2025-01-10
«Molestava al telefono Lady Golpe». Perquisito il «porno-colonnello»
Roberto Scarpinato (Ansa)
La Procura di Roma ha fatto sequestrare il cellulare di Massimo Giraudo, ex ufficiale che il M5s voleva come consulente all’Antimafia, accusato da Donatella Di Rosa per l’invio di «video disgustosamente espliciti». Il Movimento 5 stelle aveva provato a inserire il colonnello Massimo Giraudo nella lista dei suoi consulenti per la commissione Antimafia sul tema delle stragi del 1992- ’93. La richiesta non è stata accolta dalla presidente Chiara Colosimo, anche se l’investigatore era molto stimato dall’ex pm e senatore grillino Roberto Scarpinato, con cui l’ufficiale ha collaborato. Da allora è passata un po’ di acqua sotto i ponti. Scarpinato (non indagato) è stato intercettato dalla Procura di Caltanissetta mentre discute con l’ex collega Gioacchino Natoli (iscritto per favoreggiamento alla mafia e calunnia) a proposito di un’audizione che li avrebbe visti protagonisti, rispettivamente, come commissario e testimone e quelle conversazioni sono state trasmesse a Palazzo San Macuto creando qualche imbarazzo. Ma è ancora più scivolosa l’inchiesta in cui è rimasto invischiato Giraudo: infatti, ieri, è stato perquisito, su ordine della Procura di Roma, con l’accusa di molestie o disturbo alle persone, «perché col mezzo del telefono, per petulanza e biasimevoli motivi recava molestie a Donatella Di Rosa, attraverso l’invio di messaggi riportanti materiale scritto, vocale, fotografico e multimediale dal contenuto sessualmente esplicito». La denunciante, Donatella Di Rosa appunto, 66 anni, originaria di Bergamo, è nota alle cronache come Lady Golpe, poiché negli anni ’90 denunciò insieme al compagno, un tenente colonnello dell’Esercito, Aldo Micchittu, un inesistente colpo di Stato. Il militare patteggiò 1 anno e 4 mesi, lei, invece, non accettò di chiudere la partita e subì una condanna a 8 anni per calunnia dimezzati poi dall’indulto. Il 24 novembre 2022 è stata contattata dal colonnello Giraudo, che da tempo era diventato consulente nella nuova inchiesta sulla strage di Piazza della Loggia a Brescia, avvenuta nel maggio del 1974. La Di Rosa era chiamata a testimoniare sui rapporti tra l’ex marito e i responsabili della strage. Il 9 febbraio scorso ha presentato denuncia presso una stazione dei carabinieri e quasi subito è stato aperto un fascicolo giudiziario affidato al pm Pantaleo Polifemo, del cosiddetto gruppo violenze della Procura. Il 20 marzo la Di Rosa è stata convocata come «persona offesa informata sui fatti» per rendere dichiarazioni davanti davanti al procuratore aggiunto Giuseppe Cascini e a Polifemo. Giraudo, classe 1963, è andato in congedo ad agosto: nel suo ultimo incarico era a disposizione del Comando unità mobili e specializzate e, per anni, ha lavorato alle dirette dipendenze dei magistrati di diverse Procure (cioè al di fuori dei reparti dei carabinieri che si occupano di attività investigative). Le sue consulenze hanno riguardato molti dei cosiddetti grandi misteri d’Italia. Ma torniamo alla denuncia. La donna racconta dell’avvicinamento di Giraudo, il quale, in cambio di nuove dichiarazioni sulla strage di Brescia, le avrebbe promesso la tanto agognata «riabilitazione». Ma subito dopo il primo incontro, si legge nella querela, il colonnello avrebbe manifestato un «comportamento particolarmente affettuoso e premuroso», anche se le «trasgressioni» rispetto al rapporto investigatore-testimone, all’inizio si erano limitate a qualche equivocabile emoticon alla fine dei messaggi. Successivamente, però, «il tono e la tipologia dei messaggi cambiò e non di poco»: «Da cuoricini e bacini passò a rappresentarmi i suoi gusti sessuali spesso corredati da foto e video disgustosamente espliciti» assicura la Di Rosa. In un filmato decisamente hard, in cui la bomboletta di un deodorante spray viene utilizzata in modo improprio, si vedono sullo sfondo la foto del presidente Sergio Mattarella e i faldoni con dentro atti d’indagine. A questi cadeau sarebbero seguiti anche inviti a casa. «Perché ho accettato?» è la domanda che la denunciante anticipa: «Perché dopo 30 anni di fango, di umiliazioni, di ingiustizia, di carcere, domiciliari e malattia, il miraggio della riabilitazione farebbe accettare qualsiasi cosa». In questi mesi la Di Rosa aveva preferito non consegnare il cellulare con le immagini (molto forti) descritte nella querela e che La Verità ha potuto visionare. Sino al colpo di scena di ieri, quando il nuovo titolare del fascicolo d’indagine, il pm Lorenzo Del Giudice, ha ordinato il sequestro dei cellulari sia di Giraudo che della Di Rosa. Entrambi hanno consegnato i loro dispositivi. Dal telefonino dell’ex Lady Golpe sarebbero state copiate le chat con il colonnello, con una giornalista e con un avvocato. Nel decreto si legge che il pubblico ministero, vista la denuncia e «rilevate le reiterate assenze di Donatella Di Rosa alle convocazioni finalizzate al conferimento dell’incarico per procedere ad accertamenti tecnici sul telefono cellulare in uso alla stessa, al fine di rinvenire comunicazioni pertinenti al reato per cui si procede […] dispone la perquisizione locale » di Giraudo e della stessa Di Rosa. La data del decreto è del 27 novembre, ma è stato eseguito solo ieri. Il difensore dell’ufficiale, l’avvocato Roberto De Vita, commenta: «La perquisizione è stata determinata dalla reiterata indisponibilità della querelante alla consegna del proprio telefono. Dispiace, tuttavia, che sia stata estesa anche all’indagato che ha sempre collaborato spontaneamente e partecipato con i propri difensori e consulenti tecnici a tutte le attività di accertamento disposte dalla procura e disertate per ben quattro volte dalla persona offesa». In attesa degli sviluppi, il Tribunale per i minorenni di Brescia (l’imputato Marco Toffaloni all’epoca dei fatti era sedicenne) ha ordinato l’«accompagnamento coattivo della testimone» Di Rosa. Che anche in quest’aula dovrebbe raccontare i presunti metodi disinvolti del consulente Giraudo.
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