2024-04-09
Il «Metodo Sasà», tra favori e intimidazioni ai «traditori»: «Quello non deve sgarrare»
Nel riquadro Salvatore Gallo. Sullo sfondo la città di Torino (iStock)
L’esponente del Pd gestiva il consenso elargendo promesse e regali. Ma per chi non seguiva i suoi diktat erano guai: «Se si comporta male, avrà vita difficile».Guai a mettersi di traverso sulla strada elettorale di Salvatore Gallo. Il vecchio socialista transitato nei dem sembrava conoscere bene le leve da utilizzare per piegare chi non seguiva i suoi diktat. Dall’inchiesta sulle infiltrazioni della ’ndrangheta a Torino che hanno acceso i riflettori anche sul controllo del voto emerge l’attività che Gallo avrebbe messo in campo per la campagna elettorale delle amministrative del 2021. E se da un lato dispensava aiutini e piaceri a chi gli prometteva sostegno, dall’altro, emerge dagli atti d’indagine, si imponeva su chi riteneva infedele. Promettendo punizioni o vendette trasversali. Uno di questi è Antonio Briglio, che pur essendosi impegnato, ricostruiscono gli investigatori, a fare la campagna elettorale per la scuderia di Gallo, a un certo punto viene indicato come vicino a un altro candidato, Pietro Tuttolomondo, un sindacalista della Cgil e commissario all’Ordine degli infermieri, espressione di un’altra corrente politica. Quando a telefono un interlocutore mette Gallo in guarda sulla fedeltà del suo uomo, lui sbotta: «Se non gli sistemavo io la moglie... non la sistemava nessuno dai! Non può sgarrare! Se io mi accorgo... quella...». Briglio, che era stato visto a un’iniziativa elettorale di Tuttolomondo, si è sentito in dovere di fornire una giustificazione: «Ma tu devi stare tranquillo. Io... guarda... siccome lì dentro faccio pure sindacato… quindi tengo i rapporti... bonari... ma so che alla fine siamo noi... eh». E Gallo a quel punto, annotano gli inquirenti, «ribadiva che l’attività sindacale non avrebbe dovuto distoglierlo dalla campagna elettorale per i candidati della loro corrente». E gli ricorda: «Fai anche sindacato... e va bene... dico però la nostra squadra è la nostra squadra... se no... contano poi gli eletti». Ma lo stesso sicofante che ha segnalato a Gallo la possibilità che Briglio stia facendo il doppio gioco sembra conoscere le reazioni del leader della sua corrente. Tant’è che ci tiene a giurargli fedeltà: «Io mi ricordo il discorso che tu mi hai fatto [...] «io ti do il cuore ma non mi devi tradi’ [...]. E sono così anche io eh [...]. Io sono fedele a te... volevo che tu lo sapessi dalla mia bocca». Chi, invece, sembra aver provato sulla sua pelle la pesante reprimenda del capocorrente è un altro candidato: Rocco Zaccuri. Finisce davanti al Tribunale politico di Gallo perché sospettato di aver distribuito dei santini di un candidato non presente nella terna della scuderia. L’accusa: «Senti un po’ Rocco! Ma stai facendo la campagna per Cerrato (Claudio Cerrato, ndr)? Nella tua bocciofila ci sono tutti i bigliettini di Cerrato... scusa!». Zaccuri trova una pezza e gli si rivolge con una certa deferenza, dandogli del voi: «Ma non è che lo porto io... ma non scherziamo! Queste cose non ditelo neanche... io sono una persona seria...». Gallo, però, non soddisfatto, dice ai suoi fidi scudieri «di essersi già mosso per farlo richiamare e per fargli comprendere che se non si fosse attenuto alle sue indicazioni avrebbe avuto “la vita difficile”». La pena per Zaccuri, impiegato della Sitaf (società nella quale Gallo è stato, fino al 2015, procuratore speciale), come ricostruito dalla Verità, sarebbe stata «il licenziamento o comunque gravi ripercussioni sulla sua carriera», a partire dal «demansionamento». E infatti gli investigatori captano queste parole: «Gli ho fatto una di quelle girate ieri sera... ha negato tutto... ma adesso lo faccio chiamare... ho già detto: “Chiamatelo e strigliatelo, perché se si comporta male questo qua deve avere la vita difficile”». Gallo si sfoga: «Ma dopo tutto quello che io mi sono speso per lui... mi dà un po’ proprio fastidio eh... ma guarda che lo mandare via eh... non ci sono dubbi». Qualcosa deve essersi mosso davvero. Zaccuri, raccontano due intercettati, avrebbe avuto una crisi di pianto, apparendo molto turbato: «Si è messo a piangere... ha fatto una tragedia... non ti dico». Gallo avrebbe quindi istruito un suo sgherro «sugli argomenti da contestare a Zaccuri e in particolare», evidenziano gli inquirenti, «lo invitava a ricordargli che doveva essergli grato poiché lo aveva aiutato a conservare il proprio posto nella Sitalfa».Dopo quelle che gli inquirenti definiscono «minacce» Gallo raccoglie le impressioni con una donna che ha parlato con Zaccuri e che gli riferisce il contenuto del colloquio: «Adesso Salvatore (Gallo, ndr) mi sta facendo problemi... io devo avere rogne sul lavoro... io smetto... esco dalla campagna... non mi candido... smetto di fare campagna elettorale». Il sistema Gallo, però, viaggiava anche su un altro binario, quello della filiera. A Francesco Anello, col quale condivide un’imputazione per voto di scambio e al quale Gallo avrebbe garantito una visita specialistica con un ortopedico, «con la prospettiva di essere operato entro dieci giorni», ingiungendogli in cambio «di procurare almeno 50 voti di preferenza» per una delle sue candidate, dice: «Senti, allora... ’sta campagna elettorale... qualche telefonata la puoi fare? Sì? Anche se sei sulla sedia a rotelle...». L’atteggiamento di Gallo appare quello di un ras. Come quando sembra imporre uno sconto sui pasti che ha consumato in trattoria tra il 2019 e il 2020, compreso quello natalizio. «La cifra indicata dal fornitore, che comunque riferiva di accontentarsi di avere 1.700 euro, non trova Gallo d’accordo. Ne scaturiva un confronto, nel corso del quale Gallo precisa più volte di non avere interesse a vedere il dettaglio dei pasti». Alla fine la fattura non la paga Gallo ma la Sitalfa, società nella quale, tramite Roberto Fantini, finito ai domiciliari con un’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, il politico esercitava una certa influenza. Proprio come nella Sitaf, tramite la quale riusciva a dispensare agli amici le tessere per il passaggio gratuito ai varchi autostradali. E sempre a telefono annunciava i cadeau: «Vai a Bardonecchia? Allora fra un mesetto ti faccio un regalo... poi vedrai». A volte, invece, le tessere gli venivano richieste: «Ma secondo te quest’anno riusciamo ad avere la tessera lo stesso?». Poi Gallo se le procurava: «Mandamele domani mattina... ne ho bisogno... mandamene tre o quattro domani mattina, allora.. Sono tre o quattro persone a cui non posso dire di no». La finalità, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, era sempre elettorale. Gallo dice a uno dei fortunati che gli consegnerà la tessera: «Passi un attimo... cinque minuti... ci guardiamo negli occhi... e ti do la tesserina». E questa è la risposta: «Senti, se c’è da fare qualcosa per la campagna elettorale...». Do ut des. Il metodo Gallo.
Roberto Cingolani, ad e direttore generale di Leonardo (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 20 novembre 2025. Con la nostra Flaminia Camilletti riflettiamo sul fatto che Francesco Saverio Garofani dovrebbe dimettersi dopo lo scandalo del Quirinale.
Il caso Garofani non si sgonfia, anzi esplode. Belpietro ricostruisce come la notizia sia stata verificata e confermata dallo stesso consigliere del Quirinale, mentre parte della stampa tenta di minimizzare e attaccare chi l’ha pubblicata. Padellaro, da sinistra, lo riconosce: è una notizia vera e grave. E allora la domanda resta una: com’è possibile che un uomo così vicino al Colle parli apertamente di scossoni politici e listoni anti-Meloni?
La sede olandese di Nexperia (Getty Images)