette sull'uso di tecnologie come la realtà aumentata, ma su questo sono scettico: il turismo è la classica realtà esperienziale, la gente vuole essere sul posto».Cinema e teatri resteranno chiusi?«Sui cinema c'è poco da dire: il destino è segnato da quando si sono affermate le piattaforme di streaming, l'abbiamo segnalato da anni e i fatti dell'ultimo anno ci hanno dato ragione, anche se avremmo preferito di no. Le sale di proiezione scompariranno e i teatri saranno molto ridimensionati».I concerti oceanici?«Si sono già svolti grandi eventi musicali su piattaforme come Fortnite, molto usata dai ragazzini, e questo non ha provocato grandi sconvolgimenti nelle giovani generazioni. La tendenza è creare grandi piattaforme virtuali diverse dalle attuali, nelle quali le persone avranno una vera immersione nell'ambiente in cui si troveranno».Tra i film su Netflix e le riunioni su Zoom, qualche volta usciremo di casa?«Le cose sarebbero tornate come prima se il Covid fosse durato tre mesi, ora non più».Cos'è che voi vedete e la gente normale no? Che cosa ci può sorprendere?«Bella domanda. Vediamo una vita sempre più virtuale, in cui le attività quotidiane si svolgono in un ambiente immersivo tridimensionale. Ma non è una novità particolarmente radicale, le grandi aziende ci lavorano da un pezzo. Difficile immaginare cose completamente nuove nell'arco di pochi anni».Quindi c'è sempre spazio per l'imprevisto.«I megatrend hanno la capacità di tornare alla loro tendenza di base anche dopo uno shock particolarmente forte. Paradossalmente, il Covid sta accelerando tendenze già in atto, non sta creando qualcosa di nuovo».Se lei fosse seduto davanti a chi può decidere il futuro dell'Italia, che cosa gli suggerirebbe?«Di prepararsi allo scenario peggiore. E di affrontare il tema del cambiamento climatico: non possiamo permettere che nei prossimi decenni ogni fenomeno meteorologico estremo ci colga impreparati».
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