2023-11-18
Moody's conferma il rating «Baa3» dell'Italia e alza l'outlook da negativo a stabile
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Dall'agenzia di classificazione spiegano: - «Le prospettive economiche cicliche di medio termine continuano a essere sostenute dall'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza dell'Italia e i rischi per le forniture energetiche sono diminuiti, in parte grazie alla forte azione politica del governo».L'agenzia di classificazione Moody's ha confermato il rating di tipo «Baa3» dell'Italia e ha alzato l'outlook da negativo a stabile. Significa che il nostro Paese si trova ora al di sopra del livello speculativo, in quanto sotto la valutazione di «Baa3» c'è quella «junk» (spazzatura, ndr), che consiste nella zona in cui i titoli hanno un alto rischio di insolvenza e quindi meno appetibili sul mercato degli investimenti, anche se hanno un alto tasso di rendimento generato dal rischio a cui sono sottoposti gli investitori.«La decisione» - spiega l'agenzia di rating - «riflette una stabilizzazione delle prospettive per la forza economica del Paese, la salute del settore bancario e le dinamiche del debito pubblico. Le prospettive economiche cicliche di medio termine continuano a essere sostenute dall'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza dell'Italia e i rischi per le forniture energetiche sono diminuiti, in parte grazie alla forte azione politica del governo». Anche i miglioramenti nel settore bancario, che secondo Moody's dovrebbero essere sostenuti, favoriscono la crescita economica ciclica. «A sua volta, una crescita positiva sostenuta del Pil nei prossimi anni riduce il rischio di un deterioramento sostanziale e rapido della solidità fiscale». Inoltre, secondo l'agenzia di rating, «l'affermazione del rating Baa3 è sostenuta dai notevoli punti di forza economici dell'Italia, tra cui il robusto settore manifatturiero, l'elevata ricchezza delle famiglie e il basso indebitamento del settore privato».A commentare con soddisfazione la notizia è stato il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti: «Accolgo con molta soddisfazione questa pronuncia. È una conferma che, seppure fra tante difficoltà, stiamo operando per il futuro dell’Italia». Il numero uno del Mef ha poi aggiunto: «Alla luce del giudizio espresso da Moody’s e delle altre agenzie di rating, ci auguriamo che le prudenti, responsabili e serie politiche di bilancio del governo, pur nelle legittime critiche di un sistema democratico, siano confermate anche dal Parlamento». Quel che ci si aspetta ora, dopo la modifica apportata da Moody's, è un impatto positivo a mercati aperti sui Btp e su quello dello spread tra Btp e Bund.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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