2019-03-03
Nel 2017 per rimpatriare 7.000 immigrati abbiamo speso 10 milioni di euro
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Riportare nei loro Paesi i migranti irregolari nel 2017 è costato all'Italia quasi 10 milioni di euro. Una cifra elevata, dovuta soprattutto alla lentezza della giustizia. A rivelarlo è l'Unione europea che, contrariamente a quanto si pensa, si sta occupando (a suo modo) dell'immigrazione: se da una parte non riesce ad imporre ai Paesi membri quote obbligatorie di accoglienza, dall'altra ha commissionato uno studio per capire quanto costa rimpatriare gli irregolari.Archiviato il problema degli sbarchi, infatti, (dall'inizio del 2019 sono arrivati sulle nostre coste 262 migranti: il 95% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando furono 5.247), quello che ancora non funziona è proprio il sistema dei rimpatri. Si scopre così che Estonia e Malta rimandano a casa la quasi totalità dei non aventi diritto a restare nei loro Paesi: Malta addirittura il 100% e l'Estonia il 98%. Prima di stupirsi, bisogna considerare che i numeri assoluti sono molto, ma molto bassi: poche centinaia di individui. Portogallo, Belgio e Repubblica Ceca registrano invece le percentuali di rimpatri più basse d'Europa: rispettivamente 5%, 16% e 18%.Ma veniamo all'Italia. Nel 2017 le persone su cui pendeva un ordine di rimpatrio in Italia erano più di 10.000. Di queste, 4.837 hanno subìto un rimpatrio forzato, mentre 2.110 se ne sono andate via volontariamente. I costi dei trasferimenti, che avvengono con voli charter, sono molto diversi: in media 2mila euro a persona per i rientri forzati, 975 per i rientri volontari. Al netto di alcune variabili, quindi, la spesa totale per l'Italia è stata nel 2017 di 9.879.725 milioni. Ora teniamo presente che, di fronte ad un provvedimento di espulsione, ogni individuo ha la possibilità di presentare ricorso entro 30 giorni da quando gli viene comunicato. Ebbene, l'Unione europea ha calcolato che, per l'Italia, il tempo di attesa medio per avere l'esito di un ricorso contro un decreto di espulsione è di 5 mesi (da un minimo di un 1 mese e mezzo a un massimo di 8 mesi). Questi tempi di attesa rappresentano dei costi pari a poco meno di 35 euro al giorno. Quindi una persona che fa ricorso (e magari lo perde) e deve attendere in media 5 mesi per avere l'esito, comunque costa al contribuente circa 5.250 euro. Se si moltiplica per il numero di ricorsi si arriva abbastanza facilmente a milioni di euro. E se si velocizzassero i tempi? Cosa succederebbe? Ebbene, l'aumento del 10% dei rimpatri coatti che, ricordiamolo, costano 2.000 euro a persona, comporterebbe un aumento dei costi (sulla base dei dati del 2017) di 216.275 euro; se l'aumento fosse del 20% i costi lieviterebbero a 432.550 euro, mentre se fosse del 30% si arriverebbe a 648.825 euro in più. Se invece diminuissero i tempi di attesa nelle procedure di ricorso di solo il 10%, il risparmio per l'Italia sarebbe di ben 4 milioni, 990.248 euro.
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