2020-12-17
Mittal uccide in culla il sogno dell’Ilva verde
L'ad di Arcelormittal, Lucia Morselli (Ansa)
Lucia Morselli, ad della società, spegne l'entusiasmo giallorosso: «L'idrogeno è il futuro, però non nei prossimi cinque anni». Pochi giorni fa invece Giuseppe Conte annunciava l'addio ai carburanti fossili. Il nodo dipendenti: «Piena occupazione nel 2025».L'acciaio di Stato parte tra i fantasmi degli esuberi e il miraggio verde dell'idrogeno. Del futuro dell'Ilva ha parlato ieri l'ad di Arcelormittal Italia e futuro ad della nuova società, Lucia Morselli, nel corso dell'audizione davanti alle commissioni riunite Attività produttive e Lavoro della Camera, sulle prospettive industriali e occupazionali degli stabilimenti siderurgici del gruppo dopo l'accordo firmato la settimana scorsa tra la stessa Arcelormittal e Invitalia, che prevede l'ingresso della società controllata dallo Stato e guidata da Domenico Arcuri prima al 50% per poi salire al 60% nel 2022.Sul fronte dell'occupazione, ha detto ieri la Morselli, «è previsto che il piano possa confermare alla sua realizzazione, cioè quando nel 2025 torneremo a 8 milioni di tonnellate di produzione, il pieno impiego di tutti i dipendenti attualmente in essere in Arcelormittal in Italia», che sono «10.700 persone. Per loro è previsto il rientro in piena occupazione, quindi non sono previsti esuberi strutturali». A settembre del 2019 la stessa Morselli, appena insediata, chiedeva circa 5.000 esuberi. A metà giugno di quest'anno, nel salotto di Bruno Vespa a Porta a Porta, aveva inoltre dichiarato che il governo sapeva, ma «ha preferito in quella fase coinvolgere il sindacato in questa negoziazione». Immediata era stata la smentita su Twitter del viceministro all'Economia Antonio Misiani: «La dottoressa Morselli dichiara che il governo saprebbe da marzo di eventuali esuberi all'ex Ilva, ma in quell'accordo non era previsto alcun esubero. Resta il fatto che solo qualche mese fa sugli esuberi si ragionava in relazione alla futura capacità produttiva dello stabilimento, mentre ora che l'Ilva è in mano pubbliche il tema è stato definitivamente tolto dall'agenda». Quanto alla produzione, «noi chiuderemo il 2020 con una produzione di circa 3,3 milioni di tonnellate, una cifra particolarmente bassa. L'obiettivo di risalita è a 5 milioni di tonnellate» il prossimo anno, un target che «sarà ragionevolmente possibile raggiungere», ha detto sempre ieri la Morselli. Assicurando che «non è prevista l'uscita di Arcelormittal dall'Italia, anche nel caso, remoto, che la Comunità europea non approvi l'accordo» con Invitalia. «Abbiamo un impianto che è previsto produca 8 milioni di tonnellate di acciaio, che è il target 2025, non credo che abbiamo bisogno di comprare dall'estero. Dobbiamo produrre in casa, senza bisogno di comprare dall'estero: gli amici europei non me ne vogliamo, ma preferisco le produzioni italiane», ha aggiunto l'ad. Sottolineando anche di non aspettarsi problemi per l'autorizzazione da parte dell'Ue all'accordo, però «nel caso non dovesse arrivare, c'è l'impegno a trovare un altro socio istituzionale italiano in brevissimo tempo. Abbiamo previsto questa eventualità, remota, ma è prevista».Mancano, intanto, all'appello i dettagli sul nuovo piano industriale. Ieri in audizione la manager si è limitata a dire che il piano industriale allegato all'accordo tra Arcelormittal e Invitalia, «è in linea con quello di marzo» scorso e «prevede ancora da fare 2,1 miliardi di investimenti in cinque anni. Una cifra rilevante», in cui ci sono «le spese per il piano ambientale, il rifacimento dei grandi forni come l'Afo5, i forni elettrici, la manutenzione». Per il 2021 «il target previsto di investimenti è superiore ai 300 milioni. Partiamo veloci».L'attenzione si è poi spostata sul sogno giallorosso di un acciaio verde. «Il piano industriale ha una sua linea ispiratrice che è quella di spostarsi verso una produzione green» ed è infatti prevista «una produzione del 25% di acciaio primario dai forni elettrici; il 75% da forni tradizionali. A questo contribuirà il rifacimento dell'Afo5» di Taranto, attualmente spento, «che produrrà 4 milioni di tonnellate, con la sua entrata in funzione all'inizio del 2023», ha specificato la Morselli. Cominciando poi a raffreddare lo storytelling del governo sulla svolta verde della nuova Ilva. «L'idrogeno è il futuro di questo settore e su questo noi stiamo lavorando, anche prendendo accordi con aziende che sono impegnate in questo ambito. Confermo quindi che l'idrogeno sarà la destinazione finale ma non nei prossimi quattro-cinque anni», ha detto ieri. Eppure solo qualche giorno fa, lo scorso 11 dicembre, il premier Giuseppe Conte aveva assicurato che «certamente a Taranto ci sarà l'idrogeno, ci siamo ripromessi fin dall'inizio che sarà il progetto più avanzato e più serio di transizione energetica» e che nello stabilimento «si abbandoneranno in parte i combustibili fossili», e «man mano diventerà tutto verde». Ai tarantini, insomma, viene chiesto l'ennesimo atto di fede.