2022-08-30
Mostra del Cinema: a Venezia dieci giorni di film, panel e documentari
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Cinque italiani in gara, ospiti scelti fra gli habitué dei circuiti festivalieri, gente che piace alla gente che piace, e le più pop fra le star di oggi. La settantanovesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, allestita tra i fasti del Lido fra il 31 agosto e il 10 settembre, ha deciso di partire da pochi, chiari presupposti.La promessa - forse, la speranza - di inaugurare una nuova e più florida stagione cinematografica, raccontando parimenti il mondo contemporaneo. La settantanovesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, allestita tra i fasti del Lido fra il 31 agosto e il 10 settembre, ha deciso di partire da pochi, chiari presupposti. E il programma, costruito su una dicotomia precisa, da un lato i titoli che potrebbero tenere banco agli Oscar, dall’altro «visioni» d’autore, raffinate e potenti, di questi presupposti è lo specchio. Venezia, quest’anno priva delle barriere sociali che il Covid-19 le aveva imposto, abbraccerà l’attualità, tutta. La politica, la sfida nel raccontare le difficoltà odierne, l’allure nazionalpopolare della serialità televisiva, i nuovi divi di Hollywood, pronti a sfilare accanto ai vecchi. E, poi, il gossip, nel suo intreccio con l’arte, il lusso, le pretese intellettuali. Sarà l’oggi a cadenzare i dieci giorni di Festival, giorni di film e panel, di documentari (due italiani, su Franco Zeffirelli e Sergio Leone), di nuove presenze e ritorni, uno su tutti. Noah Baumbach, regista del Marriage Story che stregò la critica, aprirà la Mostra con White Noise, adattamento del romanzo omonimo di Don DeLillo, e una coppia inedita. Adam Driver e Greta Gerwig saranno i protagonisti della pellicola, fra le più attese di un Festival ricco. Ricchissimo. Un Festival dove Baumbach troverà Alejandro G. Iñárritu, e questi Paolo Virzì, Olivia Wilde (e la sua storia, pure d’amore, con Harry Styles) e Marilyn Monroe.Blonde, il Blonde di Andrew Dominick, con Ana de Armas nei panni della donna che ammaliò Kennedy, è stato definito come «un incrocio fra Quarto Potere e Toro Scatenato». Dovrebbe strabiliare pubblico e critica, convincere chiunque, ivi compresa Julianne Moore, presidentessa di giuria. Dovrebbe essere uno dei titoli migliori fra i tanti portati al Lido, tale da tenere testa a The Son di Florian Zeller, seguito del The Father che ha portato un secondo Oscar ad Anthony Hopkins, a Tár di Todd Field con la sempre straordinaria Cate Blanchett, a Dead for a Dollar di Walter Hill, western che promette fedeltà alle tradizioni del genere. Blonde dovrebbe essere uno dei film più pop, capace di candidarsi agli Oscar ammiccando al contempo al grande pubblico. E, magari, accattivandosi la giuria, chiamati a giudicare in Concorso (anche) cinque italiani. In gara, nell’edizione che assegnerà il Leone alla Carriera a Catherine Deneuve e Paul Schrader, figurano L’immensità di Emanuele Crialese con Penelope Cruz, Bones and All di Luca Guadagnino e il suo enfant prodige, Timothée Chalamet, Monica di Andrea Pallaoro, Il signore delle formiche di Gianni Amelio, Chiara di Susanna Nicchiarelli. Menzione d’onore, poi, a The Hanging Sun – Sole di mezzanotte di Francesco Carrozzini, meritevole di riportare al Lido, seppur non in Concorso, Alessandro Borghi.