2021-03-21
Monoclonali sdoganati negli ospedali dopo i ritardi di Aifa e ministero
Terapia avviata nelle Marche, Treviso e Genova, pronta a Roma. Gli anticorpi sembrano essere la cura più efficace, ma Roberto Speranza rifiutò 10.000 sacche dalla Ely Lilly e l'ok dell'Agenzia è arrivato solo a febbraio.Appuntamenti in tilt a Cremona, Como e Brianza. Slot esauriti grazie alle chiamate d'urgenza. Previste vaccinazioni in 19.000 farmacie. In arrivo 330.000 dosi di Moderna.Lo speciale contiene due articoli.La prima fu Claudia. Ma chi se lo ricorda? Le hanno fatto il regalo di Natale. Immunodepressa perché affetta da Sla non riusciva a uscire dal tunnel del virus cinese. Allo Spallanzani di Roma il 24 dicembre scorso le hanno fatto una trasfusione di un'ora e mezza e dopo quattro giorni è uscita, viva e affamata di vita. Le avevano iniettato i famosi anticorpi monoclonali - sono delle proteine- quelli che non piacciono alla sinistra perché hanno salvato Donald Trump -. Eppure sembrano la terapia più efficace, assicurano anche immunità per alcuni mesi e ora stanno entrando di prepotenza negli ospedali italiani. Nonostante il ministro della Salute Roberto Speranza non abbia mai preso in considerazione l'offerta dell'americana Ely Lilly di 10.000 dosi di monoclonali prodotti a Latina dalla Bsp Pharmaceuticals, che confeziona il Bamlanivimab, che però finiscono tutto negli Usa: 950.000 dosi. L'offerta al governo era per un trial clinico: rifiutata. Del resto l'Aifa (Agenzia del farmaco italiana) ha dato il via libera ai monoclonali solo a febbraio. Si dice: la terapia costa un occhio. Mille euro a sacca, ma se si pensa a quanto costa un paziente in terapia intensiva, forse il conto torna. Anche in termini di vite salvate. Gli anticorpi tornano di attualità oggi che la Regione Marche, amministrata dal centrodestra del presidente Francesco Acquaroli (Fdl), per impulso dell'assessore alla Sanità Filippo Saltamartini (Lega) ha avviato una terapia a tappeto con gli anticorpi monoclonali. Debutto tre giorni fa all'ospedale di Pesaro con tre pazienti già in terapia e in via di guarigione. Sono trapiantati di reni. Ora le sacche sono state distribuite a tutti gli ospedali della Regione: 133, ma altre ne arriveranno. Obbiettivo: curare prima che la malattia divenga devastante. «Qui all'ospedale civile di Macerata - racconta il dottor Franco Sopranzi direttore di Nefrologia - siamo pronti. Le sacche sono quelle americane, per noi che abbiamo pazienti molto fragili questa terapia è un successo, se riusciamo a intervenire prima che sviluppi una forma grave in quattro giorni dimettiamo i malati. L'optimum sarebbe somministrare anticorpi monoclonali a chiunque viene trovato positivo e con sintomi iniziali: la terapia funziona tanto più è precoce». Il dottor Sopranzi è in sintonia con Giuseppe Remuzzi, grandissimo nefrologo ora a capo dell'istituto Mario Negri di Bergamo, che insiste per una cura pre-ospedaliera. Ha anche un'idea per spiegare le differenti risposte al virus. «Stanno studiando - spiega Sopranzi - la corrispondenza tra il permanere in alcune popolazioni di porzioni di Dna dei Neandertaliani. Loro ci hanno salvato da tanti virus e però pare che chi ha più familiarità con questi antenati risponda in maniera esagerata al virus e amplifichi gli effetti infiammatori che sono la vera causa dell'aggravarsi di chi è affetto da Covid. Gli anticorpi monoclonali, poiché sono mirati, impediscono risposte diciamo abnormi. L'altro vantaggio è che non si deve più usare cortisone». Anche a Genova si è cominciato questo percorso clinico. Il professor Matteo Bassetti del San Martino ha detto: «Finalmente possiamo utilizzare i monoclonali, spero che siano una terapia alternativa». Da due giorni a Genova sono stati sottoposti in day ospital a trattamento quattro malati, due uomini e due donne tra 72 e 76 anni di età. Allo Spallanzani di Roma è tutto pronto per iniziare una terapia su larga scala, egualmente a Treviso dove sono stati trattati due pazienti, uno di 32 anni e uno di 68. In Italia sono disponibili 30.000 sacche di anticorpi monoclonali statunitensi. La vera svolta però arriverà dagli anticorpi di Rino Rappuoli, che meriterebbe da anni il Nobel: li ha messi a punto con il contributo di Claudia Sala e i ricercatori di Life Sciences, il polo di studio pubblico senese, e gli anticorpi italiani sono già in fase di sperimentazione clinica. Saranno pronti entro giugno e sono rivoluzionari. La Menarini, la maggiore casa farmaceutica italiana, è pronta a produrli. I vantaggi degli anticorpi di Rappuoli sono enormi: «Li abbiamo pensati - ha spiegato il professore - anche per i paesi poveri, sono molto potenti quindi ne basta una dose minima, si possono iniettare intramuscolo dunque non c'è bisogno di andare in ospedale, sono mirati su tutte le varianti del virus - gli anticorpi americani sembrano invece inermi verso la variante sudafricana - e costano molto meno degli altri». In Europa non li ha prodotti né studiati nessuno. È l'ennesimo primato italiano ignorato dall'Italia che va a caccia di vaccini. Spiega Sopranzi: «Con i monoclonali si fa prima che col vaccino: si attiva una risposta immunitaria mirata sul virus con anticorpi che suppliscono a quelli dell'individuo. Non è molto è diverso dal meccanismo del plasma iperimmune». Anche quella è una terapia sviluppata in Italia dal dottor Giuseppe De Donno. L'hanno accantonata, pare che Guido Bertolaso la stia recuperando. Hai visto mai che fra un po' fa notizia?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/monoclonali-sdoganati-negli-ospedali-dopo-i-ritardi-di-aifa-e-ministero-2651155368.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lombardia-ancora-caos-prenotazioni" data-post-id="2651155368" data-published-at="1616270613" data-use-pagination="False"> Lombardia, ancora caos prenotazioni Un esercito di vaccinatori è pronto per scendere in campo contro il Covid-19, ma il terreno è insidioso per questioni informatiche e organizzative. Dopo tre giorni di blocco, ieri è ripresa in molte Regioni la vaccinazione con il prodotto di Astrazeneca, per il quale è stata confermata dall'Agenzia europea (Ema) la sicurezza d'uso, messa in dubbio da una correlazione temporale, non causale, con forme rare di trombosi. Il calo di fiducia ha portato a delle disdette sulle prenotazioni per il vaccino anglosvedese nell'ordine «del 20%, in alcune regioni, in altre del 10% e in altre ancora non c'è stato», ha dichiarato il commissario per l'emergenza Covid, Francesco Figliuolo. In Lombardia, a titolo di esempio, all'Azienda sanitaria (Asst) San Paolo e San Carlo di Milano, ieri sono state somministrate il 76% delle dosi di vaccino Astrazeneca e il 98% di quelle Pfizer. Purtroppo, nella stessa Regione, continua a creare disguidi il sistema di prenotazione Aria. Ieri, a Cremona, a Como e in Brianza, medici e infermieri erano pronti a vaccinare, ma solo qualche decina di persone, delle centinaia attese, era in coda, perché i candidati all'iniezione non avevano ricevuto l'sms con data e ora dell'appuntamento. A Como c'erano 16 pronti a ricevere l'inoculazione di Astrazeneca contro i 700 posti messi a disposizione dall'Asst Lariana. All'Hub di CremonaFiere, solo una sessantina di persone era in coda rispetto alle 600 previste. In tutti i casi, gli operatori hanno chiamato direttamente le persone in lista e i sindaci dei comuni per avere i nominativi da contattare. Grazie alla risposta dei cittadini, tutte le dosi sono state somministrate. Non è la prima volta che la piattaforma Aria dà problemi con le prenotazioni, tanto che la Regione ha già stipulato un accordo per il subentro di Poste italiane, previsto entro la fine del mese. Nelle prossime settimane è attesa anche la tanto sperata accelerazione sul piano vaccinale. Attualmente sono state somministrate 7,5 milioni di dosi di vaccino (5.152.017 prime e 2.380.018 seconde) delle 9.577.500 finora consegnate: in pratica è stato utilizzato circa il 78% delle dosi per dare almeno la prima copertura a circa l'8,6% della popolazione. Servono però i vaccini. Entro oggi l'hub della Difesa di Pratica di Mare riceverà oltre 330.000 dosi del vaccino Moderna, il lotto più consistente finora consegnato. Il prodotto Johnson&Johnson arriverà nella seconda metà di aprile, con una quantità limitata che poi andrà aumentando tra maggio e giugno. In totale quindi, per fine mese, si avranno 7 milioni di vaccini a fronte dei 6, 5 milioni di gennaio e febbraio. L'accelerazione, almeno sulla carta, è anche nell'esercito di personale che dovrebbe essere presente nei punti vaccinali che, a livello nazionale, secondo una nota del commissario, dall'inizio del mese di marzo è passato da 1.510 a 1.868, segnando una crescita di circa il 25%. Oltre ai camici bianchi, compresi gli specializzandi, impiegati negli ospedali e negli hub vaccinali e ai medici di famiglia, nel nuovo Dl Sostegno, è previsto un massiccio arrivo di rinforzi con gli infermieri, gli odontoiatri, i pediatri e i farmacisti. Per le persone fragili è previsto il coinvolgimento del personale 118 per una somministrazione a domicilio. I pediatri di libera scelta «si faranno carico dei genitori dei più piccoli che hanno con sé problemi di fragilità », ha dichiarato il ministro della Salute Roberto Speranza. Ci sono 270.000 infermieri che, liberati dal vincolo di esclusività, potranno vaccinare anche dopo il loro orario. Il rinforzo potenzialmente più corposo arriverà dai 73.000 i farmacisti operativi in oltre 19.000 farmacie. Potranno vaccinare, previa formazione, senza la supervisione diretta del medico, come avviene già in molti Paesi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)