
Si è spenta a Milano a 81 anni Milva, l'artista che ha interpretato Bertolt Brecht e ha il record d'incisioni. Ha percorso la sua carriera con l'ansia di mostrarsi colta, intelligente, impegnata. E lo era. A Sanremo 15 volte, non ha mai vinto.Per 48 ore ha mancato il suo settantacinquesimo 25 aprile; Milva se ne è andata muta a 81 anni nella sua casa milanese di via Serbelloni con accanto l'unica figlia Marina Corgnati e la fida Edith, lei che è stata «la voce» dei raduni partigiani da quando nel 1965 incise ne I canti della libertà la prima versione orchestrale di Bella ciao. Era «la rossa» per la chioma tizianesca e fluente e per l'appartenenza politica sempre rivendicata anche se, dalla fine del Pci, mai più praticata. Un'appartenenza quasi genetica: Maria Ilva Biolcati, in arte Milva come voleva chiamarla la sua mamma, era di Goro, nel delta ferrarese del Po. Nel 1939, quando è nata lei, il 17 luglio, giorno di afa, erano tutti fascisti seguaci dell'eroe di Tobruch Italo Balbo, ma nel 1943 diventarono tutti comunisti, così da bimbetta Milva giocava con la bandiera rossa e urlava i canti delle Brigate perché lì dove è nata lei devi cantare forte per farti trovare nella nebbia d'inverno e nelle nuvole di zanzare d'estate. Lei però non era nata anofele, era una farfalla, magari grezza, ma con una voce da sirena ed è sbocciata prestissimo, nel 1959, concorso in Rai, prima su 7.600, nascondendo nei toni bassi il quasi comico slang ferrarese. Cantava con un'estensione unica e le vocali sempre un po' troppo chiuse per contrastare la tendenza congenita a spalancarle, calcava il palcoscenico con un'avvenenza da favorita degli Estensi. Non a caso, in quel caravanserraglio che era il quartetto delle dive degli anni Settanta lei era la pantera di Goro, in finta lotta con Mina la tigre di Cremona, distantissima per pubblico, aspirazione e formazione dalle altre due: l'aquila di Ligonchio Iva Zanicchi e l'usignolo di Cavriago, Orietta Berti. Le hanno cucito addosso una rivalità mai esistita con Mina, che è sempre stata la star pop, mentre Maria Ilva è passata attraverso tutti i generi, ma come s'addice agli intellò sempre un po' dolente, sempre politically correct. Semmai una rivale vera Milva l'ha avuta in Ornella Vanoni per ragioni di repertorio, di aspirazione, d'immagine e di politica. La Vanoni è la borghese ricca, socialista che giocava con le canzoni della mala, allieva prediletta di Giorgio Strehler che diverrà il mentore della pantera di Goro, prima attrice e poi cantante circondata dal milieu degli intellettuali fin da bambina, amica di Giorgio Gaber mentre Milva avrà da Enzo Jannacci un intero Lp, La rossa appunto, scritto per lei. La Vanoni poteva baloccarsi con le scacciacani del Giambellino, Maria Ilva avrebbe metaforicamente imbracciato un kalashnikov. Per Ornella la strada era fatta, per quella di Goro no, se l'è sudata e l'ascensore sociale lo ha acchiappato gonfiando i polmoni. Due Italie contigue, ma non comunicanti: la Milano da bere quando, come dice Ornella, «Bettino Craxi era l'uomo nero e io la sua strega» e la festa dell'Unità con Milva a fare da staffetta tra il Pci, i comunisti francesi e la Spd tedesca a colloquio strategico con Enrico Berlinguer. Erano due Italie che si chiamavano compagne, ma la domanda dell'una verso l'altra era: compagna a chi?Milva - che per modello aveva Edith Piaf - è stata una diva vera a metà strada tra Marlene Dietrich e una mondina (uno dei suoi successi è La Filanda, colonna sonora del sindacato delle donne) ma mai mondana: non si è concessa al gossip, è stata molto acclamata, ma non popolare malgrado Milord sia stata una canzone da juke box. Per 15 volte è stata a Sanremo, non ha mai vinto ed è toccato al più trash, manche più sensibile, tra i cantautori italiani Cristiano Malgioglio inventare per lei nel 2018 il premio alla carriera. Dirà: come lei nessuna. C'è da capirlo: entrambi devono aver sofferto di un complesso d'accettazione. Ai comunisti capita di non trovarsi bene con il popolo; e il popolo di Milva era quello che comprava i libri Einaudi a rate, andava alla Feltrinelli, acquistava Rinascita spesso senza leggerla e comunque senza capirla, ma poi alla festa dell'Unità ballava con Fin che la barca va di Orietta Berti e Zingara di Iva Zanicchi, perché l'Opera da tre soldi poteva incontrare lo stesso gradimento che il ragionier Fantozzi riservava alla corrazzata Potemkin. Mina era un'altra cosa: Mille bolle blu, zebre a pois, ma anche Parole, parole, parole, l'Italia del consumo, dell'aspirazione al lusso, dell'amante, l'Italia non politica e quasi certamente scorretta anche se conformista. Milva invece era l'Italia che poi si è inventata il vincolo esterno dell'euro; ha percorso la sua carriera con l'ansia da prestazione di mostrarsi colta, intelligente, impegnata. E lo era davvero. Milva ha studiato tutta la vita da Milva, come certi funzionari del Pci mandati a scuola alle Frattocchie per sentirsi chiamare onorevole. È diventata grazie a Strehler una «cantaattrice» assoluta. In Germania - eccolo il vincolo esterno - la adoravano anche se il suo primo immenso palcoscenico è stato Parigi. All'Opéra ci è arrivata nel 1962, l'anno dopo aver sposato Maurizio Corgnati, regista e padre di sua figlia che ne intuisce e affina la propensione al palcoscenico anche di prosa. A Sanremo Bruno Coquatrix storico patron del teatro parigino la nota. Sarà la svolta: Milva capisce che può fare di più e cambia repertorio. La sua vita sarà un'opera teatrale: nell'amore (i suoi legami più importanti sono stati i due attori Mario Piave e Luigi Pistilli), nelle improvvise sparizioni, nella scelta dei brani. Diventa la vestale di Bertolt Brecht (inciderà anche una serie di dischi: Milva canta Brecht) con Mikis Teodorakis e poi con Franco Battiato (sua è la famosissima Alexander Platz) e collaborando con Ennio Morricone, Umberto Eco e gli intellò della gauche caviar farà dischi ad alto tasso cerebrale. Inciderà per sua scelta politicamente scorretta tutti i testi di Alda Merini, e al suo ultimo Sanremo (2007) sceglierà Giorgio Faletti deludendo, per dirla con Edoardo Bennato, «gli impresari di partito». Milva si è permessa di fare con Ricordi un contratto che in cambio della sua annuale partecipazione a Sanremo e dell'incisione di qualche brano per il volgo le consentiva di continuare a studiare da Milva. Anche in questo è stata pioniera per molti della sinistra: fare contratti da intellettuale impegnato riscuotendo proventi da best seller mai nati. Solo che lei dischi ne ha fatti tantissimi e ha venduto milioni di copie; ha il record di album incisi: 173, ha fatto tournée in tutto il mondo, ha vinto dischi di platino in Germania e in Francia ed è la sola artista italiana a essere contemporaneamente Ufficiale dell'Ordre des arts et des lettres, Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania, Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana e Cavaliere della Legion d'onore della Repubblica Francese. Ha percorso mezzo secolo di carriera e, per dirla come va di moda ora, nonostante avesse un fisico da pupa è stata una secchiona.Ha cominciato a staccarsi da un certo mondo politico alla fine degli anni Novanta, la crisi della sinistra l'ha proiettata in una dimensione di estraneità. Lei non è mai stata un'artista da Ztl, metteva insieme canto popolare e suite imperiale. Questo il suo lascito nel 2010: «Dati gli inevitabili veli che l'età dispiega ho deciso di abbandonare definitivamente le scene e fare un passo indietro in direzione della sala d'incisione, da dove posso continuare a offrire un contributo pregevole e sofisticato». Partita da Goro, ha speso una vita per essere pregevole e sofisticata. Chissà se le piacerebbe sentirsi salutare semplicemente con un: bella, ciao!
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
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