2022-05-27
Mentre Kiev dà della lumaca all’Ue il Mar d’Azov è tutto in mano ai russi
Per stessa ammissione ucraina, Mosca controlla una via d’acqua logisticamente cruciale e avanza in Donbass. Il governo ucraino: «Riconquisteremo i confini pre invasione». Ma continua a lamentarsi dei ritardi sulle armi.«Il Mar d’Azov è perduto per sempre per l’Ucraina. I porti delle regioni di Zaporizhzhia e Kherson non saranno mai più ucraini». Così si è espresso ieri il vice primo ministro del governo della Crimea, Georgy Muradov. Del resto anche l’intelligence di Kiev ha dichiarato che i russi hanno «il pieno controllo del Mar d’Azov». A meno di clamorose smentite, si tratta di un risultato significativo per le forze di Mosca. Non è del resto un mistero che, al netto delle difficoltà militari incontrate nel corso dell’invasione, il Cremlino puntasse a rendere il Mar d’Azov un lago russo: un fattore, questo, con cui Mosca spera di conseguire vari obiettivi. Innanzitutto il controllo dell’area le consentirebbe di occupare una lingua di terra in grado di collegare la Crimea al Donbass. In secondo luogo, Vladimir Putin spera, con questa conquista, di infliggere un duro colpo all’economia ucraina. In terzo luogo, quanto sta accadendo presenta risvolti anche sul piano internazionale. Come sottolineato dalla Bbc, la città portuale di Mariupol è un hub di esportazione chiave per l’acciaio, il carbone e il mais ucraini destinati ad aree come il Medio Oriente. Non solo. La crisi alimentare in corso è (almeno in parte) dovuta al blocco delle imbarcazioni cariche di grano proprio nel Mar d’Azov. Il controllo totale di quest’area consente quindi potenzialmente alla Russia di manovrare le leve del rifornimento cerealicolo (al netto delle aperture possibili dopo la telefonata di ieri sera tra Putin e Draghi di cui leggete nella pagina a fianco), con impatti preoccupanti su aree come lo scacchiere mediorientale e alcune parti del continente africano: si tratta di uno scenario inquietante per l’Occidente, visto che il Cremlino potrebbe far ricorso proprio a questa leva per orchestrare delle crisi migratorie con l’obiettivo di mettere sotto pressione l’Unione europea (da questo punto di vista, basta ricordare quanto avvenuto lo scorso novembre, quando -in combutta con la Bielorussia di Alexander Lukashenko - Putin fece ricorso ai migranti come strumento di pressione sulle frontiere polacche). Infine, la leva alimentare può essere usata dal Cremlino anche per aumentare la propria influenza politica sul Medio Oriente, in un momento storico in cui vari Paesi occidentali stanno cercando di guardare a quell’area per rafforzare il proprio approvvigionamento energetico. In tutto questo, la situazione potrebbe addirittura peggiorare, qualora Putin puntasse militarmente su Odessa: al di là dell’ormai ben nota questione della Transnistria, se ipoteticamente riuscisse a prendere il controllo dell’intera costa ucraina, il leader russo acquisirebbe infatti una leva geopolitica micidiale sul piano alimentare, incrementando significativamente l’instabilità nel Mediterraneo. Prosegue nel frattempo l’offensiva russa nel Donbass. Il generale ucraino, Oleksiy Gromov, ha ammesso che le truppe di Mosca stanno riuscendo ad avanzare nella regione orientale di Lugansk. «La Russia è in vantaggio, ma stiamo facendo tutto il possibile», ha dichiarato, per poi aggiungere che le forze russe starebbero trasportando sistemi missilistici Iskander nella regione bielorussa di Brest: un fattore, secondo Gromov, che potrebbe preludere a nuovi lanci di missili contro la parte occidentale dell’Ucraina. Tra l’altro, proprio ieri, Lukashenko ha ordinato la creazione di un nuovo comando militare nel Sud della Bielorussia, nei pressi della frontiera ucraina. Nel frattempo, il viceministro della Difesa di Kiev, Hanna Maliar, ha riferito che i combattimenti a Est hanno raggiunto il «picco d’intensità», prevedendo inoltre una «fase lunga ed estremamente difficile». «L’Ucraina si batterà per la completa liberazione dei suoi territori entro i confini internazionalmente riconosciuti», ha comunque precisato. Le forze armate di Kiev hanno frattanto reso noto che, nella giornata di mercoledì, i russi hanno bombardato numerose città del Donbass. «Gli occupanti hanno bombardato più di 40 città nella regione di Donetsk e Lugansk, distruggendo o danneggiando 47 siti civili, comprese 38 case e una scuola. Come risultato di questo bombardamento, cinque civili sono morti e 12 sono rimasti feriti», si legge in una nota. È alla luce di questa situazione che Volodymyr Zelensky, oltre ad escludere delle cessioni territoriali, ha chiesto nuove armi all’Occidente. «Abbiamo bisogno dell’aiuto dei nostri partner, soprattutto armi per l’Ucraina. Aiuto pieno, senza eccezioni, senza limiti, abbastanza per vincere», ha detto il presidente ucraino. Tra l’altro, su questo fronte non sono mancate polemiche, con l’ambasciatore ucraino in Germania, Andrij Melnyk, che ha postato su Twitter la foto di una lumaca con un proiettile: un evidente riferimento alla lentezza con cui Berlino sta inviando materiale bellico a Kiev. Lo stesso Zelensky ha criticato non meglio precisati Paesi occidentali, accusandoli di «ipocrisia e doppi standard» per aver nutrito «l’irragionevole speranza di poter placare la Russia». L’offensiva di Mosca nel Donbass va d’altronde letta anche in termini economici, vista l’importanza dell’area nel settore chimico e metallurgico. E anche a questo che puntano Mosca e Pechino.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)