2023-04-30
A Milano si sbarazzano di una neonata lasciandola in un cassonetto di vestiti
Orrore in zona Città Studi: anziano s’imbatte per caso nel corpo ormai cadavere della piccola. Gli investigatori stanno cercando la madre con le immagini delle telecamere. Aperto un fascicolo contro ignoti per infanticidio.L’armadio dove è stata abbandonata è a pochissima distanza da ben quattro presidi sanitari. In cui poteva essere soccorsa.Lo speciale contiene due articoli.Ha scelto un cassonetto per la raccolta degli indumenti usati per liberarsi della bimba che aveva appena messo al mondo. L’ha avvolta in una felpa rossa e in un asciugamani e l’ha appoggiata sul ripiano di metallo del cassonetto, proprio davanti al meccanismo girevole che poi spinge all’interno i pacchi con i vestiti usati. E questo ha fatto pensare che probabilmente la mamma sperasse che qualcuno la trovasse ancora in vita. Trattandosi di una zona di passaggio e anche particolarmente frequentata, però, i vagiti avrebbero richiamato l’attenzione.Così non è stato. In realtà solo l’autopsia disposta dal sostituto procuratore Paolo Storari potrà dire con certezza se la piccola era ancora viva quando è stata lasciata lì. Gli investigatori si sono messi subito a caccia della Medea che si è voluta liberare di quel corpicino scegliendo il cassonetto della Caritas all’angolo tra via Saldini e via Botticelli, Città Studi, quartiere del centro di Milano.A lanciare l’allarme (la telefonata al 112 è delle 20.02 di venerdì) è stato un pensionato che si era avvicinato al cassonetto per donare il suo sacchetto con scarpe e vestiti ma ha visto spuntare una manina e, dubbioso, ha chiesto a un altro anziano che era nelle vicinanze di verificare con lui se si trattasse di una bambola o di una bambina. Poi i due si sono accorti che c’era del sangue e non hanno avuto più dubbi. Pezzi della placenta erano ancora attaccati al corpicino e questo prova che la piccola era nata solo da poche ore. Inoltre, dal taglio impreciso al cordone ombelicale, si ricava che il parto, di certo, non è stato assistito da un sanitario e che, quindi, dovrebbe essere avvenuto in un’abitazione o addirittura per strada.La prima attività investigativa delegata alla Squadra mobile è stata quella di accertare se, negli ospedali di Milano, qualche donna si fosse presentata al pronto soccorso per farsi curare. Poi sono stati acquisiti i video delle telecamere piazzate sulle strade che incrociano via Saldini e via Botticelli e quelli dei mezzi pubblici che sono passati per quella tratta. Il medico legale che ha effettuato la prima ispezione cadaverica ha riferito al magistrato che non c’erano segni di violenza e che il parto, con molta probabilità, era avvenuto solo da poche ore. Il pm Storari ha aperto un fascicolo contro ignoti per il reato di infanticidio: «La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto», recita l’articolo 578 del codice penale, «quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con una pena fino tra i 4 e 12 anni di reclusione».Un’accusa che sembra calzare in modo pieno al caso di Città Studi (ma che potrebbe anche aggravarsi in omicidio volontario se l’autopsia dovesse comunicare qualcosa di più atroce, circostanza questa che al momento non viene esclusa dagli investigatori). La prima ipotesi, per ora, è che la mamma sia una donna sola e senza fissa dimora. Di certo è una persona che vive in una condizione di estremo disagio, tanto da non scegliere una Culla per la vita, che avrebbe potuto raggiungere senza fare neppure molta altra strada. Si cerca anche nei consultori e tra gli assistenti sociali, per verificare se fossero stati segnalati casi che potrebbero mettere gli investigatori sulle tracce della donna.«I nostri centri d’ascolto e i nostri servizi», ha spiegato il direttore della Caritas ambrosiana Luciano Gualzetti, «quotidianamente accompagnano e sostengono, spesso collaborando con i Centri di aiuto alla vita, genitori e madri alle prese con maternità indesiderate o difficili». Poi ha espresso «il dolore più profondo per quanto accaduto». Proprio accanto al cassonetto sono stati poggiati un giglio bianco e un biglietto con un cuore e una breve frase: «Riposa in pace piccolo angelo». Il corpicino della piccola è, quindi, finito in obitorio per gli accertamenti medico legali indicati dal magistrato. «Di fronte a simili drammi», ha commentato il senatore leghista Massimiliano Romeo, «sono sempre più convinto che si debba trovare una soluzione e diffondere tra i cittadini la consapevolezza che è possibile permettere a questi bambini un futuro sereno». Poi ha ricordato che «è depositato in Parlamento un disegno di legge della Lega (del quale Romeo è primo firmatario, ndr) proprio per potenziare le culle per la vita, tutelando contemporaneamente la salute dei bambini e la privacy di chi si può trovare costretto alla drastica scelta dell’abbandono. Solo con leggi chiare e di buon senso si potranno risolvere simili situazioni, con la speranza che nessun bambino debba più perdere la vita in questo modo».Mentre l’assessore al Welfare e alla salute del Comune di Milano, Lamberto Bertolé, ha rivendicato che «ogni giorno i Servizi sociali del Comune lavorano per supportare le famiglie in difficoltà e genitori che scelgono di affrontare il percorso della genitorialità». E ha aggiunto: «Possiamo solo impegnarci perché il nostro lavoro sia sempre più efficace e le mamme e i papà scelgano, nei momenti di difficoltà, di chiederci aiuto».Ma è già il terzo caso in poche settimane: un neonato chiamato Enea era stato lasciato all’interno della Culla per la vita del Policlinico e un altro era stato affidato dalla madre all’ospedale subito dopo il parto, avvenuto in un magazzino abbandonato della periferia della città. Segno che quello che viene spacciato per impegno, in realtà, nei fatti, è solo residuale.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/milano-sbarazzano-neonata-cassonetto-vestiti-2659930883.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="culla-per-la-vita-e-ospedali-le-opzioni-per-salvarla-si-trovano-proprio-li-vicino" data-post-id="2659930883" data-published-at="1682808872" data-use-pagination="False"> Culla per la vita e ospedali. Le opzioni per salvarla si trovano proprio lì vicino Cosa porta una persona (la mamma, il papà, un parente, un amico dei genitori, ma non è importante) ad abbandonare una neonata in un cassonetto per i vestiti? Quale blackout mentale impedisce a te, disperato con un fagotto in mano con dentro una bambina piccolissima, di non considerare un’alternativa a un gesto che significa morte certa. Il destino atroce di questa piccola vita spezzata poteva avere forse un destino diverso. Poteva non finire dentro un cassonetto della Caritas. La tragedia è avvenuta nella ricca Milano, non in un paesino di periferia, dimenticato da Dio e magari anche dagli uomini che contano, che fa della solidarietà uno dei pilastri della milanesità. Di alternative al cassonetto ce ne sono, anche a pochi passi di distanza. Intorno al Politecnico ci sono servizi, negozi, strutture ricettive. È uno dei centri nevralgici di Milano. E, proprio per questo, è ben fornito di strutture sanitarie. A 550 metri di distanza da quel maledetto armadio giallo di lamiera c’è l’ingresso dell’Istituto dei tumori. Ci sono medici, infermieri: lasciare lì la bambina le avrebbe comunque garantito un futuro. Perché chi l’ha abbandonata non ha pensato di andare in quell’ospedale? Dopotutto, si trova solamente a sei minuti di distanza a piedi dal cassonetto. Due, se si utilizza un’auto. E cosa sono questi pochi minuti in più in confronto con un’intera vita rubata? A 700 metri dal cassonetto c’è il neurologico Besta: a piedi ci vogliono un paio di minuti in più rispetto alla prima scelta, 8 minuti in totale. In auto, sempre due. Neanche il Besta va bene? A neanche due km di distanza da dove è stata lasciata la bimba c’è l’ospedale Macedonio Melloni. Altri medici, altri infermieri a disposizione. Altre persone che potevano accorgersi per tempo del piccolo fagotto indesiderato. Bastava camminare per 16 minuti dall’incrocio tra via Botticelli e via Saldini. In auto, di minuti, ne sarebbero bastati 6. Al Policlinico funziona, ormai da anni, la Culla per la vita. È l’antica ruota degli esposti, dove venivano lasciati i neonati indesiderati senza essere visti. Soltanto poche settimane fa ha accolto Enea, un neonato di 2,6 chilogrammi abbandonato dalla mamma che, in una lettera, ha spiegato di voler molto bene a quel piccolo scricciolo venuto al mondo ma di non potersi occupare di lui. La Culla per la vita è distante 4 km dal cassonetto in zona Policlinico. A piedi fanno 46 minuti, 12 in auto. È possibile che questa manciata di minuti da spendere per trovare una sistemazione diversa per la bambina risultasse così indigesta all’autore dell’abbandono da non essere presa in considerazione? Perché della Culla della vita ne hanno parlato tutti neanche un mese fa, in occasione del ritrovamento, all’interno, del piccolo Enea. Davvero chi è arrivato a compiere il tragico gesto in via Botticelli non aveva intercettato, pure per sbaglio, la notizia? È credibile che, arrivando a piedi o in macchina al Politecnico, non sia stato attirato da almeno uno dei numerosi cartelli stradali che, dovunque, informano sulla presenza di almeno tre strutture ospedaliere in zona?
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)