
Nel braccio di ferro con la Francia, per influenzare le decisioni internazionali, il nostro peso è fondamentale. A cominciare dalla guerra dei dazi lanciata da Donald Trump.Angela Merkel sta lanciando messaggi collaborativi al nuovo governo italiano con intensità inusuale. Va ricordato che Emmanuel Macron l'aveva anticipata telefonando a Giuseppe Conte quando era solo premier incaricato. I segnali indicano che Francia e Germania sono in competizione per ottenere l'alleanza dell'Italia allo scopo di influenzare l'Ue in base ai loro interessi nazionali sempre più divergenti. Quale potrebbe essere la strategia italiana di maggior vantaggio in questa situazione?Il tema contingente più delicato riguarda la reazione europea ai dazi imposti dall'America il 1° giugno sulle importazioni di alluminio e acciaio. La Francia preme per una ritorsione, cioè rispondere con più dazi sulle importazioni statunitensi. La Germania, pur a parole mostrandosi indignata, sta cercando in modi riservati una convergenza con Donald Trump per evitare una guerra commerciale e sta rallentando la decisione della Commissione Ue - a cui le nazioni hanno delegato la materia del commercio estero - di «controdaziare» l'America. La diversità delle posizioni francesi tedesche dipende da differenze sul piano della «grande strategia». Parigi vuole un'Ue come terza forza mondiale con capacità nucleari e politiche autonome in grado di trattare alla pari con America e Cina, scegliendo tra i due, e la Russia, in base alle convenienze, mentre Berlino vuole un'Ue anche come terza forza, ma neutrale e mercantilista. L'America non vuole né l'Europa autonoma sotto ombrello nucleare francese, per non lasciarle la facoltà di disallinearsi dagli interessi statunitensi, come sta avvenendo sulla questione iraniana, né un'Ue neutrale a conduzione tedesca ricattabile dalla Russia, che fornisce alla Germania circa l'80%, in prospettiva, del suo fabbisogno energetico. E qualora una di queste varianti della Ue come terza forza mondiale prendesse piede, allora l'America avrebbe l'interesse di spaccarla per ottenere un presidio diretto dell'Eurasia occidentale, favorito dall'effetto di indebolimento delle nazioni a seguito della disintegrazione europea e dal sostegno del Regno Unito e degli europei nordici e orientali a tale azione. Si tratta di un piano B per Washington, mentre quello A resta la riconduzione dell'Ue nella convergenza atlantica, dove l'Italia è rilevante per ambedue le opzioni, motivo dei segnali amichevoli lanciati da Trump e Mike Pompeo al nuovo governo. Come dovrebbe il governo italiano trasformare in vantaggio l'aumentata rilevanza passiva dell'Italia? Per Roma una guerra commerciale tra Ue e America sarebbe un danno, anche se Trump si limitasse, per controritorsione, a mettere dazi solo sulle auto tedesche, perché gran parte delle loro componenti sono costruite da aziende italiane. Inoltre, sul piano della grande strategia prospettica, aumenterebbe la distanza tra Ue ed America e ciò renderebbe difficile una riconvergenza futura e molto probabilmente causerebbe la fine della Nato, la cui continuità è un interesse vitale dell'Italia, perché l'eventuale trasferimento della protezione nucleare statunitense a quella francese implicherebbe la sottomissione finale di Roma a Parigi. In sintesi, l'Italia dovrebbe allearsi temporaneamente con la Germania per calmare le tensioni euroamericane. Washington comunque vuole limitare il potere tedesco, qui in linea con la Francia e anche interessante per l'Italia. Roma ha la possibilità di mediare tra Washington e Berlino, anche per l'interesse ad evitare una destabilizzazione del suo principale partner industriale-commerciale, in cambio di facilitazioni nell'eurozona. Merkel, infatti, ha annunciato un piano di investimenti europei a favore dell'Italia. Ma Roma dovrebbe stare attenta: all'Italia non servono (solo) investimenti europei, ma una modifica di alcune regole europee per scatenare i propri di volume potenziale molto maggiore. Per Roma il vantaggio di poter mediare dipende dal sostegno dell'America. Per tale motivo il governo, oltre che depurarsi da influenze francesi, dovrebbe esplicitare una linea di fortissima convergenza euroamericana e pro Nato in contrasto con le idee terzaforziste di Parigi e Berlino. In particolare, dovrebbe opporsi a ritorsioni commerciali contro l'America e appoggiare l'azione statunitense-israeliana-saudita contro l'Iran. Al riguardo di come conciliare le buone relazioni tra Roma e Mosca e quelle con Washington bisognerà necessariamente aspettare il bilaterale Trump-Putin, probabilmente, a fine anno.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
L’eurodeputata del Rassemblement National: «Il presidente non scioglie il Parlamento per non mostrare la sua debolezza ai partner europei. I sondaggi ci danno al 33%, invitiamo tutti i Repubblicani a unirsi a noi».
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)
- Individuata dagli Usa una base sotterranea finora ignota, con missili intercontinentali lanciabili in tempi ultra rapidi: un duro colpo alla deterrenza del resto del mondo. La «lezione» iraniana: puntare sui bunker.
- Il regime vuole entrare nella ristretta élite di Paesi con un sistema di sorveglianza orbitale. Obiettivo: spiare i nemici e migliorare la precisione delle proprie armi.
- Pyongyang dispone già di 30-50 testate nucleari operative e arriverà a quota 300 entro il 2035. Se fosse attaccata, per reazione potrebbe distruggere Seul all’istante.