2022-08-14
«Mike è stato un maestro di vita Ma ho rischiato tutto con “Playboy”»
Sabina Ciuffini e Mike Bongiorno (HUM Images/Universal Images Group via Getty Images)
Sabina Ciuffini, la valletta della storica trasmissione Rai: «Bongiorno mi abbordò all’uscita dal liceo a Roma, pensavo volesse corteggiarmi. Invece mi offrì un provino. Un errore le foto sulla rivista. Che fatica il mio unico film».Nella prima puntata di Rischiatutto, il 5 febbraio 1970, viso e minigonna di Sabina Ciuffini conquistarono gli italiani. Trascorso mezzo secolo, il mondo di allora è a stento riconoscibile. Ma il dolce sorriso della valletta di Mike resiste e sa svettare sugli impulsi della malinconia. Forse perché è nata sotto il segno del Leone, precisamente il 4 agosto 1950 a San Juan, in Argentina, da genitori italiani. Pur nell’atmosfera di spaesamento e disincanto di oggi, la fermano per strada, per un autografo e un complimento, giacché essa resta un simbolo di quell’Italia rimpianta, quando la tivù, con le sue figure, faceva sperare che il popolo della penisola fosse un’unica, grande famiglia.Roma le manca? «Vivo a Milano da tanto, ma Roma è la mia città. La mia famiglia, purtroppo, non c’è più. Li ho persi tutti. Lì ho amici, anche se è difficile localizzarli. Ricordo il Piper, le passeggiate attorno a Roma. Poi Mike mi ha portato a Milano. Arrivai nel 1970, era speciale in quel periodo, piena di artisti. Con la mia solita fortuna, capitò che due concorrenti di Rischiatutto, i fratelli Maroni, mi fecero acquistare un albergo in una zona un po’ malfamata, a Brera. Avevo un fidanzato appassionato di cucina milanese e dà lì nacque l’Antica locanda Solferino, così non ho mai avuto il tempo di andare per forza in televisione. Ho anche prodotto un cortometraggio, storia di bambini jugoslavi…».Qual è stata la professione di suo padre? «Dopo un grande matrimonio, sono scappati a Buenos Aires, e in Argentina siamo nate io e mia sorella. Faceva l’architetto e lì si occupò di case anti-terremoto. Poi tornammo in Italia, avevo tre anni. Divenne un grosso produttore pubblicitario, con Luciano Emmer… Conobbi tanti personaggi di Carosello… Virna Lisi…».Il fatto che Mike l’abbia scovata all’uscita dal liceo classico «Giulio Cesare» a Roma è storia. Ma l’esatto fotogramma di quell’incontro? «Scendevo dalle scale con i libri di latino. Avevo minigonna e cappotto lungo. Mi fermò, ma subito non lo riconobbi, perché mio padre era un intellettuale e la tivù si guardava poco. Pensai che volesse farmi la corte. Ma lui mi disse: “Cos’ha capito? Signorina, le sto offrendo uno stipendio!”. Avevo 17 anni e mezzo».E al provino che successe? «Eravamo in cinque. Io pensavo scegliessero un’altra, molto formosa, bella. Mike me lo raccontò dopo. La minigonna andava bene con un corpo un po’ più esile, provocante. Quindi Mike e Voglino dissero: “Prendiamo questa che sorride”».Colore della minigonna? «Era un miniabito bianco e nero. Modello “Optical”».Come reagì suo padre alla notizia? «Il contratto lo firmò mia madre, perché ero ancora minorenne. Mio padre era piuttosto severo, di sera non potevo uscire. Ci diceva: “Fin che non avrete uno stipendio qui comando io”. Poi intuì il valore dell’occasione e mi lasciò andare a Milano per il programma».Alla prima puntata di Rischiatutto, Mike le chiese cosa faceva. «Sono studentessa di lettere e filosofia» rispose. Vista la sua immediata celebrità, che accadeva quando si recava alla Sapienza? «Al Teatro delle Vittorie fu uno tsunami. Non capii subito, me ne resi conto quando presi l’autobus. Certe cose non potevo più farle. All’università, quando andai a fare l’esame di sociologia, fui seguita da una schiera di studenti affettuosi che gridavano: “Viva i pensieri di Mike Bongiorno” anziché quelli di Mao Tse-Tung. Non ero interessata alla “famosità”. Quelli erano tempi di contrapposizioni e violenza, ma l’affetto nei miei confronti non è mai mancato. Ancor oggi lo condivido con l’immaginario degli italiani. Com’era bello, allora…».E adesso com’è? «Negli anni ho capito che sono stata testimone di un cambiamento dello spirito del tempo. Anche all’interno della Rai, per la quale ho rispetto e gratitudine, la trasformazione non è stata del tutto positiva. Mi dicevano di curare la dizione, dovevamo avere rispetto del pubblico. Il primo e secondo in bianco e nero erano quasi poetici rispetto a oggi. Poi Mike mi disse, cioè mi fece credere, che si sarebbero venduti milioni di tivù a colori e avremmo aiutato gli operai».Umberto Eco, in La fenomenologia di Mike Bongiorno, gli diede del mediocre, del piccolo borghese, del semplice, del paternalista… «Mike era molto intelligente e onesto e gli sarò affezionata per sempre. Quando uscì l’articolo di Eco, nello studio c’era imbarazzo ma in camerino mi disse: “Abbiamo fatto il botto”. Sapeva che quei rimproveri avrebbero attirato l’interesse del pubblico. La sua tecnica era quella di farsi sottostimare. Mi diceva: «Guarda Sabina, ci sono io, c’è il concorrente, e in mezzo ci sei tu: il pubblico guarda solo te”. M’insegnò la controscena, a fare da spalla».Poi lo seguì agli esordi delle tivù private.«Appena è nata la tivù commerciale hanno innescato un cortocircuito nella mente delle giovani italiane. Bisognava essere competitive, senza scrupoli, con un interesse categorico a prevalere. Dopo un anno a Tele Milano mi disse: “Meglio che lasci stare”».Nel maggio 1974 fu in copertina su Playboy.«Con Pascuttini (fotografo di Playboy dell’epoca, ndr) non giravo nuda e nella fotografia si vede solo la schiena. Gli americani minacciarono il giovane Paolo Mosca, direttore, di licenziamento, perché non ero nuda. Mike andò su tutte le furie e ci rimasi di merda. Le foto erano belle, non si vedeva niente. “Sabina, il problema non è delle foto, ma dell’articolo” disse. C’erano cose per un pubblico voyeur. Me la sono presa da morire. Adesso mi vien da ridere. Bernabei (l’allora presidente Rai, ndr) si seccò da morire. Eravamo all’ultima puntata di Rischiatutto, per questo mi si vede un po’ triste… Ho fatto causa alla rivista… E anche perso… Ma con grande felicità di Paolo Mosca, quel numero di Playboy sbancò il botteghino e non fu licenziato. A me invece tolsero il contratto pubblicitario della Soflan, a Carosello, ma mi scritturarono per quello della Dreher, “la ragazza moderna che beve la birra in costume”».Nel 1976 fece uno strano thriller a sfondo erotico, Oh mia bella matrigna, di Guido Leoni, che a rivederlo, in fondo ha un suo fascino… «L’unico film che ho fatto. Fu un’esperienza molto faticosa. Non ero molto preparata. Infatti poi ho rotto il contratto».Nel 1977, per Tv Sorrisi & Canzoni, intervistò figure notissime e la sua firma fece impennare le vendite.«Al ristorante in via Solferino con Enzo Biagi, che era severo, gli chiesi un suggerimento per intervistare Gianni Agnelli. Prima borbottò, poi mi disse: “Questa è la mia agenda, sto andando in bagno”. In quei cinque minuti copiai il numero del maggiordomo di Agnelli, di Fellini, Andreotti ed Enzo Ferrari. Berlinguer mi mandò una lettera bellissima, che conservo, scrivendomi “il mio Tatò (Antonio Tatò, capo ufficio stampa Pci, ndr) mi dice no”. Agnelli mi chiamò alle 6 del mattino: “Buongiorno signorina, mi dica di Mike”. All’incontro mi aiutò a cercare la biro nella borsetta. Con Andreotti misi un vestito bianco. “Come la vede l’Europa?” chiesi. “Guardi signorina” mi rispose “vedrà che ci saranno enormi difficoltà; alla natura delle nazioni non c’è rimedio”. In redazione sospettavano che qualcuno mi scrivesse gli articoli, ma li scrivevo tutti io».E Fellini? «Andai a Cinecittà con Petrosino (ex fotografo di Tv Sorrisi & Canzoni, ndr). Mi chiese: “È il tuo uomo?”. “Vieni qui”, c’era il suo letto. “Siediti”. E poi: “Ecco, questa è la tua luce giusta, ricordatelo”. Si divertiva, diceva cose pesanti, dissacratorie. Quando arrivava la moglie cambiava completamente e facevano gli spaghetti».Sabina, cosa ricorda dei suoi sogni? «Fino a qualche anno fa non li ricordavo. Ora faccio sogni avventurosi, pieni di voglia di viaggiare, sono sempre in viaggio, ma non in maniera angosciosa. È come entrare in un altro mondo e ho la sensazione che sia vero…».Il suo ex marito era affascinato dal buddismo. Che rapporto ha con il divino? E hai mai pensato di risposarsi? «Non è stato un matrimonio felice. Ero molto innamorata, ma soprattutto volevo dei figli. Non mi sono più risposata, vedo matrimoni infelici… Lui ha dedicato la sua vita al buddismo, che è una filosofia. Ha seguito il Lama Gangchen Tulku. Siamo cattolici, battezzati. Magari non sono praticante, ma entrare in chiesa è bellissimo. Mi hanno aiutato gli insegnamenti di questo Lama. Mio figlio (Iacopo, 40 anni, l’altra figlia è Ilaria, 36, ndr) mi ha detto: “Siamo discepoli di questo grande uomo”. Credo di avere un buon rapporto con il divino».Il percorso del dolore… Sua sorella Virginia… «Era una giornalista. Aveva due anni più di me. La leucemia è apparsa quando aveva circa 42 anni. È morta a 55. Fui felice di poterle donare il mio midollo osseo, compatibile al 99,6% con il suo. Ci sono pochissime probabilità che, anche se hai molti fratelli, uno di essi abbia il midollo compatibile. Il prelievo è un intervento semplice e avviene dalle ossa iliache e non dalla spina dorsale. Virginia doveva morire subito ma così è vissuta altri 15 anni, ha visto la figlia, Eleonora, sposarsi, e nascere il primo nipote, Davide. Basta dare una goccia di sangue e non c’entra l’etnia. Il donatore potrebbe essere in qualsiasi parte del mondo. E si ammalò anche mio fratello, Mario…».Se vuole raccontare… «È stato l’unico in famiglia colpito da una malattia genetica che aggredisce i polmoni, quella di cui morì mio nonno Guglielmo Giannini (scrittore e politico, fondatore del Fronte dell’uomo qualunque, ndr). Mario era un medico, tre bellissimi figli, li ha cresciuti. Si è accorto tardi della malattia. L’unica possibilità era il trapianto di cuore e polmoni. Preferì rifiutare. Aveva 56 anni…».Viene spesso da chiedersi a che serve il dolore.«Non si capisce perché uno si ammala e l’altro no. Il dolore è legato alla condizione umana e con il tempo capisci e sei più consapevole. Ma credo che il più grande dolore sia la guerra e questo è un dolore che non serve proprio a niente».Ora qual è il suo più intenso desiderio? «Vorrei dei nipoti. Me li hanno promessi».
Susanna Tamaro (Getty Images)
Nel periodo gennaio-settembre, il fabbisogno elettrico italiano si è attestato a 233,3 terawattora (TWh), di cui circa il 42,7% è stato coperto da fonti rinnovabili. Tale quota conferma la crescente integrazione delle fonti green nel panorama energetico nazionale, un processo sostenuto dal potenziamento infrastrutturale e dagli avanzamenti tecnologici portati avanti da Terna.
Sul fronte economico, i ricavi del gruppo hanno raggiunto quota 2,88 miliardi di euro, con un incremento dell’8,9% rispetto agli stessi mesi del 2024. L’Ebitda, margine operativo lordo, ha superato i 2 miliardi (+7,1%), mentre l’utile netto si è attestato a 852,7 milioni di euro, in crescita del 4,9%. Risultati, questi, che illustrano non solo un miglioramento operativo, ma anche un’efficiente gestione finanziaria; il tutto, nonostante un lieve aumento degli oneri finanziari netti, transitati da 104,9 a 131,7 milioni di euro.
Elemento di rilievo sono gli investimenti, che hanno superato i 2 miliardi di euro (+22,9% rispetto ai primi nove mesi del 2024, quando il dato era di 1,7 miliardi), un impegno che riflette la volontà di Terna di rafforzare la rete di trasmissione e favorire l’efficienza e la sicurezza del sistema elettrico. Tra i principali progetti infrastrutturali si segnalano il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 3,7 miliardi di euro, il più esteso tra le opere in corso; l’Adriatic Link, elettrodotto sottomarino tra Marche e Abruzzo; e i lavori per la rete elettrica dedicata ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
L’attenzione ai nuovi sistemi di accumulo elettrico ha trovato un momento chiave nell’asta Macse, il Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio, conclusosi con l’assegnazione totale della capacità richiesta, pari a 10 GWh, a prezzi molto più bassi del premio di riserva, un segnale di un mercato in forte crescita e di un interesse marcato verso le soluzioni di accumulo energetico che miglioreranno la sicurezza e contribuiranno alla riduzione della dipendenza da fonti fossili.
Sul piano organizzativo, Terna ha visto una crescita nel personale, con 6.922 dipendenti al 30 settembre (502 in più rispetto a fine 2024), necessari per sostenere la complessità delle attività e l’implementazione del Piano industriale 2024-2028. Inoltre, è stata perfezionata l’acquisizione di Rete 2 S.r.l. da Areti, che rafforza la presenza nella rete ad alta tensione dell’area metropolitana di Roma, ottimizzando l’integrazione e la gestione infrastrutturale.
Sotto il profilo finanziario, l’indebitamento netto è cresciuto a 11,67 miliardi di euro, per sostenere la spinta agli investimenti, ma è ben bilanciato da un patrimonio netto robusto di circa 7,77 miliardi di euro. Il consiglio ha confermato l’acconto sul dividendo 2025 pari a 11,92 centesimi di euro per azione, in linea con la politica di distribuzione che punta a coniugare remunerazione degli azionisti e sostenibilità finanziaria.
Da segnalare anche le iniziative di finanza sostenibile, con l’emissione di un Green Bond europeo da 750 milioni di euro, molto richiesto e con una cedola del 3%, che denuncia la forte attenzione agli investimenti a basso impatto ambientale. Terna ha inoltre sottoscritto accordi finanziari per 1,5 miliardi con istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo a supporto dell’Adriatic Link e altri progetti chiave.
L’innovazione tecnologica rappresenta un altro pilastro della strategia di Terna, con l’apertura dell’hub Terna innovation zone Adriatico ad Ascoli Piceno, dedicato alla collaborazione con startup, università e partner industriali per sviluppare soluzioni avanzate a favore della transizione energetica e della digitalizzazione della rete.
La solidità del piano industriale e la continuità degli investimenti nelle infrastrutture critiche e nelle tecnologie innovative pongono Terna in una posizione di vantaggio nel garantire il sostentamento energetico italiano, supportando la sicurezza, la sostenibilità e l’efficienza del sistema elettrico anche in contesti incerti, con potenziali tensioni commerciali e geopolitiche.
Il 2025 si chiuderà con previsioni di ricavi per oltre 4 miliardi di euro, Ebitda a 2,7 miliardi e utile netto superiore a un miliardo, fra conferme di leadership e rinnovate sfide da affrontare con competenza e visione strategica.
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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