2019-06-28
Mentre parliamo di Sea Watch, in Libia avanzano i Fratelli musulmani
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Mentre Sinistra italiana, con Liberi e uguali e +Europa, tutti immersi nella questione della Sea Watch, chiede di non autorizzare la «missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica», in pratica di stracciare gli accordi con il governo di Tripoli, l’Italia rischia ancora una volta di rimanere fuori dal futuro della Libia.In nome dell’equidistanza, il governo di Roma aveva scelto di non prendere posizione dopo l’offensiva del generale Khalifa Haftar, deciso a conquistare la capitale libica e cacciare gli «estremisti», cioè i Fratelli musulmani, che reggono l’esecutivo di Fayez Al Serraj. Dal l’Italia ha iniziato a prendere le distanze, sempre nell’ottica di essere super partes. Ma ora che l’avanzata delle forze di Bengasi si è arrestata, per il nostro Paese il rischio è quello di rimanere escluso dal futuro della Libia, strategica per energia e controllo dei flussi dei migranti.Le forze del Governo di accordo nazionale hanno infatti annunciato la riconquista della città strategica di Gharian, a Sud di Tripoli, che rappresentava la principale base di rifornimento delle forze di Khalifa Haftar negli sforzi verso la capitale. A Gharian gli uomini del generale facevano arrivare dall’Est truppe, armi e munizioni. E sempre lì hanno sede alcuni ospedali da campo e una base di elicotteri. Si tratta della prima pesante perdita per l’Esercito nazionale libico, che rischia nei prossimi giorni di dover fare fronte anche a una controffensiva. Per queste ragioni Haftar ha promesso ulteriori sforzi per riconquistare la città: non controllare più Gharian lascerebbe isolate le forze presenti a Tarhouna, a Sud Est della capitale.Il governo di Tripoli ha spiegato che il controllo di Gharian rappresenta «l’inizio delle promesse per contrastare un tentato colpo di Stato volto a prendere il potere, riportando il nostro Paese al dominio di un individuo e di una famiglia e abortendo le speranze dei libici per la costruzione di uno Stato democratico civile». Nella sua dichiarazione, il governo libico ha anche osservato che «sono state prese le misure» per stabilire sicurezza e proteggere le proprietà private e pubbliche di Gharian.Lo stesso Al Serraj teme il contrattacco di Haftar su Gharian. Tanto che ha lanciato un appello alla collaborazione rivolto ai residenti della città, dopo mesi di occupazione da parte dei militari fedeli a Bengasi. In un comunicato, il governo ha chiesto ai residenti di «collaborare con le forze di sicurezza» e ha aggiunto: «Siamo passati dalla fase di difesa di Tripoli a un’offensiva che ha l’obiettivo di espellere gli aggressori». Al Serraj si è poi complimentato con le sue forze in quanto «la liberazione di Gharian è solo l’inizio di un'operazione che porterà al fallimento del tentativo di golpe subito». Il portavoce delle forze del Gna, Mohamed Qanunu, ha rincarato la dose spiegando che le operazioni militari proseguiranno «fino a raggiungere la città di Bengasi».Che l’operazione di Haftar su Tripoli sia fallita lo testimoniano vari sviluppi. La Francia, per via tunisina, ha riallacciato i rapporti con Tripoli. La Russia ha scaricato il generale sperando nel ritorno in patria di Saif Al Islam Gheddafi, secondogenito dell’ex rais. Gli Stati Uniti hanno derubricato la questione libica. Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, preoccupati dal rischio di rimanere coinvolti in una lunga guerra per procura come sta accadendo in Yemen, hanno raffreddato i rapporti con Haftar. È stato il ministro degli Esteri emiratino, Anwar Mohammed Gargash, a illustrare la situazione all’Italia nella sua visita a Roma a inizio settimana. Ha detto apertamente che «in Libia dobbiamo tornare al processo politico». Quindi, la via militare è fallita.In Libia si è aperta una nuova fase. Di cui l’unico a interessarsi in Italia è il vicepremier e ministro dell'Interno italiano Matteo Salvini, che negli scorsi giorni ha incontrato il suo omologo libico Fathi Bashaga, considerato in questo momento il vero uomo di potere a Tripoli. I due hanno parlato di migrazioni ma anche del conflitto, con il leader leghista continua, come fa da quando si è insediato al Viminale, a chiedere al premier Giuseppe Conte maggiori sforzi a sostegno del forze di Al Serraj.Con i rivali che si stanno riposizionando, l’Italia rischia di rimanere tagliata fuori dalla Libia. Come spiega una nuova indagine di Friends of Europe dal titolo Molto agitato, l’Italia e la sicurezza mediterranea, «l’azione francese in Libia nell’ultimo decennio si è rivelata un grande fattore di instabilità che ha condotto a un aumento delle migrazioni». E ancora: «l’incapacità di pianificare e implementare misure per stabilizzare il Paese dopo la sua caduta è stato un errore simile a quello compiuto dagli Stati Uniti dopo aver deposto Saddam Hussein in Iraq. L’Italia è una vittima collaterale di questa politica francese e ha buone ragioni per essere arrabbiata». Una rabbia motivati che però in questi anni ha fatto prendere abbagli a Roma, fino ad allontanarsi dal suo alleato storico proprio nel momento a lui favorevole.