2024-05-26
La Nato sdogana le bombe contro Mosca
Escalation di Jens Stoltenberg che autorizza Volodymyr Zelensky a usare le armi occidentali sul territorio della Russia. Antonio Tajani frena, Matteo Salvini si oppone, Joe Biden nicchia.Raid russo su un centro commerciale: le autorità condannano, due i morti. Vladimir Putin intanto invia sul campo gli Africa Corps.Lo speciale contiene due articoli.Il conflitto in Ucraina sembra sempre più vicino al punto di non ritorno. Alcuni Paesi della Nato nelle ultime settimane hanno alzato i toni delle dichiarazioni, a cominciare dalla Francia. Adesso però è il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a parlare. «Penso sia giunto il tempo per gli alleati di eliminare molte delle restrizioni imposte sull’uso delle armi donate all’Ucraina, perché specialmente adesso, in un momento in cui si combatte a Kharkiv, vicino al confine, negare all’Ucraina la possibilità di usare queste armi contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo renderebbe molto difficile per loro difendersi».Dall’inizio della guerra a oggi, l’Occidente ha sempre sostenuto e appoggiato l’Ucraina a difendersi sul proprio territorio con un monito: vietare l’escalation per evitare la terza guerra mondiale. Le parole del più alto vertice dell’Alleanza atlantica potrebbero cambiare tutto e vanificare mesi di sforzi. «Dobbiamo ricordare di cosa si tratta. Si tratta di una guerra di aggressione della Russia all’Ucraina. Kiev ha diritto a difendersi e questo include anche colpire obiettivi in territorio russo», ha insistito Stoltenberg in un’intervista rilasciata all’Economist. «Alcuni alleati hanno già allentato queste restrizioni permettendo l’uso delle loro armi contro obiettivi militari in Ucraina. Io credo che sia giunto il tempo di considerare anche questo», ha precisato. In un’altra intervista, rilasciata questa volta al giornale tedesco Welt am Sonntag, Stoltenberg aggiusta un po’ il tiro e aggiunge: «Non ci sono piani per inviare truppe Nato in Ucraina perché l’Alleanza non entrerà nel conflitto». Le sue parole fanno il giro del mondo ed è Mosca a reagire per prima. «Tutte le delegazioni invitate alla conferenza di pace in Svizzera sull’Ucraina dovrebbero essere consapevoli della posizione del segretario generale della Nato», ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. «I segnali che arrivano dalle autorità statunitensi sono assolutamente chiari. Washington non vuole la pace in Europa», l’accusa dell’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov. Ci pensa il presidente Usa, Joe Biden, ad abbassare i toni: «Non ci sono soldati americani in guerra in Ucraina. Sono determinato a mantenere la situazione così».Le parole di Stoltenberg stupiscono anche i vertici del governo italiano. «Noi lavoriamo per la pace», ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. «Siamo parte della Nato ma ogni decisione deve presa in modo collegiale». Poi ribadisce: «Noi non manderemo un militare italiano in Ucraina e le armi, gli strumenti militari inviati dall’Italia vengono usati all’interno dell’Ucraina». Più severa la reazione del vicepremier Matteo Salvini: «L’Italia non è in guerra con nessuno e se è stato giusto aiutare militarmente l’Ucraina, allo stesso tempo non se ne parla nemmeno di togliere il divieto a Kiev di colpire obiettivi militari in Russia, così come ribadisco che la Lega è contraria a inviare anche un solo soldato a combattere in Ucraina. Noi vogliamo la pace non l’anticamera della terza guerra mondiale». Sempre dalla Lega è il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, a rincarare la dose: «A Bruxelles parlano di vertice per la pace ma pensano alla guerra. Inebriati come sono dal furore bellicista rinnegano la stessa Costituzione europea, che nei suoi principi fondamentali si prefigge di promuovere la pace di fronte alle controversie internazionali». Per Romeo «la priorità è intensificare il lavoro diplomatico per arrivare a una tregua. Chi non comprende questo ci sta portando verso una guerra nucleare e sempre più vicini al punto di non ritorno». E mentre il G7 ha raggiunto un accordo sull’obiettivo di sostenere l’Ucraina anche nel 2025, al confine Nato, da tempo c’è già movimento. Polonia, Finlandia e Norvegia hanno concordato di creare un «muro di droni» a protezione dei loro confini. Ad annunciarlo è il ministro dell’Interno della Lituania, Agnè Bilotaitè: «Si tratta di qualcosa di completamente nuovo: droni schierati lungo la frontiera con la Russia, dalla Norvegia alla Polonia, il cui scopo sarà quello di proteggere il nostro confine anche con altre tecnologie. Non solo infrastrutture fisiche e sistemi di sorveglianza, ma anche droni e altre tecnologie che ci permetteranno di proteggerci». Per il resto le armi continuano a scarseggiare. Anche la Germania, tra i più grandi fornitori di Kiev, comincia a non avere più risorse da inviare. Il cancelliere, Olaf Scholz, dopo aver annunciato la spedizione di una nuova fornitura di carri armati, mezzi di artiglieria e droni, ha avvertito: «La Germania ha raggiunto il limite di ciò che è possibile fornire all’Ucraina in termini di aiuti militari». Nel frattempo il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che deve ringraziare l’Occidente per aver respinto Mosca fin qui, prosegue con le stilettate nei confronti dei suoi stessi alleati. «Chiesi al presidente Usa, Joe Biden, e all’Unione europea di imporre sanzioni contro il Cremlino, Vladimir Putin, il suo entourage, il settore energetico russo prima dell’invasione, ma nessuno ci ha sentito. Tutti dissero detto no: prima i russi devono fare un passo, poi noi faremo i passi corrispondenti. E qual è il risultato? Di conseguenza, le grandi perdite umane sono irreparabili».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nato-sdogana-bombe-contro-mosca-2668377594.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="raid-russo-su-un-centro-commerciale-e-a-kharkiv-spunta-la-nuova-wagner" data-post-id="2668377594" data-published-at="1716675901" data-use-pagination="False"> Raid russo su un centro commerciale. E a Kharkiv spunta la nuova Wagner Doppio attacco russo a Kharkiv. Ieri, un raid di Mosca ha colpito un ipermercato nella città: stando alle autorità ucraine, si sono registrati almeno due morti e 35 feriti, anche se si teme che il numero delle vittime possa salire, visto che, secondo Volodymyr Zelensky, nel megastore ci sarebbero state più di 200 persone. «Se l’Ucraina avesse avuto sufficienti sistemi di difesa aerea e moderni aerei da combattimento, attacchi russi come questo sarebbero stati impossibili», ha aggiunto il presidente ucraino. «Questo attacco a Kharkiv è un’altra manifestazione della follia russa, non c’è altro modo di dirlo. Solo pazzi come Vladimir Putin sono capaci di uccidere e terrorizzare le persone in un modo così ignobile», ha anche detto. «La Russia ha deliberatamente colpito un obiettivo civile nel bel mezzo di un fine settimana», ha affermato, dal canto suo, il ministro dell’Interno ucraino, Ihor Klymenko. Poco dopo, stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa Ukrinform, il sindaco di Kharkiv, Ihor Terekhov, ha reso noto che i russi avevano colpito anche il parco centrale della città. Quando La Verità è andata in stampa, il primo cittadino riferiva che la presenza di eventuali vittime e danni era ancora in fase di accertamento. Le autorità russe hanno nel frattempo accusato Kiev di aver condotto un raid contro la regione di Belgorod, uccidendo due persone. Se ieri Mosca ha annunciato di aver conquistato un villaggio nel Donetsk, è comunque l’oblast di Kharkiv che resta al centro dell’attenzione. Alcune ore prima dei raid russi, Zelensky aveva reso noto che le forze ucraine avevano ripreso il controllo della parte settentrionale della regione, in cui le truppe di Mosca erano penetrate a inizio maggio. Inoltre, secondo l’intelligence britannica, il ministero della Difesa russo avrebbe recentemente schierato in loco gli Africa Corps, che «consistono di oltre 2.000 soldati e ufficiali regolari, così come di mercenari con esperienza, molti dei quali hanno precedentemente servito nel Wagner Group». I servizi di Londra hanno anche sottolineato che «i distaccamenti degli Africa Corps molto probabilmente sono stati in precedenza schierati in Siria, Libia, Burkina Faso e Niger». Ricordiamo d’altronde che Mosca continua a esercitare una notevole presa sull’Est libico, mentre parte consistente del Sahel si è progressivamente inserito nell’orbita russa. Era la fine dell’anno scorso, quando il vecchio Wagner Group, ritrovatosi decapitato dopo la morte di Yevgeny Prigozhin, veniva sottoposto a un più rigido controllo del governo russo, finendo assimilato agli Africa Corps. Quegli stessi Africa Corps che, secondo l’Institute for the study of war, sono stati inviati in Niger all’inizio di aprile. Vale forse la pena di rammentare che, a settembre, proprio il Niger, insieme al Burkina Faso e al Mali, siglò un patto di sicurezza che prevedeva l’assistenza militare reciproca: uno schiaffo in piena regola alla Francia e al G5 Sahel. Tutto questo pone nuovamente in luce la necessità di un urgente rafforzamento del fianco meridionale della Nato. La Russia non sta infatti soltanto rafforzando la sua longa manus sul Sahel, ma sta anche consolidando i propri già stretti legami con quell’Iran che, oltre a fornire droni a Mosca nell’ambito dell’invasione dell’Ucraina, è un attore centrale (e assai pericoloso) nell’attuale crisi mediorientale. D’altronde, oltre a essere i principali finanziatori di Hamas, gli ayatollah stanno rafforzando la propria influenza sul Sahel: a partire dal Niger, con cui il regime khomeinista sta trattando per l’acquisto di 300 tonnellate di uranio. Guarda caso, giusto ieri, il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha confermato la volontà da parte di Mosca e Teheran di avviare un «partenariato strategico».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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