2021-10-12
Mentre pensano ai fan del Ventennio mezza Italia rischia di andare in tilt
Venerdì scatta il super lasciapassare: si temono penuria d'agenti e badanti, interruzioni a trasporti e logistica, blocco delle fabbriche, farmacie ingolfate da chi fa i test Covid. Per la politica, però, la priorità è «l'onda nera»Mario Draghi vede Maurizio Landini (che lo saluta col pugno chiuso): «Siete presidio di democrazia». Matteo Salvini e Giorgia Meloni punzecchiano il Pd: «Manifestiamo tutti insieme, ma dopo le elezioni»Lo speciale contiene due articoliEsiste un caos conclamato, plateale nella sua violenza, provocato da un manipolo di antropoidi (peraltro ben noti da tempo alle forze dell'ordine) che si infiltrano in piazza nelle manifestazioni, screditandone l'afflato democratico e partecipativo. Ed esiste un caos più discreto, indotto da norme cervellotiche e talvolta contraddittorie, che può bloccare per mesi un intero Paese, infliggendo un colpo mortale alle attività produttive ed economiche, cancellando intere categorie di lavoratori e gettando nella disperazione famiglie che non sanno come provvedere ai bisogni dei meno tutelati. E così, mentre la politica si arrovella su come contenere una banda di violenti per i quali sarebbero sufficienti pene esemplari, visto che sono già nelle mani della giustizia, il Paese reale si trova sulla soglia di un enorme bug, al cui cospetto quello paventato e mai avvenuto di inizio secolo risulterebbe una quisquilia. Tali e tanti sono infatti i punti di sofferenza delle nuove norme sulla certificazione verde e la sua estensione a lavoratori pubblici e privati, che uno shutdown di fatto della nazione sembra una prospettiva molto concreta, con rischi non solo per l'economia, ma - come vedremo - per lo stesso approvvigionamento di beni e servizi essenziali. Negli ultimi giorni le denunce di un rischio paralisi da parte degli addetti ai lavori si sono moltiplicate, coinvolgendo anche voci autorevoli dell'imprenditoria e del sindacato. Nonostante ciò, dal governo non è giunto il benché minimo segnale di apertura a qualsiasi ipotesi di revisione delle norme, che dunque venerdì prossimo caleranno sugli italiani come una mannaia.Una delle conseguenze più immediate dell'obbligo generalizzato potrebbe anche essere quella più paradossale: si sta parlando molto di sicurezza nelle ultime ore, dopo i deprecabili fatti di sabato scorso e dell'assalto alla Cgil. Ebbene, con l'obbligo di green pass per le forze dell'ordine, a risultare indebolito potrebbe essere il controllo del territorio da parte di polizia e carabinieri, visto che al problema di organici cronicamente sottodimensionati si aggiungerà quello di qualche migliaio di poliziotti privi di lasciapassare, ai quali potrebbe scadere il green pass nel corso di un servizio di pattugliamento. Eventuali difficoltà nel provvedere ai tamponi, se non bastasse, impedirebbero di proteggere i cittadini nelle zone più a rischio. Lo stesso ovviamente vale per i carabinieri e le altre forze armate, e la cosa non ha mancato di essere stata segnalata dai sindacati di categoria come Unarma.Altro versante dove si sta giocando col fuoco è quello della logistica e dei trasporti di merci: secondo una stima (peraltro in difetto) fatta da operatori del settore, con l'entrata in vigore dell'obbligo di green pass si rischia il blocco di 80.000 camion. Non è difficile immaginare i riflessi che ciò potrebbe avere sulla grande distribuzione e sulla consegna di generi di prima necessità, come alimentari e medicinali. Il rischio paralisi, in questo caso, sarebbe determinato dall'allungamento dei tempi di attesa dovuto ai controlli, che si ripercuoterebbe poi su tutta la filiera, lasciando infine sguarniti i negozi e i mercati. Restando su questioni particolarmente concrete, un aspetto con implicazioni potenzialmente esplosive sul tessuto sociale è quello relativo a badanti, colf e baby sitter, figure indispensabili per soggetti deboli come anziani, malati e bambini. In particolare, per le badanti c'è il non trascurabile problema di circa un milione di persone non ancora vaccinate o che sono state vaccinate nei Paesi dell'Est con vaccini non riconosciuti dall'Ema. Secondo le nuove norme, queste - al pari di colf e baby sitter - dovrebbero essere sollevate dal proprio incarico qualora non regolarizzassero la propria posizione, il che è tutt'altro che agevole, data la mole di tamponi che stanno per piombare sulle farmacie nei giorni a venire. In tutto questo, infatti, i farmacisti hanno indicato invano la bomba a orologeria rappresentata dalle decine di milioni di richieste di tamponi che verosimilmente arriveranno, con il rischio di paralizzare anche le attività ordinarie, come la vendita dei medicinali (sempre che questi riescano ad arrivare). Sempre secondo stime in difetto, se solo 7 milioni degli oltre 8 di cittadini non vaccinati facessero un test ogni 48 ore, il sistema collasserebbe, non essendo materialmente possibile fare in una manciata di giorni ciò che è stato fatto finora dall'inizio della pandemia.Un problema, questo, che riguarda anche le fabbriche. Dopo il braccio di ferro con governo e sindacati sulle modalità e gli oneri per far fare i tamponi a chi non vuole vaccinarsi, uno sguardo più approfondito alle cifre in ballo ha fatto fare marcia indietro a più di un esponente degli imprenditori sul sostegno all'obbligo di green pass. Nei grandi stabilimenti, uno dei problemi maggiori è dato dalla macchinosità dei controlli, che per motivi di privacy dovranno ripartire ogni volta da capo, comportando la paralisi della produzione. È ciò che ha denunciato, tra gli altri, l'amministratore delegato delle Acciaierie di Terni (Ast), Massimiliano Burelli, segnalando che la produzione a ciclo continuo potrebbe essere bloccata. E ieri, l'ex Ilva ha fatto sapere che, su un organico di 8.200 dipendenti, circa 1.600 lavoratori non hanno il pass.A rischio paralisi anche il comparto del trasporto marittimo, che si affianca a quello su gomma nei cahiers de doléances: qui saranno tra 15 e 20.000 i marittimi che non potranno più portare le merci in Italia o operare su imbarcazioni italiane, in quanto provenienti da paesi in cui il vaccino cui si sono sottoposti non è riconosciuto in Ue. Stesso problema visto per la badanti, e stesso problema incombente per i numerosissimi lavoratori agricoli provenienti da paesi extracomunitari. Uno scenario inquietante, di fronte al quale - nel malaugurato caso si traducesse in realtà - il governo non potrebbe appellarsi ad alcun alibi, visti i numerosi e reiterati allarmi in questo senso che gli sono stati rivolti. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mentre-pensano-ai-fan-del-ventennio-mezza-italia-rischia-di-andare-in-tilt-2655273439.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-cgil-in-piazza-a-24-ore-dal-voto" data-post-id="2655273439" data-published-at="1633978251" data-use-pagination="False"> La Cgil in piazza a 24 ore dal voto Il premier Mario Draghi ha fatto visita ieri mattina alla sede romana della Cgil, devastata sabato dai manifestanti anti green pass. Un saluto a pugno chiuso e poi un abbraccio caloroso: così il presidente del Consiglio è stato accolto dal segretario generale del sindacato, Maurizio Landini, che ha inaugurato con l'ospite più illustre la settimana di solidarietà dopo «l'assalto squadrista». Una settimana che culminerà sabato, vigilia dei ballottaggi, con una grande manifestazione. «Una visita non scontata», ha sottolineato il leader sindacale che ieri ha incassato anche la condanna di Confindustria contro le violenze. Draghi ha portato la solidarietà di tutto il governo e delle istituzioni. Palazzo Chigi ha commentato così l'incontro: «Sindacati presidio di democrazia e dei diritti dei lavoratori; nessuna tolleranza contro intimidazioni ed episodi di violenza». «Ho fatto presente al presidente», ha poi spiegato Landini, «che sabato avanzeremo la richiesta di scioglimento delle forze che si richiamano al fascismo, come prevede la Costituzione. Un provvedimento che consideriamo necessario e sul quale Draghi ha detto che ne discuteranno nei prossimi giorni. Per noi è una delle ragioni della manifestazione». È quello che Landini cercava e non aveva ancora ottenuto: l'avallo istituzionale per l'appuntamento di sabato. Il sigillo di Palazzo Chigi a una manifestazione sindacale che ha uno scopo unicamente politico, con tanti saluti al silenzio elettorale che la legge ancora imporrebbe. L'obiettivo di sabato è uno solo: chiedere di mettere al bando «le forze che si richiamano al fascismo», come dice il segretario della Cgil. In prima battuta Forza Nuova e Casapound, ma l'obiettivo finale è colpire Fratelli d'Italia e ultimamente il centrodestra. Il giorno individuato per la manifestazione di protesta «democratica» non è affatto casuale ed è teso anche a influenzare la volontà popolare, in primo luogo nella capitale. Matteo Salvini, segretario della Lega, scopre il gioco: «Scendiamo in piazza tutti insieme», ha detto, «un giorno dopo il voto e non un giorno prima, con il tricolore e senza altre bandiere (rosse), per condannare e isolare tutti i violenti, di ogni parte e colore. Il Pd accoglie questa proposta unitaria, o preferisce fare solo campagna elettorale?». E Giorgia Meloni chiede ai dem di «accogliere la nostra proposta di una manifestazione comune, magari non nel giorno del silenzio elettorale». Che la scelta della Cgil sia provocatoria lo prova che tutti i capi partito sono stati invitati a intervenire alla manifestazione. In realtà, dietro ai proclami che spingono alle «condanne unanimi», si nasconde il trappolone per Meloni e il centrodestra: se ci vanno, si prendono bordate di fischi alla vigilia del voto; se disertano, si prendono dei fascisti. Per completare la giornata, il sito Web della Cgil è stato ieri hackerato e reso irraggiungibile per parecchie ore. Di chi la colpa? Naturalmente di pirati neofascisti: «Gli attacchi informatici», si legge in una nota del sindacato rosso, «sono senza volto. Ma in questo caso la firma in calce è così evidente che chiunque potrà intuirne la matrice».