
A ridosso delle elezioni, due Sos parlavano di operazioni anomale di Gaetano Mangione. La Dna trasformata in una super Procura.L’indagine della Procura di Perugia sul cinquantasettenne tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano e sui suoi presunti accessi abusivi alle banche dati delle forze dell’ordine e dell’Agenzia delle entrate ha avuto come effetto collaterale l’accensione di un faro sui soci del ministro Guido Crosetto in tre società che offrono servizi di bed and breakfast: la Apollinare Srl, la Torsanguigna Srl e la Zanardelli Srl. Striano, a proposito dei fratelli Giovanni e Gaetano Mangione, ha lavorato per diverse settimane, stilando un report di 13 pagine consegnato alla Procura della Repubblica (quella ordinaria non la Dda) e alla Procura nazionale antimafia, a cui l’annotazione è stata inviata in busta sigillata.Ma oltre all’appunto ci sono anche diverse segnalazioni di operazione sospette che riguardano uno dei due fratelli e che sollevano dubbi sull’opportunità che un ministro della Repubblica sia in affari con soggetti già attenzionati dall’autorità giudiziaria e con frequentazioni poco limpide. L’alert più recente risale al 7 settembre del 2022 e riguarda «i bonifici ricevuti negli ultimi mesi da Gaetano Mangione».Erano i giorni decisivi dell’ultima campagna elettorale, ma non ci risulta che qualcuno abbia informato il ministro e la sua maggioranza di queste Sos riguardanti un socio del fondatore del partito che si apprestava a vincere le elezioni.È anche vero che sono in pochi ad aver accesso alle Sos: l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, le fiamme gialle, la Direzione investigativa antimafia e la Direzione nazionale antimafia.I risk manager nel documento evidenziano come Mangione sia stato «destinatario di una richiesta di accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria nell’aprile del 2018 e di un provvedimento di sequestro preventivo di somme (poi revocato)». E aggiungono: «Il signor Mangione è noto alle cronache per il coinvolgimento, proprio nel 2018, nell’indagine sulla presunta evasione delle tasse di soggiorno da parte dei gestori di alcune strutture ricettive di Roma: in particolare costui, nella propria veste di titolare della Giuliet Srl (società di gestione di strutture alberghiere), non avrebbe versato al Comune quanto percepito dai clienti a titolo di corrispettivo per il pagamento delle tasse di soggiorno». Una cifra che si aggirava intorno ai 170.000 euro. I bonifici sospetti segnalati nella Sos di un anno fa riguardano emolumenti percepiti tra dicembre 2021 e settembre 2022 da una società lombarda di macchinari per la ristorazione per un importo complessivo di oltre 135.000 euro. Secondo gli 007 della banca, «l’utilizzo delle somme in parola appare sintomatico dell’intento di voler dissimulare il reale andamento dei flussi finanziari».Un timore rafforzato da una «precedente segnalazione» e «dai provvedimenti dell’autorità giudiziaria che in passato hanno interessato Mangione».I risk manager, nel 2018, si erano concentrati sulla «Yep communication company Srl» società di consulenza riconducibile ai Mangione e «sostanzialmente cessata a partire da luglio 2018, quando è stato addebitato l’importo 1.938,82 euro a seguito di pignoramento mobiliare da parte dell'Agenzia delle entrate». Il testo prosegue: «A carico dell’impresa e di un titolare effettivo (Gaetano Mangione) si evidenziano, inoltre, protesti per cambiali e assegni, mentre l’amministratore unico, Franco Narducci, era socio unico della Prado tre Srl».I funzionari collegano a quest’ultima anche Giovanni Mangione e scrivono che la ditta è «stata oggetto di un ordine di esibizione e consegna di documentazione bancaria emanato dalla Procura della Repubblica di Roma il 30 maggio 2018» nell’ambito di un procedimento penale. Il racconto prosegue: «La Prado tre Srl, dichiarata fallita nel novembre 2017, gestiva un noto ristorante a Ponte Milvio (il Met, ndr) oggetto delle cronache giudiziarie sia per le frequentazioni malavitose, sia per le diverse multe comminate per utilizzo di lavoratori in nero e per altre violazioni».I funzionari a proposito della Yep aggiungono: «Per quanto di nostra conoscenza, sembra che la società venga di fatto gestita da Gaetano Mangione e Marcello Nicotra, mentre Narducci dovrebbe risiedere all’estero (Marbella)». Da dove farebbe prelevamenti con il Pos. Il conto sarebbe stato alimentato da flussi provenienti da quattro società e le «fatture fornite dall’azienda a supporto di tali operazioni riportano come motivazione diciture alquanto vaghe quali “consulenza” o “sviluppo strategia di marketing”». Dopo alcuni esempi si legge: «Risulta anomala e poco trasparente l’operatività registrata sul conto corrente intestato, in particolare se considerata alla luce del fatto che gli esponenti aziendali dell’impresa sono stati indicati dagli organi di stampa come vicini al boss di “Mafia Capitale” Giovanni De Carlo, in quanto gestori di locali nella zona di Ponte Milvio a Roma dallo stesso assiduamente frequentati». In realtà De Carlo, nel celebre processo, è stato assolto in Cassazione, mentre ha scontato per intero la sorveglianza speciale.Infine viene evidenziato che sul conto sarebbero «stati accreditati bonifici per importi a cifra tonda a pagamento di fatture, la cui veridicità appare dubbia».La Direzione nazionale antimafia, grazie al servizio Segnalazioni operazioni sospette, era diventata una sorta di super Procura dove, però, al contrario che nelle Procure normali, non era necessario formalizzare tutti i passaggi dell’indagine. Pare ci fossero investigazioni «sussurrate all’orecchio» in cui vigeva il passaparola e venivano lasciate poche tracce ufficiali. Al punto che viene la tentazione di paragonare la Dna, quanto meno sino a novembre del 2022, quando Striano è stato trasferito ad altra sede, in una sorta di quarta agenzia di intelligence, seppure a gestione artigianale e quasi famigliare. Adesso la Procura di Perugia, l’ufficio competente per i reati delle toghe capitoline, dovrà verificare se dietro alla gestione allegra di notizie sensibili ci fosse pressapochismo o metodo. Per questo è al vaglio la posizione di Antonio Laudati (non indagato), il magistrato che per diverso tempo è stato il responsabile del servizio Sos della Dna e interlocutore principe di Striano. Il quale ai magistrati ha anche raccontato che buona parte degli accessi alle banche dati e dei suoi approfondimenti venivano svolti su input dell’ex procuratore di Bari.Negli anni il tenente sotto indagine era diventato il punto di riferimento del suo ufficio e con gli amici si vantava di aver preparato per il nuovo procuratore nazionale Giovanni Melillo un elenco dei correttivi da apportare all’interno del servizio Sos, a partire dalla selezione degli operatori. Riteneva di essere stato ascoltato e di essere diventato l’uomo di fiducia dell’ex procuratore di Napoli. Ma poi sono arrivati l’esposto di Crosetto e le indagini che hanno portato a scoprire gli accessi sulle società del fondatore di Fratelli d’Italia, sui suoi redditi personali e anche sulla moglie. Controlli che non erano confluiti in un report ufficiale («gli approfondimenti erano ancora in corso quando è arrivata la denuncia», si è giustificato l’indagato), bensì sulle colonne di un giornale.Solo successivamente Striano ha preparato un appunto contenente i risultati delle sue ricerche sui fratelli Mangione, soci di Crosetto e sospettati dall’ufficiale indagato di essere riciclatori di denaro.In quelle pagine l’estensore svela le indagini che lo avevano portato a fare interrogazioni sui Mangione, che gestirebbero niente meno che l’hotel a 5 stelle che si trova davanti alla Dna. Una posizione ideale per chi volesse spiare i magistrati dell’Antimafia. Ma anche per chi avesse intenzioni peggiori.Ma sembra che alla Dna non abbiano problemi ad avere come dirimpettaio un imprenditore che ha, o perlomeno aveva, tra i suoi migliori clienti personaggi come De Carlo, Massimo Carminati e l’ex boss della Banda della Magliana Ernesto Diotallevi.
Il luogo dell'accoltellamento a Milano. Nel riquadro, Vincenzo Lanni (Ansa)
Nei principali Paesi europei, per essere riconosciuto «pericoloso» basta la segnalazione di un medico. Qui invece devi prima commettere un delitto. E pure in questo caso non è detto che una struttura ti accolga.
Vincenzo Lanni, l’accoltellatore di Milano, aveva già colpito. Da condannato era stato messo alla Rems, la residenza per le misure di sicurezza, poi si era sottoposto a un percorso in comunità. Nella comunità però avevano giudicato che era violento, pericoloso. E lo avevano allontanato. Ma allontanato dove? Forse che qualcuno si è preso cura di Lanni, una volta saputo che l’uomo era in uno stato di abbandono, libero e evidentemente pericoloso (perché se era pericoloso in un contesto protetto e familiare come quello della comunità, tanto più lo sarebbe stato una volta lasciato libero e senza un riparo)?
Ansa
Dimenticata la «sensibilità istituzionale» che mise al riparo l’Expo dalle inchieste: ora non c’è Renzi ma Meloni e il gip vuole mettere sotto accusa Milano-Cortina. Mentre i colleghi danno l’assalto finale al progetto Albania.
Non siamo più nel 2015, quando Matteo Renzi poteva ringraziare la Procura di Milano per «aver gestito la vicenda dell’Expo con sensibilità istituzionale», ovvero per aver evitato che le indagini sull’esposizione lombarda creassero problemi o ritardi alla manifestazione. All’epoca, con una mossa a sorpresa dall’effetto immediato, in Procura fu creata l’Area omogenea Expo 2015, un’avocazione che tagliò fuori tutti i pm, riservando al titolare dell’ufficio ogni decisione in materia.
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Dopo il Ponte tocca ai Giochi. Per il gip sarebbe «incostituzionale» il decreto con cui il governo ha reso «ente di diritto privato» la Fondazione Milano-Cortina. Palla alla Consulta. Si rifà viva la Corte dei Conti: la legge sugli affitti brevi favorirà il sommerso.
Da luglio la decisione sembrava bloccata nei cassetti del tribunale. Poi, due giorni dopo l’articolo della Verità che segnalava la paralisi, qualcosa si è sbloccato. E così il giudice delle indagini preliminari Patrizia Nobile ha accolto la richiesta della Procura di Milano e ha deciso di rimettere alla Corte Costituzionale il decreto legge del governo Meloni che, nell’estate 2024, aveva qualificato la Fondazione Milano-Cortina 2026 come «ente di diritto privato». La norma era stata pensata per mettere la macchina olimpica al riparo da inchieste e blocchi amministrativi, ma ora finisce sotto la lente della Consulta per possibile incostituzionalità.
Il ministro della giustizia libico Halima Abdel Rahman (Getty Images)
Il ministro della giustizia libico, Halima Abdel Rahman, alla «Verità»: «L’arresto del generale dimostra che il tempo dei gruppi armati fuori controllo è finito e che anche la Rada deve sottostare al governo di Tripoli». Pd e M5s attaccano ancora l’esecutivo. Conte: «Italia umiliata».
Il caso di Osama Almasri Anjim, arrestato e rinviato a giudizio delle autorità libiche ha scatenato una dura polemica politica fra governo e opposizione. L’ex capo di una delle più potenti milizie di Tripoli a gennaio scorso era stato rimpatriato con un volo di Stato dopo essere stato arrestato in esecuzione di un mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Il governo aveva motivato il suo allontanamento con la pericolosità del soggetto, che era stato accolto a Tripoli da centinaia dei suoi fedelissimi con bandiere e scariche di kalashnikov.






