2024-12-10
Morti improvvise inarrestabili. Ma autopsie al palo
Alla catena di decessi fulminei non seguono adeguati esami Il medico legale: «Indagare è d’interesse per la salute pubblica». La petizione «Hope», lanciata a luglio e sottoscritta da oltre 2.000 scienziati e dottori, è stata presentata all’esecutivo. I firmatari chiedono la revoca del via libera ai sieri a mRna, sottolineandone gli effetti avversi. Lo speciale contiene due articoli.«Se un tempo erano anziani o ammalati a morire di morte improvvisa, certificata dal medico condotto, ora si tratta soprattutto di persone giovani e quasi sempre senza patologie predisponenti. Che un sano muoia non è normale, le cause vanno indagate». Robbi Manghi, medico legale, tra i consulenti tecnici d’Ufficio (Ctu) del tribunale di Reggio Emilia, torna a parlare con La Verità del numero di autopsie, poche e superficiali, che vengono fatte nel nostro Paese. Lo segnalava due anni fa, in epoca pandemica, ma il problema rimane irrisolto. Nel frattempo, rischiamo di non sorprenderci più a leggere e ascoltare notizie di «morti improvvise», almeno una cinquantina quelle finite su giornali, notiziari locali e nazionali durante il passato mese di novembre. Figuriamoci quante saranno quelle non pubblicate perché le vittime di «malori» erano perfetti sconosciuti, non meritevoli di finire nelle pagine di cronaca. Morte improvvisa sarebbe solo l’inizio delle procedure d’indagine in ambito medico forense, invece quasi mai si conoscono le cause che hanno provocato il decesso di un giovane sportivo, di un volontario in qualche associazione, di militari o forze di polizia, tutti costantemente monitorati sulla loro condizione fisica per disposizioni di legge. «La prassi non è quella di fare l’autopsia per ogni morte accertata “improvvisa”», spiega Manghi. «Si esegue in caso di eventi traumatici gravi, avvenuti sul luogo di lavoro, altrimenti in genere non viene richiesta. O si effettua limitandosi all’accertamento dell’evento anatomico che ha causato la morte, per esempio necrosi estesa del miocardio o del polmone. Però se il morto non aveva fattori di rischio, se non soffriva di patologie, bisogna ricostruire il perché gli è arrivato l’infarto mortale o è deceduto per insufficienza respiratoria». Aggiunge: «Si certifica spesso anche “lacerazione del muscolo cardiaco”, ma dal momento che non è dovuta a deficit congeniti, va indagata». Quasi sempre, invece, manca dall’esame autoptico l’eziopatogenesi, ovvero l’analisi delle cause e dello sviluppo di una patologia o di una condizione anomala. Non è essenziale solo se si cercano correlazioni tra eventi avversi e vaccinazioni anti Covid, sempre andrebbe effettuata. «Dovremmo fare tutte le indagini nell’interesse della salute pubblica. Certo, per persone sottoposte a tappeto a ciclo vaccinale completo e poi morte all’improvviso, perlomeno un dubbio sarebbe opportuno averlo», sottolinea Manghi.L’esperto evidenzia anche un’altra drammaticità. «Chiediamoci come mai cardiopatici, obesi, diabetici quando stanno male e vengono soccorsi tempestivamente, riescono ad arrivare in ospedale e a fare le terapie necessarie, invece per molte di queste morti improvvise in giovani sani, anche nei casi in cui si interviene precocemente con le manovre rianimatorie o con il defibrillatore le persone non si recuperano. Non c’è nulla da fare, eppure dovrebbe essere il contrario in assenza di rischio». Quando una persona sana, giovane, che non beveva e non si drogava muore all’improvviso per un’alterazione anatomica, le autorità sanitaria e giudiziarie si devono allarmare indagandone le cause. Non si fanno indagini autoptiche perché costano troppo? «Ma no», allontana ogni dubbio il medico legale. «Il pm ha convenzioni con le Asl per le analisi e il lavoro dei periti». Se non è la spesa a frenare (motivazione comunque non sufficiente di fronte alla moria di giovani vite), perché ancora tanto disinteresse nell’analizzare le cause di morte? Valerio Petterle, 63 anni, medico necroscopo dell’Ulss 2, in un recente incontro con amici a Palmanova ha presentato una sorta di protocollo da lui redatto e che fa capire quanto superficiale sia ancora l’approccio all’autopsia. Dopo la morte improvvisa, per esempio il malore nel sonno o per strada di un giovane con anamnesi medica negativa, vanno fatto indagini tossicologiche allargate e sugli organi. Elencava: «Campionamento istologico di tutti gli organi e delle lesioni insolite; prelievo istologico in varie sedi del cuore; controllo tromboembolia polmonare e successivamente microtrombi; attenzione alla milza e alla vena terminale del cervello; in tutti gli organi cercare infiltrazione linfocitaria, la quale è piccola focale e multifocale quindi frequente inosservata; se si sospetta un evento cardiaco improvviso specie nei giovani, si richiede una risonanza magnetica nucleare cardiaca post mortem prima di procedere all’autopsia».Altre indagini andrebbero fatte, invece la constatazione di decesso fatta dal medico di famiglia, o dalla guardia medica o dal medico del 118, e il successivo accertamento della «realtà della morte» eseguito dal medico necroscopo raramente includono una richiesta di autopsia, sulle cui modalità «standard al ribasso» già abbiamo detto. Pensate poi che questi certificati con dati sensibili, inclusa la scheda Istat, vengono portati in Comune dall’impresa di pompe funebri, alla faccia della privacy! L’indagine può non iniziare nemmeno se è il medico o se sono i familiari a richiederla. «Non esiste un obbligo, c’è un margine di discrezionalità riconosciuto ai pubblici ministeri», conferma un sostituto procuratore che preferisce mantenere l’anonimato. «L’avvocato della famiglia deve essere molto insistente, sperando che il pm cambi idea. Gli esami autoptici sono atti ripetibili, ma a distanza di mesi poi l’esito è più incerto». Medici che non fanno autopsie e magistrati che ne ignorano l’importanza. Intanto giovani continuano a morire di morti improvvise.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/morti-improvvise-inarrestabili-2670408592.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="maxi-appello-al-governo-britannico-per-lo-stop-ai-vaccini-anti-covid" data-post-id="2670408592" data-published-at="1733820961" data-use-pagination="False"> Maxi appello al governo britannico per lo stop ai vaccini anti Covid Potrebbe avere anche il sostegno di Jay Bhattacharya, nominato da Donald Trump a capo del Nih (l’Istituto Superiore di Sanità americano) la petizione «Hope», lanciata a luglio e da ieri diventata appello ufficiale al governo del Regno Unito per ripristinare l’etica nella sanità pubblica e soprattutto revocare l’autorizzazione per la commercializzazione dei vaccini anti Covid a mRna che, secondo i primi firmatari, «sta contribuendo a un aumento allarmante della disabilità e delle morti in eccesso». Bhattacharya ne aveva discusso qualche mese fa: «Ho avuto riserve su questa petizione perché ho sempre la preoccupazione che qualche gruppo di pazienti possa comunque trarne beneficio (dai vaccini anti Covid, nda). Ma poi Joe Fraiman, ragionevolmente, mi ha chiesto qual è l’unica strada per capire chi ne ha bisogno e chi no. E la risposta è ovvia: si potrebbe sapere soltanto se si facessero studi clinici randomizzati con solidi endpoint clinici. Joe mi ha convinto - aveva spiegato Bhattacharya - che non chiedendo il ritiro dell’autorizzazione è più probabile che non si ottengano mai prove cliniche valide per verificare se questi gruppi esistano ancora in un contesto di immunità recuperata diffusa». Traduzione: se continuiamo a non fare studi clinici randomizzati, non potremo mai accertare ciò che sostengono ormai numerosi scienziati in tutto il mondo, ossia che i vaccini anti Covid non servono a gran parte della popolazione e non sono neanche sicuri. In realtà, spetterebbe a chi li produce e a chi li autorizza dimostrare che non provocano danni e funzionano almeno contro la malattia, fermo restando che è ormai appurato che non bloccano l’infezione e la trasmissione. Ma per far sì che la ricerca faccia il suo corso occorre sospendere l’autorizzazione a produrre i preparati anti Covid a mRna, come stanno chiedendo i primi firmatari della petizione Hope. Che nel frattempo hanno inviato ieri sera una lettera aperta al Consiglio medico generale del Regno Unito: «Tutti i vaccini anti covid a mRna causano effetti collaterali orribili e senza precedenti che stanno contribuendo all’eccesso di mortalità registrato in molti Paesi», scrivono. «Secondo le migliori evidenze disponibili - sostengono i petizionari tra cui il cardiologo Aseem Malhotra - la probabilità di subire gravi danni da vaccinazione anti Covid è sette volte più alta rispetto a quella di prevenire l’ospedalizzazione. Nella lettera - che si rivolge ai due consulenti scientifici del governo britannico che si sono succeduti in pandemia (Sir Chris Whitty e Patrick Vallance, attuale ministro inglese della ricerca scientifica) e all’attuale Segretario di Stato per la salute Wes Streeting - Malhotra, Angus Dalgleish (professore di oncologia noto per i suoi contributi scientifici nella ricerca sull’Hiv/Aids) e altri 64.000 firmatari, tra i quali oltre 2.000 tra scienziati e accademici e altrettanti medici, chiedono che le ricerche indipendenti siano adeguatamente finanziate per consentire una rivalutazione completa di tutti i prodotti Covid 19. «Deve esserci un’esplorazione completa dei meccanismi di danno per fornire informazioni sui loro effetti sul corpo umano, sia a breve che a lungo termine». Secondo gli scienziati della petizione Hope, parlare di «milioni di vite salvate», come sostiene l’Organizzazione mondiale della salute (Oms) «è una frase a effetto ma i dati Oms derivano da modelli matematici che non rientrano nella gerarchia degli studi Ebm di medicina basata sulle prove, perché sono prove di scarsa qualità». Sulla stessa linea il direttore del Centro Ebm dell’Università di Oxford, Carl Heneghan, che ha qualificato l’affermazione sulle «vite salvate» come «non plausibile». E anche l’autorevole epidemiologo dell’università di Stanford John Ioannidis, già a inizio 2023, aveva dichiarato alla Verità che era «ingenuo» sostenere che la minore letalità del Covid dipendesse dalle vaccinazioni, così come scrivere che i vaccini hanno risparmiato milioni di vite era «una speculazione, un ragionamento molto debole che aumenta la sfiducia nella scienza». Va detto che Ioannidis ha recentemente animato il dibattito sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini anti Covid pubblicando il giorno prima delle elezioni americane, quando le chance di Kamala Harris di diventare presidente Usa erano ancora alte, un discusso documento sulla stima delle vite salvate dalla vaccinazione anti pandemica. Ma a differenza della comunità scientifica italiana, dove persiste l’adorazione acritica del dio vaccino a mRna, nel mondo il dibattito sull’efficacia c’è, così come si fa sempre più acceso quello sugli eventi avversi. Ieri ad esempio Alice Buonguerrieri di Fratelli d’Italia ha smentito le ricostruzioni dei media sui presunti tagli al fondo per il risarcimento dei danneggiati da vaccino, confermando che non è stato definanziato dal governo di Giorgia Meloni.
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