2024-11-27
La mossa di Orcel congela fino a giugno le manovre di Bpm
L'amministratore delegato di Bpm, Giuseppe Castagna (Imagoeconomica)
La passivity rule obbliga Unicredit a passare dall’assemblea per ogni operazione straordinaria, come quelle su Anima e Mps.L’offerta di Unicredit «comporta l’effetto di assoggettare il Banco Bpm alla cosiddetta passivity rule» e «questo condizionerà la flessibilità strategica del gruppo, in particolare con riferimento alle condizioni dell’Opa promossa il 6 novembre da Banco Bpm vita su Anima e al recente investimento da parte della banca nel capitale del Monte dei Paschi, determinandosi così un quadro di elevata incertezza». Il passaggio si legge nella lunga nota diffusa ieri al termine del cda della banca guidata da Giuseppe Castagna. Dove si aggiunge che in questo modo «viene limitato lo spazio di manovra su base autonoma del management». Il nodo sta proprio lì. Perché l’offerta di Unicredit può essere anche bocciata dal board di Piazza Meda, così come Unicredit può decidere di alzarla, ma intanto Andrea Orcel ha fatto la mossa del cavallo: in attesa di capire se riuscirà a sbloccare l’operazione Commerzbank dopo le elezioni tedesche di fine febbraio, si è preparato un piano B con il consolidamento a livello nazionale. I tempi, però, sono lunghi. Servono tutte le approvazioni esplicite e implicite necessarie per aumentare quella partecipazione, e l’intera operazione potrebbe chiudersi entro giugno. Fino ad allora, ed ecco la mossa di Orcel che lega le mani a Castagna, i vertici del Banco Bpm dovranno stare fermi. Ovvero: dovranno chiedere l’autorizzazione dell’assemblea qualora volessero varare operazioni straordinarie, come potrebbe essere una fusione con Mps o semplicemente il rialzo dell’offerta su Anima. Questo perché, come ricorda la nota diffusa ieri, la banca guidata Castagna è sottoposta alla «passivity rule». Di che si tratta? La regola, prevista dall’articolo 104 del Tuf (Testo unico della finanza), riserva agli azionisti l’approvazione di atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi di un’offerta d’acquisto, dal momento della sua comunicazione fino alla sua conclusione. La norma, sulla carta, mira a salvaguardare la contendibilità delle società quotate, limitando il potere del consiglio di amministrazione di mettere in atto strategie difensive con cui difendere la società e, con essa, il loro posto. Tra gli atti soggetti alla passivity rule rientrano quelli che puntano a incrementare il costo dell’offerta, come ad esempio aumenti di capitale, la conversione delle azioni di risparmio in ordinarie o l’acquisto di azioni proprie per rafforzare i diritti di voto dell’azionista di controllo. Ma anche operazioni volte a modificare il perimetro della «preda» e le sue caratteristiche patrimoniali e aziendali, come ad esempio acquisizioni, fusioni, scissioni e cessioni. Il testo della norma recita: «Salvo autorizzazione dell’assemblea ordinaria o di quella straordinaria per le delibere di competenza, le società italiane quotate i cui titoli sono oggetto dell’offerta si astengono dal compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta». Il Testo unico della finanza precisa in particolare che l’obbligo di astensione si applica dalla comunicazione di cui all’articolo 102, comma 1 e cioè dal momento in cui «la decisione ovvero il sorgere dell’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto o di scambio» sono «senza indugio comunicati alla Consob e contestualmente resi pubblici». Sarà la stessa Commissione di Paolo Savona a controllare che l’oggetto dell’Ops, cioè il Banco Bpm di Giuseppe Castagna, osservi la passivity rule e non cerchi cavalieri salvatori. Ieri anche il Financial Times sottolineava che «la candidatura di Unicredit per Bpm mette un utile bastone nel lavoro di tutti. Ciò renderà più difficile per il prestatore più piccolo acquistare o essere acquistato». Indica, inoltre, che Unicredit «non è sposata con l’idea di acquistare Commerzbank, inviando un messaggio al recalcitrante cda e alle parti interessate della banca tedesca». Intanto, è difficile pensare che Orcel abbia deciso di muovere i suoi carri armati su Piazza Meda con l’unico obiettivo di fare lo sgambetto al governo e al piano del Mef teso a gettare le basi del terzo polo con la vendita delle quote di Mps al Banco Bpm e al tandem Delfin-Caltagirone. Secondo una fonte vicina al dossier interpellata dall’agenzia Nova, l’ad di Unicredit preparava da almeno due mesi l’assalto all’istituto guidato da Castagna, al punto da aver fatto conferire agli studi professionali gli incarichi per studiare l’operazione già nel settembre scorso. Il dettaglio sul conferimento degli incarichi professionali, se confermato, indicherebbe quindi che a far scattare la mossa non sarebbe stato l’acquisto di quote di Mps da parte di Bpm e di Anima, ma la volontà di Orcel di lanciare due operazioni parallele, in modo da creare sì un terzo polo bancario ma europeo. Lo stesso banchiere, nella conferenza telefonica con gli analisti di lunedì mattina, aveva definito il Banco Bpm un «obiettivo storico» su cui aveva infatti già messo gli occhi in passato, come nel febbraio 2022 quando l’operazione venne poi fatta saltare dopo una fuga di notizie.
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