2024-05-29
Il mondo ritiene normali i preti gay. E sbraita per imporli nella Chiesa
Francesco e Benedetto XVI (Ansa)
Le frasi scomposte di Francesco sono in continuità con quelle più raffinate di Joseph Ratzinger ma alla Santa Sede non è più riconosciuta la possibilità di avere una propria linea morale. E l’infallibilità papale si limita alla fede.In Spagna spuntano manifesti dove si dice che non c’è violenza se un bimbo acconsente al rapporto sessuale. E la Germania depenalizza il possesso di film porno con minori.Lo speciale contiene due articoli.Le affermazioni grossolane attribuite a Francesco a proposito dell’accesso ai seminari delle persone omosessuali con tendenza radicata o che sostengono la cultura gay, lo abbiamo già scritto ieri, nella sostanza non sono una novità. Riprendono quanto già stabilito e confermato con un documento della congregazione del Clero approvato dallo stesso papa Bergoglio nel 2016.Le parole che Francesco ha pronunciato nella riunione a porte chiuse con i vescovi italiani lo scorso 20 maggio in fondo ribadiscono ciò che già era regola. «C’è una cultura odierna dell’omosessualità rispetto alla quale chi ha un orientamento omosessuale è meglio che non sia accolto» in seminario, perché «è molto difficile che un ragazzo che ha questa tendenza poi non cada perché vengono pensando che la vita del prete li possa sostenere ma poi cadono nell’esercizio del ministero». Così avrebbe detto Francesco.Ma ciò che dà fastidio al mondo, al netto dell’oggettiva grossolanità delle parole attribuite al Papa, è che la Chiesa non accetti la «normalità» dell’omosessualità nell’accesso al sacerdozio. Basterebbe la castità, come per gli eterosessuali, si dice. Oppure si dice che è giusto colpire la pedofilia, come reato e come peccato, ma l’omosessualità non solo non deve essere reato, ma nemmeno peccato. Insomma, si finisce per fare quello che di solito si imputa alla Chiesa, cioè si assiste all’ingerenza mondana negli affari della Chiesa stessa. Una libertà religiosa a singhiozzo e stabilita dal secolo. Non a caso la Ratio del 2016 ricorda che «compete alla Chiesa - nella sua responsabilità di definire i requisiti necessari per la ricezione dei Sacramenti istituiti da Cristo - discernere l’idoneità di colui che desidera entrare nel seminario».Papa Francesco, come già il suo predecessore Benedetto XVI, tiene fermo questo insegnamento. Non si tratta ovviamente di una esclusione delle persone in quanto tali da un cammino di santità personale, quanto di una distinzione necessaria per lo svolgimento di una missione di paternità che è quella del sacerdozio e che si ritiene possa essere minata da «tendenze omosessuali radicate» o da soggetti che «sostengono la cosiddetta cultura gay».L’arcivescovo statunitense Charles Joseph Chaput, commentando il documento del 2005, ha scritto: «Mentre le tendenze omosessuali persistenti non precludono mai la santità personale - gli omosessuali e gli eterosessuali hanno la stessa chiamata cristiana alla castità, secondo il loro stato di vita - esse rendono molto più difficile la vocazione di un servizio sacerdotale efficace».Che la Chiesa possa e decida di dotarsi di argini morali, fermo restando il rispetto per le persone, rientra in quel concetto di libertà religiosa che troppo spesso viene tirato per la giacchetta. Non solo. Come scrisse Benedetto XVI nei suoi famosi «Appunti» sulla questione abusi, il processo di dissoluzione della concezione cristiana della morale, avvenuto specialmente a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, portò a sviluppare in ampi settori della cultura (anche intraecclesiale) la tesi che la Chiesa non abbia né possa avere una propria morale. «Si era ampiamente affermata la tesi», ha scritto Ratzinger, «che al magistero della Chiesa spetti la competenza ultima e definitiva (“infallibilità”) solo sulle questioni di fede, mentre le questioni della morale non potrebbero divenire oggetto di decisioni infallibili del magistero ecclesiale. In questa tesi c’è senz’altro qualcosa di giusto che merita di essere ulteriormente discusso e approfondito. E tuttavia c’è un minimum morale che è inscindibilmente connesso con la decisione fondamentale di fede e che deve essere difeso, se non si vuole ridurre la fede a una teoria e si riconosce, al contrario, la pretesa che essa avanza rispetto alla vita concreta. Da tutto ciò emerge come sia messa radicalmente in discussione l’autorità della Chiesa in campo morale. Chi in quest’ambito nega alla Chiesa un’ultima competenza dottrinale, la costringe al silenzio proprio dove è in gioco il confine fra verità e menzogna».La reazione scomposta alle parole attribuite a Francesco, per quanto, lo ribadiamo, certamente grossolane e che poco si attagliano alla voce di un Pontefice, in fondo è quella del mondo che vorrebbe «costringere al silenzio» la Chiesa su alcuni temi della morale. Come quando taluni Stati, come Australia o Francia, si propongono di annullare il segreto confessionale di fronte a determinati situazioni dimenticando che la confessione è un atto di culto e non una seduta di counseling psicologico. Qualcosa che deve essere tutelato in nome della libertà religiosa e ogni ingerenza viene a considerarsi illegittima e lesiva dei diritti della coscienza.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mondo-preti-gay-imporli-chiesa-2668393920.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="europa-verso-la-pedofilia-legale" data-post-id="2668393920" data-published-at="1716941018" data-use-pagination="False"> Europa verso la pedofilia «legale» Che il progetto di Unione europea, all’alba delle prossime elezioni di giugno, sia da correggere e non solo su elementi secondari, solo un cieco o un nostalgico dell’Urss potrebbe non vederlo. L’inutile proposta di Emmanuel Macron di inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione ha ottenuto una netta maggioranza di voti, seppur senza avere alcuna incidenza reale sul testo. Ma il voto maggioritario la dice lunga sullo spirito che aleggia in quegli scranni e in quei lidi nichilisti e antiumanisti. La Germania, nell’Europa di ieri e di oggi, si pone come il cuore geografico e culturale e come il motore e il faro dell’economia e della finanza. Eppure, come riportato dalla Bussola quotidiana giorni fa, è appena stato votato un inaudito disegno di legge per depenalizzare il «possesso di materiale pedopornografico» da parte degli adulti. La legge, voluta dalla «maggioranza socialista, liberale e ambientalista», con l’appoggio «delle sinistre» più o meno radicali, scrive Luca Volonté, è «l’ennesima prova di un progressismo relativista senza tabù e senza rispetto per i più deboli». Con la nuova norma approvata dal Bundestag, i reati di possesso e di diffusione di immagini e video pedopornografici, già «disciplinati dall’articolo 184b del Codice penale», vengono ora «classificati come reati minori». Nonostante la forte opposizione dei partiti di centrodestra (Afd, Cdu e Csu) e delle Chiese cristiane più diffuse: cattolici, evangelici e luterani. Eccezione balorda, ma pur sempre eccezione in questa Europa che sembra voler tagliare sempre più le sue radici cristiane, fino al punto di affacciarsi sugli abissi del male? Pare di no, vedendo ciò che accade nella Spagna guidata dal primo ministro socialista Pedro Sanchez. Come riporta un sito femminista e laico, ma vigile su ogni forma di violenza, «il consiglio comunale di Almería», in Spagna, è «sotto tiro» per aver «lanciato una campagna di manifesti sul consenso sessuale». La quale però, in uno dei manifesti affissi dal Comune, «presentava un bambino», con il volto chiaro e riconoscibile. Se vogliamo, si tratta dell’ennesima edizione delle campagne contro la violenza sessuale sulle donne. Campagne che sono ovviamente condivisibili quanto alle intenzioni antiviolenza ma che, a volte, risultano manichee, ambigue, o perfino controproducenti quanto alle modalità usate. Bisogna prestare attenzione, in questo caso, alla frase choc riportata sul manifesto: «Se dice di no, non è sesso, è aggressione». Legittima se si trattava di donne adulte in grado di dare o negare il consenso. Ma sotto c’è il volto di un bambino, che a occhio poteva avere 10-12 anni. E l’immagine del bimbo non era un errore di stampa. Infatti il manifesto continuava dicendo: «Il 72,3% delle aggressioni sessuali sui minori si realizzano nel contesto familiare o scolastico della vittima». Quindi, quel manifesto ipoteticamente contro la violenza sessuale sui minori, lascia intendere che se il minore «dice sì» alle proposte indecenti dell’adulto, allora «non è aggressione». Solo che il minorenne, per qualunque psicologo dell’età evolutiva, non è in grado di prestare un vero consenso e sono solo i gruppi pro pedofilia, come il tedesco Krumme 13, che spingono la politica e la società ad abbassare di continuo l’età del consenso legittimo. In modo da arrivare a una sorta di «pedofilia legale» che si copre dietro le ambiguità della legge. E il manifesto spagnolo va proprio in tal senso. Dopo le proteste di Rocío De Meer Méndez, del partito nazionalista Vox, è stato lo stesso ministero dell’Uguaglianza, normalmente poco attento agli aspetti etici della cultura, a muoversi. Ottenendo la rimozione dell’infame manifesto e le scuse del sindaco María del Mar Vázquez Agüero. Cosa insegnano le due vicende? Che certamente i rischi di decadenza morale grave, fino alla folle giustificazione della seduzione sessuale dei minori, sono dietro l’angolo. Specie se questa Ue continuerà sulla via eversiva del «vietato vietare», della cultura di morte e dell’iper sessualizzazione coatta, con la scusa della lotta alle discriminazioni, dell’adolescenza e dell’infanzia.