2024-04-10
Il ministero boccia il modello Careggi. Giani se ne infischia: «Non si discute»
Eugenio Giani (Imagoeconomica)
Per il presidente toscano la relazione che inchioda le pratiche dell’ospedale sui baby trans è una vittoria Intanto studio inglese rivela: i ragazzi che vogliono cambiare sesso hanno spesso problemi psichiatrici.Ma sì, poteva andare peggio. Potevano chiudergli il reparto dell’ospedale di Careggi, dove ci si occupa delle disforie di genere a colpi di triptorelina e quasi senza assistenza psichiatrica. E invece il presidente della Toscana, Eugenio Giani, è tutto contento perché il ministero della Salute gli ha «solo» fatto notare che le modalità di somministrazione del farmaco non sono state corrette (sul piano dell’informativa con l’Aifa) e che l’assenza di un servizio di psichiatria strutturato era grave. Il tutto mentre dal Regno Unito arriva la conferma che i ragazzini che chiedono il cambio di sesso, assai spesso, hanno problemi mentali e a loro la triptorelina, che blocca lo sviluppo ormonale, non viene data.Giani è riuscito a prendere la comunicazione in arrivo da Roma, con l’esito dell’ispezione ministeriale nel centro di Careggi svoltasi a gennaio, come una mezza vittoria, una sorta di incoraggiamento a rafforzare la struttura. «Da una prima lettura sommaria sembrano emergere indicazioni tese al miglioramento di alcune attività del Centro per l’incongruenza e disforia di genere di Careggi», sostiene il presidente piddino insieme all’assessore alla , Simone Bezzini, «i cui capisaldi fondamentali, tuttavia, non appaiono messi in discussione». Ai giornali locali, Giani ha fatto arrivare che, anche se la relazione deve essere ancora analizzata in modo dettagliato, «non lascerebbe trasparire una censura, ma indicherebbe dei correttivi». Certo, sono «correttivi», ma vanno a toccare il cuore delle attività del centro in cui alcuni ragazzini sono stati avviati al cambio di sesso senza neppure un supporto psichiatrico.Il primo punto riguarda il fatto che a Careggi non è previsto un servizio di psichiatria strutturato e autonomo, con la scusa che gli adolescenti che assumono la triptorelina sarebbero già seguiti da uno specialista dell’Asl o, talvolta, si rivolgono a un privato. Per gli ispettori del ministro Orazio Schillaci questo non va bene, perché ci sarebbero casi in cui alcuni pazienti non avrebbero visto nessuno psichiatra e, quindi, ci vuole un «presidio» fisso al Careggi. «Rafforzare» questo servizio, come dice Giani , non significa una promozione che arriva dal ministero, ma ripensare pesantemente il modello Careggi.Il secondo punto delle critiche dell’ispezione riguarda la triptorelina, sulla quale i tecnici inviati da Schillaci ammettono che forse le istruzioni dell’Aifa non erano chiarissime per quanto riguarda gli obblighi di rendicontazione a Roma. Quando si usa un farmaco off label, ovvero con un impiego diverso da quello per cui è stato autorizzato, ci sono precisi obblighi di comunicazione dei dati. La triptorelina, che nasce come antitumorale, è uno di questi. Dal Careggi, secondo gli ispettori, sarebbero partite solo 20-30 schede-pazienti l’anno, un numero molto basso rispetto ai casi trattati. Su questo c’è ancora un margine di incertezza, perché dall’ospedale avrebbero mostrato agli ispettori un numero reale di pec all’Aifa maggiore rispetto a quello contestato e l’ospedale si è detto pronto a rimandare tutti i dati.In ogni caso, la missiva del ministero chiede alla Regione di far sì che il Careggi si metta in regola entro 30 giorni e di comunicare i correttivi adottati entro 90 giorni. Insomma, nessuno ha dato la benedizione a Giani e nessuno gli ha detto di rafforzare il centro sulle disforie del Careggi, ma solo di mettere mano alle carenze più vistose. Carenze che erano state segnalate in un’interrogazione dal senatore Maurizio Gasparri, a cui era seguita l’ispezione mandata da Schillaci. E proprio ieri, in Inghilterra, sono uscite le anticipazioni di un attesissimo studio medico sui ragazzini che vogliono cambiare sesso, dal quale risulta che, in molti casi, si tenta di procedere all’insaputa dei genitori e ignorando patologie psichiatriche.In sostanza, come ha riassunto il Telegraph che ha anticipato il rapporto, «emerge che molti adolescenti che ritengono di essere trans potrebbero avere problemi di salute mentale» e che, in un futuro neppure troppo lontano, potrebbero pentirsi della scelta. La strada corretta, dice lo studio, sarebbe quindi quella di non forzare la mano e non avere alcuna fretta, di avere un approccio olistico e generale sulla salute mentale del ragazzo o della ragazza e di non imbottirli subito dei farmaci richiesti per cambiare sesso. Lo studio, guidato dalla pediatra Hillary Cass, arriva dopo che in Regno Unito è stata vietata la somministrazione ai minori dei farmaci che bloccano la pubertà. E mette in evidenza che larga parte degli adolescenti che vogliono cambiare sesso ha problemi di salute mentale che discendono spesso da gravi difficoltà familiari, o dall’aver subito degli abusi. Oppure, più banalmente, hanno delle forme di neurodiversità.Insomma, lo studio segnala che i giovani che si credono trans spesso potrebbero avere tutta una serie di problemi che non c’entrano nulla con la disforia di genere e, quindi, servirebbero molta prudenza e nessun abuso di farmaci. Occhio anche alle mode, però. Nel luglio del 2022 il governo inglese chiuse la clinica Tavistock, l’unica struttura pubblica dedicata alla disforia di genere dei minori trattata con i farmaci bloccanti della pubertà, dopo un’inchiesta che segnalava gravi inadeguatezze. Le richieste di accesso alla clinica erano passate da meno di 250 l’anno nel 2012 a oltre 5.000 nel 2021. In ogni caso, farmaci a parte, mentre a Londra dicono che i ragazzi che chiedono il cambio di sesso hanno problemi di salute mentale, a Firenze non avevano manco lo psichiatra.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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