2019-08-04
«Con Gallo ho creato calze da collezionisti»
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L'ad del marchio Giuseppe Colombo: «L'intuizione è stata sostituire blu e grigi con colori e disegni. Tutto mi ispira, anche un libro di geometria» Per ogni paio servono dieci chilometri di filo. «All'inizio nessuno le voleva, ora sono un must. Il primo a crederci fu Elio Fiorucci». Sarta riscopre la paglia di Vienna per borse dal sapore artigianale. La stilista Giorgia Gaeta: «Instagram è stato fondamentale per arrivare al successo». La Levi's Festival Season continua a Matera, all'Open Sound Festival. Il noto brand di jeans si butta nel mondo dei music festival e crea una capsule dedicata.HNH Hospitality abbraccia il progetto StayPlasticLess per «dimostrare che si può fare impresa nel rispetto dell'ambiente e della comunità». Lo speciale contiene tre articoli e gallery fotografiche. Se ne sono andate in giro per il mondo, inconfondibili, da New York a Hong Kong. Ma mai avrebbero immaginato di essere le protagoniste del giuramento di un ministro. Matteo Salvini non ha avuto dubbi: le calze a righe colorate sotto l'abito blu erano perfette anche davanti al presidente della Repubblica. Ovviamente firmate Gallo. Non c'è giornale che non abbia immortalato quel pezzo di caviglia così trendy in un'occasione tanto solenne. «Bisogna essere creativi in ogni momento della vita e le calze sono espressione della personalità di ciascuno», dice Giuseppe Colombo, ad di Gallo, giunto a capitanare l'azienda di famiglia nel 1998. «Avevo 43 anni, non ero giovane», precisa. Fino a qual momento quale era il suo mestiere? «Mi occupavo di gestione patrimoniale, sembrerà strano ma anche in quella serve creatività. A un certo punto è arrivato il momento in cui ho dovuto prendere in mano la situazione entrando azienda e cambiando totalmente lavoro. Pensiamo di poterci occupare di una cosa sola per volta. E invece non è così. Abbiamo una testa che ha la capacità di donare linfa, ma abbiamo un difetto, che è quello di non chiederla mai. Il cervello è una macchina che non utilizziamo appieno. Siamo noi a limitare la nostra mente. Noi tutti possiamo fare più grandi cose che trasmettono gioia». Gallo quando è nata? «L'azienda è stata fondata nel 1927 e ha sempre fatto calze da uomo di alta qualità. La mia famiglia è subentrata negli anni Quaranta. Una rivalutazione avvenne negli anni Cinquanta grazie a una serie di intuizioni che portarono alla produzione di calze traforate per i bambini. E poi le calze più piccole al mondo, da neonati, un vero record, per le quali erano stati costruiti dei telai appositi». Ma non avete mai smesso di produrre calze da uomo. «Certo che no. Le aziende hanno momenti di particolare vigore alternati ad altri di assestamento, di riflessione o rivoluzionari. Anche le civiltà sono fatte così. Un'azienda è come un territorio e se ne può leggere la storia. Certe hanno da subito una personalità forte e proprietà che riescono a dare sempre la giusta propulsione nel rispetto della continuità e delle caratteristiche del marchio, oggi si dice del Dna. Chi è capace di lavorare sull'anima dell'azienda attualizzandola, perché gli stili cambiano e le necessità pure, ha raggiunto il suo scopo. Quando ho iniziato io alla fine degli anni Novanta sono entrato con un progettino, un'idea. Le calze da uomo erano sempre state acquistate per bisogno blu, grigie o nere. Volevo centrare l'obiettivo dell'acquisto d'impulso. La calza blu per quanto fosse la più cara e la più bella al mondo rimaneva sempre una calza blu. Mi immaginavo il cliente che cercava una calza che lo faceva godere senza trovarla. Quello che ho fatto è stato usare tanti colori tutti insieme». Un successo immediato? «Macché. Quando ho iniziato fu un disastro, le nostre calze non le voleva nessuno. Era già accaduto con tutte le invenzioni di Gallo, all'inizio mai recepite. Erano troppo nuove. Mi sembrava impossibile che un prodotto così simpatico non trovasse l'apprezzamento del pubblico. Poi ha iniziato a comprarle Elio Fiorucci e da lì è sbocciata una nuova tendenza che poi ha fatto scuola. Fiorucci in quegli anni era ancora Fiorucci e scopriva prodotti in tutto il mondo. È stato uno dei nostri primi clienti, insieme agli stranieri che arrivavano a Milano e le acquistavano nel nostro primo negozio di via Manzoni. Le nostre calze sono state copiate da tutti, come è logico che sia quando una cosa ha molto successo». Ok il colore, ok le fantasie particolari. Ma le calze Gallo sono anche molto di più. «Il filo deve essere sottilissimo: ne servono 10 chilometri per ogni paio. Si lavora ancora con gli storici telai Bentley, unici per i microricami. Alle originali proposte della linea Collection si affiancano quelle più sofisticate della linea Tailoring, rivoluzione nella rivoluzione. Prima sono arrivate le righe, poi i disegni, che rappresentano il modo in cui Gallo interpreta a modo suo ciò che esiste in natura come le farfalle, le piante, i frutti. Cerco di vedere le cose da prospettive diverse rispetto al solito. Poi la calza è sempre la calza, ma vista da un'angolazione particolare. In modo molto naturale abbiamo portato questo stile di colore su altri accessori: costumi, portafogli e via di seguito». Ogni anno è caratterizzato da un disegno diverso. Da dove le vengono le idee? «Basta avere gli occhi e guardare. Mi ispiro in campagna, osservo le piante, la corteccia. Se ammiro un quadro l'ispirazione può venire da lì, ma anche da un libro di geometria. Al mercato ortofrutticolo di idee ce ne sono una marea. È semplicissimo. Sono calze con un'anima trasversale, che finiscono inevitabilmente per essere collezionate. Un fenomeno in espansione che crea necessità e dipendenza... Senza nuocere alla salute! D'altra parte, il colore è contagio e l'originalità è vita». Calze trasversali? «Sì, di genere, di età, di cultura. Ora abbiamo applicato il nostro gusto anche alle calze sportive. È la calza virale. Le hanno sempre messe i politici, da Matteo Renzi a Giorgio Napolitano che veniva con la moglie a comprarle a Roma e mi lasciava un biglietto con i complimenti. Le indossa Jovanotti durante i concerti e mi fa un certo effetto vedere sul maxi schermo le nostre calze. Le mettono un po' tutti. Quando sugli aerei si tolgono le scarpe spunta la nostra punta con la scritta Gallo». Quanti negozi avete? «Circa 30 in Italia. E stiamo iniziando ora il progetto di internazionalizzazione. Mi sono serviti i tempi giusti per cominciare a guardare oltre i confini». Dove vengono prodotte le calze Gallo? «Disegno e produzione sono a Desenzano, dove c'era un immobile che apparteneva a mio nonno. Gli altri prodotti, per cui non possediamo la tecnologia adatta, vengono prodotti in altre aziende di eccellenza. Tutto è pensato da noi. Fatturato 23 milioni e mezzo per 230 dipendenti».
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