2022-06-14
Le mezze sanzioni dell’Ue fanno bene a Putin
Vladimir Putin (Getty Images)
La Russia è diventata il secondo più grande esportatore di petrolio in India, scavalcando perfino l’Arabia. E ha annullato l’effetto delle ritorsioni europee. A pagare il conto, con il caro benzina, l’inflazione e le Borse a picco, sono però gli italiani.Cattive notizie dall’America: secondo Bloomberg, autorevole agenzia di informazioni finanziarie, la Russia è diventata il secondo più grande esportatore di petrolio in India, scavalcando perfino l’Arabia saudita. Le importazioni da Mosca sono infatti passate da 100.000 barili di greggio al giorno in febbraio a 370.000 in aprile, per arrivare a 870.000 a maggio. E per quanto riguarda giugno, luglio e agosto le stime sono di un ulteriore incremento. In pratica, gli analisti prevedono che entro l’anno New Delhi possa acquistare dalla Russia 60 milioni di barili, a fronte dei 12 dello scorso anno, quintuplicando dunque le importazioni. Del resto, l’India, è il terzo più grande consumatore al mondo di petrolio e l’80 per cento di ciò che consuma è importato. Una pacchia per Putin e compagni, perché gli accordi con Narendra Modi, che non applica le sanzioni varate da Stati Uniti ed Europa e preferisce tenersi le mani libere per fare affari, sono un insperato aiuto, proprio nel momento in cui Bruxelles ha decretato l’embargo di petrolio entro l’anno. Considerando la Cina, che nel 2021 era il primo acquirente di greggio siberiano, e altri Paesi asiatici, le cui importazioni paiono in crescita, si può concludere che Mosca non subirà alcun danno dalla decisione dell’Unione europea di bloccare gli acquisti via nave. Se infatti Putin non venderà il suo oro nero agli europei, si rifarà, come abbiamo sempre immaginato e scritto, con gli asiatici. In compenso noi, grazie alla sciagurata strategia dell’Unione, abbiamo la benzina alle stelle, che ormai, nonostante gli interventi del governo, svetta stabilmente sopra i 2 euro al litro, con inevitabili ricadute sull’inflazione. Infatti, non soltanto ogni automobilista si svena per fare il pieno, ma ogni famiglia è costretta a sobbarcarsi gli aumenti dei costi dei trasporti delle materie prime comprate al supermercato. Risultato, la spesa degli italiani è destinata a lievitare e probabilmente, se la guerra in Ucraina continuasse e le sanzioni facessero oscillare il pendolo dei commerci verso Est, spingendo la Russia a vendere a India, Cina e così via, potremmo trovarci in ancor più serie difficoltà. Che la strategia occidentale contro la Russia si stia rivelando un fallimento lo dimostrano del resto diversi fattori. Ricordavamo ieri le previsioni farlocche di molti analisti, i quali prevedevano un collasso dell’economia russa in poche settimane dopo l’esclusione delle banche di Putin dal circuito delle transazioni finanziarie. Il rublo avrebbe dovuto precipitare e il sistema di pagamenti avrebbe dovuto essere paralizzato, impedendo a Mosca di onorare i debiti. In realtà, un rapporto diffuso ieri da un centro studi finlandese specializzato in ricerche sull’energia, spiega che la Russia ha guadagnato 98 miliardi di dollari esportando combustibile nei primi 100 giorni di guerra. Vale a dire che a oggi tutti i pacchetti di sanzioni per indurre Putin a fermare l’avanzata dei carrarmati e i bombardamenti delle città ucraine non sono serviti a nulla. Anzi, per ogni giorno di guerra lo zar del Cremlino ha guadagnato un miliardo. Lo studio rivela che i principali importatori di petrolio russo sono stati, nell’ordine, la Cina, (13, 2 miliardi di dollari), la Germania (12,7 miliardi), l’Olanda (8,4 miliardi), l’Italia (8,2 miliardi), la Turchia (7 miliardi), la Polonia (4,6 miliardi), la Francia (4,5 miliardi) e l’India (3,6 miliardi). La notizia più interessante, tuttavia, è quella che riguarda Parigi, le cui aziende, nonostante la guerra e le sanzioni, avrebbe incrementato le importazioni, divenendo il più importante acquirente di gas liquido.Siete sorpresi? Noi per niente. Fin dall’inizio avevamo immaginato che le cose sarebbero andate in questo modo. Infatti, conoscendo come gira il mondo, pensavamo che alle dichiarazioni di principio e alle manifestazioni di solidarietà con il popolo ucraino non sarebbero seguiti atti concreti. Dopo le enunciazioni e le condanne, tutto sarebbero continuato come prima, anzi, peggio di prima, perché qualche Paese (vedi India e Cina ma forse anche altri) avrebbe approfittato del conflitto per fare affari, ottenendo condizioni migliori. In effetti, questo è ciò che sta succedendo. La Russia non sta crollando sotto il peso delle sanzioni ma sta lentamente avanzando in Ucraina. Noi di contro abbiamo un’economia che sta lentamente indietreggiando: il Pil si è fermato, l’inflazione è aumentata, portando dietro tassi d’interesse e spread più alti. Ieri ci chiedevamo se esistesse un piano B per risolvere la crisi ucraina. Oggi cominciamo a pensare che si debba studiare un piano F, come fallimento. Perciò, ci rivolgiamo al presidente del Consiglio, chiedendogli di battere un colpo. Nel frattempo, le Borse reagiscono all’aria che tira e battono in ritirata: quasi - 4% per il Nasdaq in una sola giornata. Dire che vedono nero è dir poco.