2023-01-28
Pagamenti e ricorsi. Ancora pasticci sulle multe ai no vax
Gli avvocati: «La nota del fisco non è legge: chi ha avuto gli avvisi è tenuto a sborsare». Dubbi pure sui termini per le impugnazioni.Dopo un mese di torpore - ma a poche ore dalle sollecitazioni del Mef e della Verità - l’Agenzia delle entrate-Riscossione ha pubblicato sul suo sito una nota di chiarimento sulla questione delle multe a sanitari e over 50 non vaccinati. La «Faq» precisa che chi, in questi giorni, dovesse aver ricevuto a casa «un avviso di addebito per violazione dell’obbligo vaccinale», spedito prima che entrasse in vigore la sospensione delle sanzioni disposta dal decreto Rave, non è tenuto a versare i 100 euro. Per effetto di quella legge, sono infatti «sospesi i termini di pagamento, che riprenderanno a decorrere dal primo luglio 2023». Salvo ulteriori proroghe. Questione chiusa? Neanche per idea. Gli avvocati che hanno seguito per mesi le vicissitudini dei renitenti, al contrario, sono ancora più in fermento.Punto primo: come ci spiega Olga Milanese, civilista e presidente dell’associazione Umanità e ragione, l’emendamento leghista al dl di fine dicembre sospende «le attività e i procedimenti di irrogazione della sanzione». Non, come sostiene invece l’ente guidato da Ernesto Maria Ruffini, i termini di pagamento. «L’Agenzia delle entrate-Riscossione», osserva la Milanese, «fornisce un’interpretazione che non gode di alcuna base normativa; e una “Faq” non costituisce certo una fonte del diritto». Visto quello che ha messo nero su bianco il fisco, non dovrebbe esserci motivo di pensare che qualcuno venga a reclamare i 100 euro, magari con tanto di more, prima di luglio. Formalmente, però, mancherebbe un appiglio giuridico per considerare congelate le somme richieste a chi ha già ricevuto la multa. Per intenderci: ai sensi della legge approvata a fine 2022, gli esattori, fino a fine giugno, non potranno spedire nuove buste con la contestazione. Ma quelli che le hanno trovate nella cassetta delle lettere, a dicembre o a gennaio, in teoria, dovrebbero mettere mano al portafogli. Oppure fidarsi della parola - meglio, della «Faq» - degli uomini di Ruffini. Le scadenze, a voler essere cavillosi, resterebbero quindi quelle consuete: 60 giorni per pagare, 30 per fare ricorso al giudice di pace. Ed è proprio con questo che veniamo alla seconda questione.Per l’avvocato Giulio Marini, bisognerebbe che l’Agenzia informasse i cittadini e i loro difensori pure dei termini per le impugnazioni: «In assenza di indicazioni, non è chiaro se va considerato sospeso anche il periodo utile per ricorrere contro le multe, oppure se l’opposizione vada comunque presentata subito, senza attendere fine giugno». Peggio: a parere della Milanese, a meno che la maggioranza non introduca una nuova norma, bisogna dare per scontato che il mese canonico decorra dal momento in cui si riceve l’ammenda. È il Codice di procedura civile, bellezza.Non si tratta di un dettaglio insignificante. A quanto ci riferiscono i legali, le raccomandate sono zeppe di vizi di forma che potrebbero determinare un annullamento delle sanzioni: in certi avvisi di addebito, ad esempio, mancherebbero il codice fiscale della persona multata, il periodo di riferimento o la causale del credito, l’indicazione dell’agente della riscossione competente a seconda del domicilio fiscale, oltre alla sottoscrizione del responsabile dell’ufficio che ha emesso l’atto. Puntigli? Sofisticherie da azzeccagarbugli? Può darsi. Ma le regole sono le regole. E se lo Stato non le rispetta in maniera pedissequa, il cittadino ha diritto di rinfacciarglielo e di sottrarsi alle sue grinfie. I dubbi di chi è del mestiere sulla vicenda confermano un sospetto: che la maggioranza, animata da intenzioni commendevoli, non ha gestito il dossier in modo brillante. Il disastro, com’è ovvio, va imputato a Mario Draghi e Roberto Speranza, che si erano accaniti su chi aveva rifiutato le dosi ed era già stato privato persino del diritto al lavoro. Se non ci fosse stata la stagione della persecuzione, non sarebbero serviti i salti mortali per tamponare le ferite. Il centrodestra si è lodevolmente intestato una battaglia dal profondo valore simbolico. Solo che ha fatto i conti senza l’oste. La promessa di annullare le multe è finita nel vuoto per ragioni tecniche. Mentre il ministro della Salute, Orazio Schillaci, notava che sarebbe stato più oneroso riscuotere le sanzioni che lasciar finire tutto in cavalleria, fallivano i blitz per infilare il provvedimento nei decreti Aiuti e nella manovra. Financo la formulazione dell’emendamento del Carroccio al dl Rave si sta rivelando lacunosa. Di qui a pochi mesi, poi, si porrà il problema di un’ulteriore proroga dell’armistizio. L’orientamento parrebbe essere quello di procedere di rinvio in rinvio, per cristallizzare la situazione. A questa strategia, l’avvocato Marini obietta che ogni sospensione del procedimento interrompe i termini per la prescrizione delle multe, fissati in cinque anni: «Lo Stato, agendo in questo modo, dichiara la propria volontà di non rinunciare al credito vantato». Prima o poi, potrebbe mettersi a reclamare i famigerati 100 euro. Nel frattempo, Olga Milanese ribadisce le brutte notizie per quegli italiani i quali, essendosi visto recapitare il plico a domicilio, hanno preferito evitare rogne e pagare subito: «Nonostante la sospensione delle sanzioni, ottenere un rimborso è impossibile. Si dovrebbe tentare un’azione di responsabilità», ma costerebbe più la parcella dell’avvocato che il tributo vaccinale. Complimenti postumi al «governo dei migliori».