
L'ex capo di Confindustria Sicilia è stato trasferito in carcere per aver tentato di inquinare le prove, tra cui una pen drive con l'adesivo «Orlando e Renzi Sr». Nelle intercettazioni un suo amico diceva che il Rottamatore l'avrebbe chiamato in squadra.Il cavaliere Calogero Antonio Montante (detto Antonello), l'ex leader di Confindustria Sicilia e pupillo dell'antimafia al quale Matteo Renzi avrebbe proposto un posto da ministro, tentava di inquinare le prove e per questo, ieri, è passato dalla detenzione domiciliare al carcere.Secondo l'accusa Montante, al momento della notifica dell'ordinanza con la quale una settimana fa il gip lo aveva costretto a casa, si era «barricato» nella sua villa, aveva distrutto 24 pen drive e aveva cercato di disfarsi di altr documenti che però, quando gli investigatori della Squadra mobile sono riusciti a entrare, è stata trovata e sequestrata. Aveva perfino lanciato sul balcone di un vicino di casa uno zainetto contenente altre pen drive e ulteriori documenti. Quando poi l'indagato ha consentito l'accesso alla villa a persone non autorizzate, è scattata la misura restrittiva più grave. E questo è spiegato nella nuova ordinanza emessa dal gip e riassunta in un comunicato della Questura. È invece ancora tutta da chiarire la proposta per il ministero, riportata in una informativa di mille pagine della Squadra mobile di Caltanissetta che ricostruisce buona parte delle ipotesi d'accusa nei confronti dell'imprenditore che avrebbe condizionato per anni la vita politica della Regione Sicilia (anche attraverso finanziamenti a esponenti politici come Rosario Crocetta e Salvatore Cuffaro) creando, sempre secondo l'accusa, una «rete di spionaggio» per avere informazioni sull'inchiesta in cui era coinvolto e corrompendo anche uomini delle istituzioni. Quello che emerge dagli atti sarebbe, insomma, un sistema di potere fatto di prebende, ricatti e una impressionante attività di dossieraggio.Proprio mentre gli investigatori stavano raccogliendo gli elementi con i quali ritengono di aver smascherato i falsi «paladini» siciliani dell'antimafia, hanno ascoltato un'intercettazione ambientale. La scena è questa: Michele Trobia, il commercialista presidente del Tennis club di Caltanissetta e amico fraterno di Montante, l'uomo che in un'altra telefonata parlava di consegne di denaro effettuate in sua presenza da Montante a Totò «vasa vasa», parla con Marco Venturi, il terzo uomo del gruppo con in testa Ivan Lo Bello e Antonello Montanteche nel 2012 gestì la svolta legalitaria di Confindustria in Sicilia. È il dicembre 2015 e i due commentano alcuni articoli di giornale nei quali compaiono intercettazioni telefoniche tra Montante e l'ex comandante in seconda della Guardia di finanza Michele Adinolfi. Tra quelle cconversazioni ce n'era una in cui, secondo Montante, Adinolfi aveva evocato ombre su conflitti d'interesse di Giulio Napolitano, figlio dell'allora presidente della Repubblica. I due non immaginavano però di essere a loro volta oggetto di intercettazione e si lasciano andare a commenti e valutazioni. Trobia parla di un «delirio di onnipotenza che potrebbe salire a chiunque nel momento in cui si forma il governo Renzi». A quel punto Trobia cala l'asso e afferma che Matteo Renzi, «per il tramite di Adinolfi, ha proposto a Montante una poltrona da ministro». Ma la vera notizia è un'altra: Montante «avrebbe rifiutato per non abbandonare la propria attività lavorativa». Ovviamente, a quel punto, ed è questo l'aspetto che più interessa agli investigatori, stando alla ricostruzione di Trobia, Montante avrebbe colto l'occasione per fare un endorsement a favore di Linda Vancheri, nominata nel 2012 assessore da Crocetta insieme a Mariella Lo Bello, per accontentare proprio Montante(è uno dei capitoli dell'inchiesta che gli investigatori stanno approfondendo in queste ore). Ma Venturi dice di conosce le intercettazioni. E ritiene che questa storia della proposta per fare il ministro sia, in sostanza, solo una millanteria del cavalier Montante. Che su una delle pen drive non distrutte, però, aveva appiccicato un adesivo con su scritto un messaggio al momento indecifrabile: «Orlando e Renzi Sr».
Fino a 15 giorni dopo la somministrazione, pure gli inoculati erano conteggiati tra i deceduti senza copertura. Una ricerca sull’Emilia-Romagna offre una stima sul rigonfiamento dei dati, funzionale al dogma pandemico.
Del bias, errore sistematico che in uno studio di ricerca clinica può portare a una scorretta interpretazione dei risultati o addirittura a risultati erronei, più volte ha scritto la Verità raccogliendo le osservazioni di ricercatori che non danno nulla per scontato.
2025-11-25
Dimmi La Verità | Flaminia Camilletti: «Commentiamo i risultati delle ultime elezioni regionali»
Ecco #DimmiLaVerità del 25 novembre 2025. Con la nostra Flaminia Camilletti commentiamo i risultati delle regionali in Campania, Puglia e Veneto.
Il signor Yehia Elgaml, padre di Ramy (Ansa)
A un anno dal tragico incidente, il genitore chiede che non venga dato l’Ambrogino d’oro al Nucleo operativo radiomobile impegnato nell’inseguimento del ragazzo. Silvia Sardone: «Basta con i processi mediatici nei loro confronti, hanno agito bene».
È passato ormai un anno da quando Ramy Elgaml ha trovato la morte mentre scappava, su uno scooter guidato dal suo amico Fares Bouzidi (poi condannato a due anni e otto mesi di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale), inseguito dai carabinieri. La storia è nota: la notte del 24 novembre scorso, in zona corso Como, i due ragazzi non si fermano all’«alt» delle forze dell’ordine che avevano preparato un posto di blocco per verificare l’uso di alcolici nella zona della movida milanese. Ne nasce così un inseguimento di otto chilometri che terminerà solamente in via Ripamonti con lo schianto dello scooter, la morte del ragazzo e i carabinieri che finiscono nei guai, prima con l’accusa di omicidio stradale in concorso e poi con quelle di falso e depistaggio. Un anno di polemiche e di lotte giudiziarie, con la richiesta di sempre nuove perizie che sembrano pensate più per «incastrare» le forze dell’ordine che per scoprire la verità di quel 24 novembre.
I governi ricordino che il benessere è collegato all’aumento dell’energia utilizzata.
Quattro dritte ai politici per una sana politica energetica.
1 Più energia usiamo, maggiore è il nostro benessere.
Questo è cruciale comprenderlo. Qualunque cosa noi facciamo, senza eccezioni, usiamo energia. Coltivare vegetali, allevare animali, trasportare, conservare e preparare il cibo, curare la nostra salute, costruire le dimore dove abitiamo, riscaldarle d’inverno e rinfrescarle d’estate, spostarci da un posto all’altro, studiare fisica o violino, tutto richiede l’uso di energia. Se il nostro benessere consiste nella disponibilità di nutrirci, stare in salute, vivere in ambienti climatizzati, poterci spostare, realizzare le nostre inclinazioni, allora il nostro benessere dipende dalla disponibilità di energia abbondante e a buon mercato.




