2019-01-15
Monsignor Viganò scrive a McCarrick: «Confessa i crimini e pentiti in pubblico»
L'appello dell'ex nunzio apostolico autore del memoriale sugli abusi gay nel clero all'ex cardinale in odore di condanna. Secondo le indiscrezioni, il Papa e i cardinali a lui più vicini vorrebbero arrivare alla condanna di Theodore McCarrick prima dell'atteso incontro con i capi dei vescovi di tutto il mondo previsto in Vaticano dal 21 al 24 febbraio.Le notizie di un processo «amministrativo», e quindi rapido, nei confronti dell'ex cardinale Theodore McCarrick da parte della congregazione per la Dottrina della fede hanno mosso l'ex nunzio Carlo Maria Viganò a scrivere ancora. «Il tempo sta per finire», scrive l'ex nunzio rivolgendosi a McCarrik, «ma lei può ancora confessare e pentirsi dei suoi peccati, crimini e sacrilegi, e farlo pubblicamente, dato che essi sono diventati pubblici».Come avevamo pubblicato su La Verità, le notizie che trapelano dal Vaticano e dagli Stati Uniti parlano di una assai probabile condanna nei confronti di McCarrick, viste le prove che lo inchioderebbero chiaramente alle sue responsabilità: abusatore di minori e di adulti, nell'arco di decenni. Secondo le indiscrezioni, il Papa e i cardinali a lui più vicini vorrebbero arrivare alla condanna di McCarrick prima dell'atteso incontro con i capi dei vescovi di tutto il mondo previsto in Vaticano dal 21 al 24 febbraio. L'appuntamento è fissato per affrontare il dramma abusi del clero che ha travolto la chiesa nel 2018 e la condanna di McCarrick, magari anche la sua riduzione allo stato laicale, rappresenterebbe un modo per dimostrare la volontà di fare piazza pulita e depotenziare qualsiasi domanda su chi sapeva e da quando.L'ex nunzio Viganò, invece, ha fondato la sua prima testimonianza, quella pubblicata dalla Verità nell'agosto scorso, proprio chiamando in causa prefetti di curia, nunzi apostolici, segretari di stato e papi, e ponendo chiaramente il problema di chi sapeva e non ha agito. Viganò ha chiamato direttamente in causa lo stesso papa Francesco che, secondo la sua testimonianza, oltre ad aver saputo della condotta di McCarrick in qualche modo lo avrebbe perfino riabilitato. Di fronte alle circostanze riportate nel memoriale, Francesco non ha mai risposto, lasciando ai giornalisti la facoltà di interpretare. Il libro Il giorno del giudizio, dato alle stampe dal neodirettore di tutti i media vaticani, Andrea Tornielli, insieme al collega Gianni Valente, ha offerto forse l'interpretazione ufficiosa del Vaticano: quella di Viganò, è la tesi sostenuta, sarebbe solo una «operazione» politico mediatica sobillata da ambienti di «destra» per destabilizzare il pontificato di Bergoglio.Il problema è che le domande sollevate dal dossier Viganò restano in piedi e diverse notizie hanno confermato alcuni passaggi della testimonianza dell'ex nunzio. Negli ultimi giorni un'inchiesta del Catholic news agency ha rivelato, citando fonti ufficiali delle diocesi di Pittsburgh e Washington, che il cardinale Donald Wuerl, successore di McCarrick nella diocesi della capitale statunitense, sapeva delle accuse sulla condotta sessuale di McCarrick dal 2004. Invece, Wuerl l'estate scorsa, allo scoppiare dello scandalo, aveva dichiarato di non aver mai saputo nulla circa gli abusi commessi da McCarrick, prima che diventasse noto un abuso su minore nella primavera del 2018. E Viganò nel suo memoriale diceva chiaramente che Wuerl mentiva. Un'altra notizia che ha confermato Viganò riguarda la lettera che il domenicano Bonifacio Ramsey recapitò nel 2000 all'allora nunzio negli Stati Uniti, monsignor Gabriel Montalvo. In quella lettera si riportavano le accuse rivolte a McCarrick circa la sua abitudine di dividere il letto con i seminaristi. Come è stato dimostrato da un'altra lettera uscita dal Vaticano nel 2006 la lettera di Ramsey fu effettivamente recapitata a Roma nel 2000. Insomma, come ha scritto Viganò, da tempo in Vaticano qualcuno sapeva delle accuse rivolte a McCarrick.L'incontro di febbraio si avvicina. Secondo Andrea Tornielli l'attesa per questo incontro è «eccessiva» e il Papa ha insistentemente parlato di «clericalismo» come causa degli abusi, cioè di una visione «che interpreta il ministero ricevuto come un potere da esercitare piuttosto che come un servizio gratuito e generoso». Nessun riferimento a responsabilità precise in Vaticano, nessun passaggio su eventuali lobby gay che avrebbero agito nelle sacre stanze. Alla sbarra in febbraio sembra finire così solo una generica casta clericale.