2022-10-28
Il nuovo padrone è un trans. Per Miss Universo è l’ora di far crescere i baffi
Jakapong Jakrajutatib «Anne» (Facebook)
Svolta nello storico concorso di bellezza: con 20 milioni di dollari un imprenditore che ha cambiato sesso è diventata il boss. Dite addio all’idea delle donne in passerella. Chiamatela Miss Universa, meglio se con la «e» rovesciata. La donna più bella del mondo potrebbe anche essere un uomo. L’ultimo messaggio distruttivo della differenza di genere arriva dal business: una magnate transgender ha comprato il marchio del concorso di bellezza planetario per renderlo inclusivo e metterlo a disposizione del sesso fluido. L’unico ostacolo sarà, immaginiamo, la depilazione. Lei è thailandese, miliardaria, a capo del colosso televisivo Jkn Global Group e per togliersi la soddisfazione ha sborsato 20 milioni di dollari. Si chiama Jakapong Jakrajutatib (Anne per chi deve tornare a casa presto), e a vederla in foto sembra stupenda, almeno secondo i polverosi canoni della bellezza tradizionale. Qualcuno direbbe androgina ma entrerebbe nella valle di lacrime del retrivo sistema binario. E si sa che la parola non ha più niente a che vedere neppure con le ferrovie.La picconata al simbolo è evidente, l’immaginario femminino va in soffitta e perfino Damiano David dei Maneskin (sempre che riesca a non cantare) potrebbe concorrere a Miss Universo. Il progetto di JJ è «non solo di continuare nell’eredità di fornire una piattaforma a persone appassionate di culture e tradizioni diverse, ma anche di far evolvere il marchio per la prossima generazione». Con tutti i problemi che avrà, neppure questo è risparmiato. La storia è originale, al tempo stesso esalta il gender fluid e smentisce il luogo comune della ghettizzazione transgender, in attesa di rivoluzionare i canoni della bellezza. Quanto tutto questo sia vincente o egualitario per la donna «con la gonna» (il copyright non poteva che essere di Roberto Vecchioni) è da vedere; se è vero che il trans rappresenta una realtà aumentata al femminile, c’è il rischio concreto che le ragazze debbano inseguire la perfezione estetica come le nuotatrici inseguono il nerboruto Lia Thomas nelle piscine americane, raccogliendo gli avanzi.Inventato 70 anni fa in un mondo che mitizzava Ursula Andress e Brigitte Bardot (orrore), il brand Miss Universo era datato, volgarmente sessista per i canoni inversi oggi di moda, ma aveva una sua granitica stabilità presso il maschio novecentesco da poster di Playboy. Non che il concorso fosse una torre d’avorio perché il problema transgender s’era affacciato già nel 2012, quando un altro tycoon lievemente maschilista ne era il padrone. Allora Donald Trump si trovò davanti al dilemma allorché la canadese Jenna Talackova, una prosperosa bionda di Vancouver, andò in finale a Miss Universo Canada. Ma era nata maschio e fu squalificata. Lei replicò affermando che aveva cominciato la terapia ormonale a 14 anni e si sentiva «una donna vera». Non bastò a convincere la giuria. Il caso si fece dibattito indignato, il progressismo dem calò i suoi assi (su questi temi è insuperabile) e da allora la regola fu limata. Con un vulnus: nelle edizioni successive la sudditanza nei confronti delle minoranze Lgbtq+ convinse i giurati a guardare con altri occhi (forse perfino lubrici, fantozziani) le posture da Jessica Rabbit delle concorrenti fluide. Audrey Hepburn, per dire, non avrebbe avuto chances. L’anno scorso, in pieno sabba californiano per il terzo genere, Kataluna Enriquez vinse la fascia di Miss Nevada. Trans filippino di 28 anni, sfilò sfoggiando un abito arcobaleno in onore del Pride e ribaltò i pronostici. Sul podio si premurò di condividere il successo con la comunità Lgbtq+: «La mia comunità, sei sempre nel mio cuore. La mia vittoria è la nostra vittoria. Abbiamo fatto la storia». Neanche da chiedersi quanto abbia inciso l’appartenenza alla casta.Ora è scontato che lady JJ cambierà definitivamente le regole rendendo del tutto marginale che «la donna più bella del mondo» sia donna. Lei è concentrata sull’obiettivo da tempo: anni fa a Bangkok ha contribuito a fondare un gruppo no profit per promuovere i diritti transgender. «Questa è un’operazione davvero importante non solo per me ma per tutte le donne e in particolare le donne trans. L’organizzazione di Miss Universo fa parte della mia personale missione di vita. Mi piacerebbe potenziare, insegnare, guidare e ispirare tutte le donne dell’universo». In confronto Giovanna d’Arco aveva ambizioni da casalinga disperata. Più che di Renato Zero o di Drusilla Foer, sarà la vittoria postuma di Simone de Beauvoir che a metà del secolo breve teorizzava nel saggio Il secondo sesso: «Non è detto che ogni essere umano di genere femminile sia una donna». Oggi che neppure nei concorsi di bellezza essere donna garantisce un vantaggio, abbiamo qualche dubbio che sia questa la parità voluta dal femminismo militante. Sul pianeta liquido tutto è diventato fluido, dalle desinenze alla chirurgia estetica; l’importante è sentirsi eternamente in transizione. Per gli uomini orfani delle antiche certezze vale sempre la battuta di Woody Allen: «Certi sono eterosessuali, altri sono bisessuali, altri ancora omosessuali o transessuali. Quelli non interessati al sesso diventano avvocati».
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.