2018-06-04
Ministro, dica no agli smartphone in classe
Marco Bussetti, nuovo responsabile dell'Istruzione, conosce molto bene il mondo della scuola e dovrà rimediare ai disastri di Valeria Fedeli. C'è però una cosa che potrebbe fare subito: fermare l'invasione digitale, che danneggia ragazzi e bambini.Il compito che attende il nuovo ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, non è dei più semplici. L'ambito di cui dovrà occuparsi è estremamente complesso e delicato, e a complicare ulteriormente la questione ci sono i disastri combinati da Valeria Fedeli, che lo ha preceduto alla guida del dicastero. Ci sarà poi da mettere le mani sul pasticcio chiamato «Buona scuola», e non si tratterà certo di un viaggio di piacere. Bussetti, in ogni caso, pare dotato di tutti gli strumenti utili a svolgere un buon lavoro. Soprattutto perché ha alle spalle una lunga carriera nel mondo della scuola. Come spiegava Repubblica, è stato «insegnante, dirigente scolastico e professore universitario per l'Università Cattolica di Milano e Pavia», dunque ha esperienza a vari livelli, e di sicuro i suoi titoli di studio non si possono mettere in dubbio. Le cose che il nuovo ministro potrebbe fare sono tantissime, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Però ci permettiamo di attirare la sua attenzione su un problema in particolare, a nostro avviso fondamentale. È una questione che si può affrontare con relativa velocità, e si può risolvere senza spreco di denaro e senza eccessivo dispendio di energie. Come noto, qualche mese fa, il ministro Fedeli ha dato il via libera ai dispositivi digitali nelle scuole. Nel settembre del 2017 ha convocato un gruppo di esperti (praticamente tutti favorevoli all'utilizzo del cellulare in classe) che in poco più di tre mesi ha prodotto un decalogo rivolto agli insegnanti. Poiché «il telefonino è nelle mani di tutti», ha dichiarato la Fedeli, «rifiutare che entri a scuola non è la soluzione». Non bastava che i dispositivi elettronici assorbissero costantemente occhi e menti dei ragazzi (compresi i bambini della scuola primaria) nell'arco della giornata e durante il cosiddetto tempo libero. No, bisognava che l'ossessione digitale proseguisse anche in classe. «La scuola accoglie e promuove lo sviluppo del digitale nella didattica», si legge nel testo presentato in pompa magna dalla Fedeli. Persino Giuseppe Fioroni, un ministro di centrosinistra, aveva un'opinione diversa. Tanto che, nel 2007, stabilì alcune linee guida sull'utilizzo dei telefonini a scuola, spiegando che «l'uso del cellulare e di altri dispositivi elettronici rappresenta un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente». Era una posizione sacrosanta, basata prima di tutto sul buon senso. Ci rendiamo conto, però, che le opinioni non bastano e che il buon senso - di questi tempi - non è sufficiente a motivare un provvedimento. Motivo per cui ci rivolgiamo al ministro Bussetti muniti di dati e opinioni autorevoli. Citiamo, per esempio, lo studio realizzato nel 2015 da Louise-Philippe Beland e Richard Murphy della London school of economics, il quale dimostra che «nelle scuole che mettono al bando gli smartphone i risultati degli studenti nei test migliorano». A conclusioni simili è giunta una ricerca effettuata nel 2012 da Jeffrey H. Kuznekoff (Ohio University) e Scott Titsworth (University of Nebraska). Non per nulla, i cellulari a scuola sono vietati in Francia, nel 90% circa delle scuole inglesi, in vari istituti tedeschi e persino in tantissimi Stati americani. Nel 2010, Steve Jobs in persona dichiarò al giornalista Nick Bilton: «In casa limitiamo l'uso della tecnologia ai nostri ragazzi». Bill Gates ha fatto sapere di aver vietato l'uso dei dispositivi digitali ai suoi figli fino ai 14 anni. Sean Parker, uno dei fondatori di Facebook, ha spiegato che i social network utilizzati sugli smartphone danno dipendenza. Lo stesso ha dichiarato Greg Hochmuth, ingegnere che ha contribuito alla creazione di Instagram. Adam Alter, docente alla New York University, ha scritto un voluminoso saggio per spiegare che le tecnologie digitali agiscono più o meno come le droghe. Ne è convinto anche Manfred Spitzer, autorevolissimo studioso tedesco. Jean M. Twenge, psicologa della San Diego State University ha analizzato in lungo e in largo la «generazione digitale» e spiega che i ragazzi di oggi «crescono meno felici e del tutto impreparati a diventare adulti». «Non solo l'uso degli smartphone e la depressione sono aumentati in parallelo», spiega la Twenge, «ma il tempo trascorso online è stato collegato a problemi di salute mentale da due diverse categorie di dati. Abbiamo scoperto che gli adolescenti che trascorrevano cinque o più ore al giorno online avevano il 71% di probabilità in più di presentare almeno un fattore di rischio suicida rispetto a quelli che spendevano online meno di un'ora al giorno». L'elenco dei disastri causati dall'ossessione tecnologica potrebbe continuare a lungo, ma ci limitiamo a citare un ultimo aspetto. Passare ore e ore appiccicati allo schermo impedisce ai ragazzi di fare movimento, e Marco Bussetti, laureato con il massimo dei voti in Scienze e tecniche delle attività motorie all'Università Cattolica di Milano, sa meglio di noi quanto ciò sia dannoso. Dunque ci permettiamo di rivolgere un appello al nuovo ministro: tolga i cellulari dalle classi. Convochi altri esperti, si prenda il tempo che serve per esaminare gli studi condotti in tutto il mondo. Ma salvi la scuola dall'invasione digitale: già questo sarebbe un mezzo miracolo.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)