
Cresce l’influenza della Russia sulla regione del Sahel. Mali, Burkina Faso e Niger hanno recentemente annunciato il loro ritiro dall’Ecowas. Una situazione che richiederebbe un urgente rilancio del fianco meridionale della Nato.La mossa dei tre Paesi africani è innanzitutto uno schiaffo a Parigi. Non dimentichiamo del resto che, nel corso degli ultimi due anni, essi si sono progressivamente inseriti nell’orbita di Mosca. Senza poi trascurare che, lo scorso settembre, il terzetto ha firmato un controverso patto di sicurezza che prevede l’assistenza militare reciproca. L’Ecowas non aveva d’altronde gradito i colpi di Stato che, negli ultimi anni, avevano interessato Mali, Burkina Faso e Niger. Senza trascurare che questa situazione complessiva ha recentemente portato al dissolvimento de facto del G5 Sahel, in quello che va interpretato come un altro duro colpo all’influenza francese sulla regione.Il blocco di Mali, Burkina Faso e Niger si sta quindi spostando sempre più verso la Russia: basti pensare che, appena poche settimane fa, i governi di Mosca e Niamey hanno concordato di rafforzare la cooperazione militare. “Le parti hanno sottolineato l’importanza dello sviluppo delle relazioni russo-nigerine nel settore della difesa e hanno concordato di intensificare le azioni congiunte per stabilizzare la situazione nella regione”, ha affermato il ministero della Difesa di Mosca, dopo un incontro intercorso tra i viceministri della Difesa russi, Junus-Bek Jevkurov e Alexander Fomin, e il ministro della Difesa del Niger, Salifu Modi.Non solo. Il terzetto filorusso del Sahel sta rafforzando i propri legami anche con l’Iran, che della stessa Russia è il principale alleato mediorientale: il che rischia di rappresentare un problema anche in termini di possibili (e pericolose) intersezioni con la crisi in corso nel Mar Rosso. A fine gennaio, il primo ministro del Niger, Ali Mahaman Lamine Zeine, ha avuto un incontro con il vicepresidente iraniano, Mohammad Mokhber. Nell’occasione, i due hanno auspicato di rafforzare i legami tra i rispettivi Paesi, criticando all’unisono le sanzioni internazionali.Ma i problemi non sono finiti qui. Il Sudan è spaccato da una guerra civile che vede contrapposti l’esercito regolare e i paramilitari delle Rsf: un’organizzazione che intrattiene storici legami con il Wagner Group. A tal proposito, la Cnn riportò che proprio i mercenari russi avrebbero fornito armamenti a questi miliziani, utilizzando le basi del generale Khalifa Haftar nella parte orientale della Libia. Non è un mistero che Mosca usi l’Est libico come trampolino di lancio per irradiare la propria influenza sul Sahel. Non si può inoltre escludere che il prossimo tassello del domino a cadere sia il Ciad: un Paese attraversato a sua volta da una significativa instabilità.L’amministrazione Biden dovrebbe urgentemente rilanciare il fianco meridionale della Nato, anche perché Mosca potrebbe sfruttare la situazione per mettere sotto pressione l’Ue attraverso i flussi migratori. Il segretario di Stato americano, Tony Blinken, ha di recente riconosciuto l’importanza del Sahel dal punto di vista geopolitico. Tuttavia di strategie concrete da parte dell’attuale Casa Bianca, almeno per ora, non se ne vedono.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






