
La banca detenuta al 70% dal Tesoro chiude i nove mesi in leggero utile. Ma l'andamento ordinario degli sportelli non decolla e slitta pure l'emissione del bond. L'ad Marco Morelli: «Adesso non ci sono le condizioni».La banca al 70% pubblica ha presentato i consueti dati del terzo trimestre. Mps, la banca guidata da Marco Morelli, ha archiviato un risultato netto di 379 milioni di euro che si confronta con una perdita di 3 miliardi nell'analogo periodo dello scorso anno. Dei 379 milioni 91 milioni sono stati realizzati nel terzo trimestre (100,9 milioni nel secondo trimestre), un dato ben superiore alla stima del consenso a 40 milioni. Il risultato operativo lordo del gruppo è stato pari a 803 milioni di euro (1,331 miliardi al 30 settembre 2017) con un contributo positivo del trimestre di 248 milioni di euro, sostanzialmente stabile rispetto al trimestre precedente. Il risultato progressivo per i primi nove mesi del 2018 è pressoché stabile rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, al netto delle componenti straordinarie, principalmente connesse al burden-sharing per il periodo 2017.Per quanto riguarda il previsto ridimensionamento delle collegate e delle filiali estere, il direttore finanziario, Andrea Rovellini , ha detto che «il closing per la cessione di Mps Belgio è atteso all'inizio del prossimo anno, mentre per la filiale francese è stato avviato il processo di liquidazione». Durante la conference call, Morelli ha poi affermato in risposta alla domanda di un analista che «non sono previsti ulteriori oneri di ristrutturazione nel prossimo trimestre né nel prossimo anno». Stiamo realizzando tutti gli obiettivi «che ci eravamo posti a inizio 2018», ha concluso Morelli, aggiungendo che «ora i nostri sforzi sono tutti concentrati sulla produttività, che sarà il nostro mantra nella produzione commerciale». Fin qui le note positive riprese ieri da gran parte delle agenzie stampa e dei siti. In realtà la banca ha sforbiciato una llunga serie di costi e ha ridotto le voci negative, appare perà in uno stato di stagnazione che sembra impedire un colpo di reni. Innanzitutto il dato della raccolta e degli impighi. la prima voce è calato di ben 4 miliardi e pure gli impieghi sono scesi di una cifra vicina ai 2 miliardi. Non solo obbligazioni ma anche conti correnti, segno che la clientela non ritorna alla Rocca. Un po' come se tutto fosse fermo in attesa della vendita. «Il calo dei depositi è una diretta conseguenza della decisione di tagliare i tassi sui depositi al fine di ridurre i costi di raccolta», hanno tenuto a precisare i vertici. Poi, riferendosi ai conti correnti, la «riduzione», ha spiegato Morelli, «è legata anche al comportamento di un grosso cliente istituzionale, siamo più interessati al mercato retail, dove siamo in grado di avere di un basso costo, e lì non vediamo problemi a mantenere una stabilità della raccolta. Siamo convinti di avere la capacità di mantenere le condizioni corrette per chiudere il divario negativo». Sebbene questo divario permanga da diversi mesi. Infine, al di là del valore del titolo (ridotto di circa il 70% rispetto al momento dell'ingresso del Tesoro) c'è il tema dell'emissione del debito.La banca ha bisogno di emettere un bond subordinato per rispettare gli impegni presi con la Dg Comp ma non riuscirà farlo entro la fine dell'anno per via delle condizioni di mercato. «In ogni caso stiamo gestendo gli indici patrimoniali in modo da non dover essere costretti a ricorrere a questa emissione in un momento specifico di difficoltà». In questo momento», ha concluso l'ad, «tra le altre cose non avremmo grandi opportunità di collocarlo sul mercato. Continueremo a lavorare sul mercato e vedremo se ci saranno le condizioni per questa emissione nel primo trimestre del prossimo anno». Insomma, la fretta c'è perché la banca dovrà partecipare anche al fondo di tutela dei depositi. Si tratta di un mega assegno da 2,75 miliardi di cui oltre 500 milioni competono alla stessa Mps. E se gli ingranaggi non si incastrano c'è il rischio concreto di un aumento di capitale.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.
Automobili Byd (Ansa)
La società cinese ha selezionato 85 ditte dell’indotto automobilistico mollate dall’ex Fiat. Rendere profittevole l’elettrico anche qui, quindi, è possibile... per chi sa e vuole farlo.
Byd si sta prendendo tutti i fornitori italiani che Stellantis ha lasciato a piedi. Verrebbe da pensare, allora, che il modo per rendere profittevole l’auto elettrica in Italia esiste e forse il gruppo guidato dall’ad Antonio Filosa non ha saputo coglierne le opportunità.






