2024-08-10
I morti ucraini non li conta nessuno
Volodymyr Zelensky (Getty Images)
Zelensky allarga l’offensiva sul territorio russo: colpito un aeroporto. La reazione si concentra sul Donetsk, 20.000 civili al confine costretti a evacuare. Addio accordi e ipocrisia dilagante: Putin usa «carne da macello», ma tutti fingono di ignorare le vittime di Kiev.«La carne da cannone dello zar». Così ieri il Corriere della Sera ha titolato un articolo di Federico Fubini. Secondo il vicedirettore del quotidiano di via Solferino, la Russia in 900 giorni di guerra avrebbe visto morire ben 120.000 soldati e circa il triplo sarebbero i feriti. In totale, tra deceduti e invalidi, le vittime tra le forze armate di Mosca sarebbero pari a quasi mezzo milione. Se prima i caduti erano 120 al giorno, nel 2024 - scrive Fubini - sono raddoppiati. Come il collega sia riuscito a stimare il numero di decessi e mutilati non è chiarissimo, ma pare chesi sia affidato ai calcoli fatti da alcuni dissidenti, che hanno consultato elenchi pubblici, spulciato gli atti di successioni e annunci funebri. È da almeno un anno, ma forse di più, che leggo articoli in cui si parla dei morti russi (tacendo di quelli ucraini) e si dice che le vittime sarebbero mezzo milione. Lo stesso numero di morti indicato da Fubini, 120.000, fu riferito sempre dal Corriere il 19 agosto di un anno fa, in un articolo di Lorenzo Cremonesi. Allora, ad accreditare la stima era il Pentagono e se i decessi del 2023 sono gli stessi riportati ieri, i feriti sono il doppio: 180.000 contro 360.000. Se si prestasse fede a quanto scritto da Fubini dovremmo dunque dedurne che in un anno di guerra Mosca non avrebbe perso un solo soldato, ma avrebbe avuto decine di migliaia di feriti. E allo stesso tempo, visto che in certi articoli a maggio si parlava di mille vittime al giorno tra i soldati di Putin, il vicedirettore fornisce una stima quotidiana che è un quarto di quella accreditata da altre fonti. La realtà è che il numero dei caduti della guerra in Ucraina è avvolto nella nebbia. Prova ne sia che mentre da oltre un anno circolano stime sui decessi dei soldati russi, quasi nulla si sa di quelli uccisi e feriti tra le fila dell’esercito di Kiev. Rare cronache ci informano che Volodymyr Zelensky ha abbassato l’età dell’arruolamento per consentire una migliore rotazione tra i militari e permettere a quelli da tempo impegnati al fronte di poter fare ritorno a casa, dalle proprie famiglie. Ogni tanto si viene a sapere qualche cosa circa gli arresti dei renitenti alla leva e pure di qualche morto fra i giovani che cercavano di fuggire per non indossare la divisa. È pensabile che i russi abbiano avuto mezzo milione di vittime e gli ucraini poche decine? Ovviamente no. Dunque sarebbe opportuno conoscere le cifre reali oltre che della «carne da cannone» dello zar, anche di quella di Kiev. Invece, curiosamente nessuno sembra interessato a ricostruire i numeri dei morti ucraini, quasi che non si debba conoscere il costo umano della parte invasa, ma solo quella dell’invasore, per poter così rafforzare il concetto che noi, sostenitori dell’Ucraina, siamo dalla parte giusta, quella di chi sta vincendo e infliggendo una dura sconfitta allo zar. Purtroppo è dal 24 febbraio di due anni fa che attorno al primo vero conflitto europeo degli anni Duemila si registra un tifo da stadio che ottenebra la mente. Fin dall’inizio, si è creduto che per mettere in ginocchio Putin fosse sufficiente espellere le banche russe dal sistema di regolamentazione dei conti internazionali, ma l’operazione è stata facilmente aggirata con accordi in altre valute. Poi si è pensato che bastasse chiudere il rubinetto del metano, rinunciando ad acquistare il gas russo. Il risultato è che a pagare il prezzo più alto della mossa che avrebbe dovuto rendere l’Occidente autonomo dal punto di vista energetico, è stata la stessa Europa. L’elenco degli errori e delle sottovalutazioni è lungo e non starò qui a riportare tutte le mosse false degli Stati Uniti e della Ue, a cominciare dai balletti sulla fornitura di armi, che avrebbero dovuto essere usate solo a scopo difensivo e non offensivo, ma che in queste ore vediamo impiegate per invadere una porzione di territorio russo. La controffensiva intorno a Kursk ha, tra l’altro, ringalluzzito quanti non credono che la via d’uscita per porre fine alla guerra sia la trattativa. Le due brigate ucraine che sono riuscite a sfondare l’accerchiamento, portando il conflitto a casa di Putin, hanno indotto i più ottimisti a credere che si sia di fronte a un ribaltamento dello scenario e che basti questo per ricondurre lo zar a più miti consigli, costringendolo a negoziare da «una posizione di debolezza». Sarà, ma per ora, mentre i soldati di Zelensky avanzano, Mosca ha intensificato i bombardamenti nel Donetsk, e al confine con la Russia, là da dove le due brigate sono partite, le autorità ucraine hanno dovuto sfollare 20.000 persone, per paura della reazione di Putin. Insomma, ho la sensazione che ancora una volta qualcuno confonda i propri desideri con la realtà. E che la grande stampa non la racconti giusta, proprio come fa con i soldati morti. Soprattutto, temo che molti continuino ad allontanare il momento di guardare in faccia la verità. L’Ucraina è un Paese allo stremo, tecnicamente fallito, con una parte della popolazione in fuga e un’altra costretta al fronte. E noi occidentali continuiamo a sognare che vinca per poter dire che avevamo ragione a chiudere gli occhi di fronte ai morti.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
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