
La città di Sala è la Capitale della violenza. Le gang di nordafricani rapinano e stuprano. Ultime vittime un diciannovenne assalito a Cascina Merlata e uno spagnolo in Erasmus accoltellato. Ma ormai è la routine: caso numero 15 in pochi mesi.Viale Romagna: un ragazzo spagnolo di 23 anni, in Erasmus a Milano, viene accoltellato da un branco di nordafricani che volevano rapinare un amico. Ieri mattina alle 6, dopo una serata all’Alcatraz con amici, gli stranieri l’hanno circondato e minacciato. Poi sono passati all’azione. Gli hanno strappato dal collo una collanina d’oro. E quando il ventitreenne si è avvicinato per fermarli la reazione è stata violenta: un fendente all’addome che poteva costargli la vita.Milano vomita sangue e rabbia con le sue strade trasformate in zone franche per chi esce armato. Dalle periferie dimenticate ai parchi abbandonati. È la Milano delle stazioni diventate rifugi per disperati e spacciatori. È la città in cui un branco di stranieri, di seconda o terza generazione, figli di immigrati che non si sentono italiani e neppure stranieri, ti punta un coltello alla gola per rubarti il cellulare, il giubbotto firmato, o anche solo pochi spiccioli per riempire con la violenza il proprio vuoto identitario. Sono gang strutturate, sempre più simili a quelle dei latinos, organizzate secondo codici precisi, con una gerarchia e un obiettivo: il controllo del territorio. E quando le zone di influenza si sovrappongono, quando gli interessi divergono, scatta la faida. La routine, invece, è tutta rapine e violenza. Negli ultimi tre mesi, compresa l’aggressione di ieri, si contano almeno 15 casi. Gli aggressori sono sempre stranieri. A Cascina Merlata, un angolo della città con un nuovo centro commerciale che avrebbe dovuto rappresentare un simbolo di rinascita, l’altro giorno un diciannovenne di origini marocchine è stato accoltellato per una ruggine estiva. Per punirlo non è stata sufficiente la coltellata: gli sono stati sottratti l’iPhone e il monopattino. Gli ingredienti sono gli stessi dell’aggressione di ieri agli studenti dell’Erasmus. La cricca di nordafricani, il coltello, la rapina. Ma basta andare a ritroso per ritrovare storie che si ripetono nella stessa forma. Il 14 febbraio nel quartiere Lorenteggio un egiziano di 20 anni, dopo un inseguimento, viene fermato mentre è alla guida di una Fiat Panda rubata. Con lui c’è un minorenne italiano. Lo straniero aggredisce gli agenti. Addosso i due avevano un coltello a serramanico e un cacciavite. Il 9 febbraio tocca a un dipendente dell’Atm, la società milanese dei trasporti pubblici. Una banda di stranieri lo circonda in viale Molise. Capisce subito che è una rapina. Spunta fuori un coltello e parte un fendente dritto alla gola. Per fortuna viene preso solo di striscio. Il 24 gennaio, sempre al Lorenteggio: cinque minori di una baby gang vengono fermati dopo aver aggredito e rapinato un gruppo di ragazzi in un campetto da basket. Bottino: due monopattini e oggetti personali. Il 23 gennaio davanti al Palazzo di giustizia un algerino appena scarcerato dopo una direttissima per rapina entra in un bar, si fa dare un panino e aggredisce il barista. La recidiva è il suo biglietto da visita. Solo due giorni prima alla stazione di Lambrate un nigeriano aggredisce e rapina una viaggiatrice in attesa del treno. E il giorno precedente in via Bessarione un ecuadoriano accoltella un uomo alla schiena per un debito di qualche centinaio di euro. Undici gennaio, via Palmanova: tre egiziani sequestrano e aggrediscono un connazionale per rapinarlo. Si scopre che era un regolamento di conti per droga. Sette gennaio, Stazione centrale: due marocchini vengono arrestati per quattro rapine consecutive nella stessa giornata. Minacciavano le vittime con un taglierino. Il 6 gennaio un egiziano aveva preso accordi con un connazionale per acquistare della droga. Quando è giunto all’appuntamento, in via Padova, è stato avvicinato da due giovani che erano insieme allo spacciatore: sotto la minaccia di un coltello e di una bomboletta di spray al peperoncino viene costretto a consegnare il cellulare. Il 20 dicembre 2024 un marocchino viene arrestato per aver rapinato un pensionato che stava passeggiando con il nipote in un parco. Il 18 dicembre nella metropolitana un diciannovenne viene aggredito e rapinato da cinque nordafricani. E non è finita: il 5 dicembre in via Arona un diciassettenne viene ferito e rapinato da un branco di nordafricani all’uscita da scuola. Mentre il giorno precedente, in corso Buenos Aires, tre tunisini vengono arrestati per tentata rapina aggravata. Un egiziano viene ferito con un coltello. E mentre la città mostra il suo volto violento la politica è impantanata. Il sindaco, Beppe Sala, davanti alle emergenze di solito rispolvera la promessa di arruolare ulteriori ghisa ma questa volta tace, troppo concentrato com’è sulle posizioni dei pro Pal e sulle valutazioni per giustificare la mancata illuminazione del municipio, dopo che la Brigata ebraica e l’associazione Pro Israele gli avevano chiesto di proiettare il colore arancione in memoria dei due fratellini israeliani Bibas, sequestrati da Hamas la mattina del 7 ottobre 2023. Questa volta per commentare le coltellate in viale Romagna e a Cascina Merlata se ne esce con un «per fortuna la situazione non è grave, speriamo che li becchino e soprattutto che rimangano dentro». Per Sala è tutta colpa dei massimi sistemi: «Perché questo è il solito punto», ha affermato il sindaco, «vengono commessi crimini e poi nessuno rimane in prigione». A lui la prevenzione non interessa. E beato, nel suo pensatoio comunale, riprende a concentrarsi sulle solite aree green e piste ciclabili.
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All’inizio la società musulmana fu protagonista di varie scoperte. In seguito però il Corano divenne l’unica fonte di verità. Secondo i teologi cattolici Dio ha dotato il creato di regole immutabili, che vanno studiate. Allah invece non è sottomesso alle leggi di natura.
Tra tutti i continenti, quello che maggiormente ha sviluppato il pensiero scientifico è l’Europa cristiana, con la sua piccola minoranza ebraica. Per la verità non solo scienza: anche musica, pittura, scultura, letteratura, architettura, teatro, filosofia, ingegneria meccanica: tutto si sviluppa in maniera incredibile. Qui si sono fusi quattro elementi: la filosofia greca, duttile come l’acqua, il diritto romano, solido e pragmatico come la terra, il furore e il coraggio dei barbari, potenti come il fuoco, e soprattutto la spiritualità biblico evangelica, luminosa come l’aria. Siamo, o forse siamo stati, una società spirituale, duttile, pragmatica e violenta, e noi siamo noi, siamo la nostra storia, siamo la nostra ferocia, siamo la nostra compassione, siamo il continente che nel bene e nel male ha dato conoscenza al mondo.
Mario Adinolfi (Ansa)
Il saggista Mario Adinolfi: «Mamdani filo gay? No, è solo il cavallo di Troia dei musulmani. I cattolici meritano più attenzione dal governo».
Scienziati tedeschi negli Usa durante un test sulle V-2 nel 1946 (Getty Images)
Il 16 novembre 1945 cominciò il trasferimento negli Usa degli scienziati tedeschi del Terzo Reich, che saranno i protagonisti della corsa spaziale dei decenni seguenti.
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Il 16 luglio 1969 il razzo Saturn V portò in viaggio verso il primo allunaggio della storia l’equipaggio della missione Nasa Apollo 11. Il più grande passo per l’Uomo ed il più lungo sogno durato secoli si era avverato. Il successo della missione NASA fu il più grande simbolo di vittoria nella corsa spaziale nella Guerra fredda per Washington. All’origine di questo trionfo epocale vi fu un’operazione di intelligence iniziata esattamente 80 anni fa, nota come «Operation Paperclip». L’intento della missione del novembre 1945 era quella di trasferire negli Stati Uniti centinaia di scienziati che fino a pochi mesi prima erano stati al servizio di Aldolf Hitler e del Terzo Reich nello sviluppo della tecnologia aerospaziale, della chimica e dell’ingegneria naziste.
Nata inizialmente come operazione intesa ad ottenere supporto tecnologico per la tardiva resa del Giappone nei primi mesi del 1945, l’operazione «Paperclip» proseguì una volta che il nuovo nemico cambiò nell’Unione Sovietica, precedente alleato di Guerra. Dopo la caduta del Terzo Reich, migliaia di scienziati che avevano lavorato per la Germania nazista si erano sparsi per tutto il territorio nazionale, molti dei quali per sfuggire alla furia dei sovietici. L’OSS, il servizio segreto militare dal quale nascerà la CIA, si era già preoccupato di stilare un elenco delle figure apicali tra gli ingegneri, i fisici, i chimici e i medici che avrebbero potuto rappresentare un rischio se lasciati nelle mani dell’Urss. Il Terzo Reich, alla fine della guerra, aveva infatti raggiunto un livello molto avanzato nel campo dell’ingegneria aeronautica e dei razzi, uno dei campi di studio principali sin dai tempi della Repubblica di Weimar. I missili teleguidati V-2 e i primi aerei a reazione (Messerschmitt Me-262) rivelarono agli alleati quella che sarebbe stata una gravissima minaccia se solo Berlino fosse riuscita a produrre in serie quelle armi micidiali. Solamente l’efficacia dei potenti bombardamenti sulle principali strutture industriali tedesche ed il taglio dei rifornimenti impedì una situazione che avrebbe potuto cambiare in extremis l’esito del conflitto.
L’Operazione «Paperclip», in italiano graffetta, ebbe questo nome perché si riferiva ai dossier individuali raccolti negli ultimi mesi di guerra sugli scienziati tedeschi, molti dei quali erano inevitabilmente compromessi con il regime nazista. Oltre ad aver sviluppato armi offensive (razzi e armi chimiche) avevano assecondato le drammatiche condizioni del lavoro forzato dei prigionieri dei campi di concentramento, caratterizzate da un tasso di mortalità elevatissimo. L’idea della graffetta simboleggiava il fatto che quei dossier fossero stati ripuliti volontariamente dalle accuse più gravi dai redattori dei servizi segreti americani, al fine di non generare inevitabili proteste nell’opinione pubblica mondiale. Dai mesi precedenti l’inizio dell’operazione, gli scienziati erano stati lungamente interrogati in Germania, prima di essere trasferiti in campi a loro riservati negli Stati Uniti a partire dal 16 novembre 1945.
Tra gli ingegneri aeronautici spiccavano i nomi che avevano progettato le V-2, costruite nel complesso industriale di Peenemünde sul Baltico. Il più importante tra questi era sicuramente Wernehr von Braun, il massimo esperto di razzi a propulsione liquida. Ex ufficiale delle SS, fu trasferito in a Fort Bliss in Texas. Durante i primi anni in America fu usato per testare alcune V-2 bottino di guerra, che von Braun svilupperà nei missili Redstone e Jupiter-C (che lanciarono il primo satellite made in Usa). Dopo la nascita della NASA fu trasferito al Marshall Space Flight Center. Qui nacque il progetto dei razzi Saturn, che in pochi anni di sviluppo portarono gli astronauti americani sulla Luna, determinando la vittoria sulla corsa spaziale con i sovietici e divenendo un eroe nazionale.
Con von Braun lavorò allo sviluppo dei razzi anche Ernst Stuhlinger, grande matematico, che fu estremamente importante nel calcolo delle traiettorie per la rotta dei razzi Saturn. Fu tra i primi a ipotizzare la possibilità di raggiungere Marte in tempi relativamente brevi. Nel team dei tedeschi che lavorarono per la Nasa figurava anche Arthur Rudolph, che sarà uno dei principali specialisti nei motori del Saturn. L’ingegnere tedesco si occupò in particolare del funzionamento del primo stadio del razzo che conquistò la Luna, un compito fondamentale per un corretto decollo dalla rampa di lancio. Rudolph era fortemente compromesso con il Terzo Reich in quanto membro prima del partito nazista e quindi delle SS. Nel 1984 decise di lasciare gli Stati Uniti dopo che nei primi anni ’80 iniziarono una serie di azioni giudiziarie contro quegli scienziati che più si erano esposti nella responsabilità dell’Olocausto. Morirà in Germania nel 1996.
Tra gli ingegneri, fisici e matematici trasferiti con l’operazione Paperclip fu anche Walter Häussermann, esperto in sistemi di guida dei razzi V-2. Figura chiave nel team di von Braun, sviluppò negli anni di collaborazione con la NASA gli accelerometri ed i giroscopi che il razzo vettore del programma Apollo utilizzò per fornire i dati di navigazione al computer di bordo.
In totale, l’operazione Paperclip riuscì a trasferire circa 1.600 scienziati tedeschi negli Stati Uniti. In ossequio alla realpolitik seguita alla corsa spaziale, la loro partecipazione diretta o indiretta alle attività belliche della Germania nazista fu superata dall’enfasi che il successo nella conquista della Luna generò a livello mondiale. Un cammino che dagli ultimi sussulti del Terzo Reich, quando le V-2 colpirono Londra per 1.400 volte, portò al primo fondamentale passo verso la conquista dello Spazio.
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