2025-04-10
Meloni in missione, ok di Parigi a denti stretti
Giovedì il premier vola da Trump per mettere sul tavolo la questione dazi. Weber (Ppe) applaude: «Roma difende l’interesse dell’Europa». Figuraccia francese: il governo critica («Sbagliato presentarsi divisi»), poi fa retromarcia: «Dialogo benvenuto».Giorgetti: «Calma su guerra commerciale e riarmo». Arriva il reato di agropirateria.Lo speciale contiene due articoli.Manca una settimana alla missione più difficile per Giorgia Meloni dall’inizio del suo mandato. Giovedì 17 aprile il premier volerà a Washington per tentare di far cambiare idea al presidente americano Donald Trump e convincerlo quindi ad annullare il decreto che impone nuovi dazi all’Europa, persuaderlo insomma che il nemico da sconfiggere non sia il Vecchio continente. Che invece piuttosto è, e resterà, il più grande alleato degli Stati Uniti. Tanto più ora che i rapporti con la Cina sono ai ferri cortissimi. Meloni, come annunciato, intende proporre la formula «zero per zero» già lanciata dal presidente della Commissione Ursula von der Leyen e dal suo commissario al commercio Maros Sefcovic. Meloni sul tavolo potrebbe mettere il tema della difesa, impegnando l’Europa ad acquistare armi statunitensi, rompendo però con la Francia che spera di fare delle sue aziende le maggiori fornitrici del riarmo europeo. Altro tema è il Gnl: il presidente americano chiede che l’Europa ne acquisti di più e anche questo potrebbe essere una leva da utilizzare in cambio dell’abolizione dei dazi. Nel frattempo le contromisure europee restano in piedi. Il 15 aprile entrerà in vigore la prima ondata di contro dazi promossa da Bruxelles e votata proprio ieri. Il timing del viaggio sembra quindi adattarsi bene. Intanto continuano febbrili le riunioni a Palazzo Chigi: tre i piani di intervento proposti dal governo: sostegni alle imprese per 25 miliardi di euro, alleggerimento dei vincoli europei e la trattativa con Trump. La trasferta di Meloni la conferisce il ruolo di pontiere, con la benedizione di Bruxelles. Il presidente della commissione europea infatti è e resterà in filo diretto con il premier italiano e dei contenuti del faccia a faccia oltreoceano Meloni informerà anche gli altri leader europei, per agire in piena trasparenza. il presidente del Ppe, Manfred Weber ha detto di accogliere «con favore tutti i tentativi di parlare con Trump. Meloni e Tajani pensano e lavorano nella prospettiva di difendere gli interessi dell’Europa. I leader populisti invece stanno svendendo i nostri interessi di europei».A mettere i bastoni tra le ruote, come prevedibile invece, la solita Francia. «Se cominciamo ad avere discussioni bilaterali, questa dinamica di unità europea che attualmente è presente finirà per spezzarsi» ha detto il ministro dell’Industria francese, Marc Ferracci. «C’è il rischio che giochi da sola», ha spiegato, «è un rischio presente fin dall’inizio, perché sappiamo che Trump ha una strategia abbastanza chiara e semplice: dividere gli europei. Di fronte a questo rischio dobbiamo essere uniti, perché l’Europa è forte solo se è unita». Parole ribadite anche dal ministro per gli Affari europei francese, Benjamin Haddad.«Se si va negli Stati Uniti divisi, si pensa di essere più forti rispetto al farlo tutti e ventisette, con 450 milioni di persone?», commenta aggiungendo una provocazione: «Vedremo cosa Meloni avrà da dire: ci possono essere discussioni, tuttavia è nel nostro interesse collettivo avere una risposta unita e ferma, piuttosto che divisioni». Il fuoco incrociato francese non è piaciuto al governo italiano. Ed è il ministro per gli Affari Europei, il Pnrr e le politiche di coesione Tommaso Foti a ribattere severo: «Vorrei rivolgere una domanda agli amici francesi, così preoccupati per l’incontro Meloni-Trump: come mai quando il presidente Macron si reca a Washington tutto sembra andare bene, mentre quando è la Meloni ad andare, invece no? Rispetto e reciprocità, cari amici francesi. Non ci sono nazioni di serie A e nazioni di serie B». Più tardi è arrivata però una retromarcia francese abbastanza clamorosa: «Non siamo preoccupati, perché tutte le voci che permettono un dialogo con gli Stati Uniti sono le benvenute», ha detto la portavoce del governo francese, Sophie Primas, mettendo una pezza alle dichiarazioni degli altri esponenti dell’esecutivo. «D’altro canto Meloni, attraverso la sua delegazione, lunedì ha indicato che è solidale con l’Ue e che fa parte dell’Ue e questa unità è indispensabile per mostrare la nostra forza agli Stati Uniti». «Nessuna preoccupazione», è la chiosa. Le opposizioni non perdono occasione di attaccare il premier sulla visita a Washington. «Lo stesso giorno in cui Giorgia Meloni annuncia trionfante che sarà ricevuta alla corte di Trump il 17 aprile, il presidente americano insulta con parole irripetibili chi propone un incontro per disinnescare una crisi finanziaria ed economica globale, generata dalla sua politica sui dazi. I sedicenti patrioti abbassano la testa ancora una volta ed espongono imprese e lavoratori a rischi enormi e a un crollo della nostra credibilità internazionale: l’Italia non può fare questa figura», ha detto il segretario dem Elly Schlein. «I baci di Biden in testa alla Meloni li abbiamo già visti quindi niente più scambi di baci. Io spero che Meloni abbia un sussulto di orgoglio a nome di tutta l’Italia, perché sino a qui l’abbiamo vista esibire la bandiera del sovranismo ma poi invece la realtà è della sudditanza rispetto all’Europa e a Washington», è l’accusa del leader del movimento 5 stelle Giuseppe Conte. Mentre il vicepremier Antonio Tajani non ha dubbi: la trattativa di Meloni con Trump sarà condotta «a schiena dritta».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/meloni-francia-2671729835.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-def-dimezza-la-crescita-italiana-ma-i-nostri-conti-restano-in-salute" data-post-id="2671729835" data-published-at="1744230689" data-use-pagination="False"> Il Def dimezza la crescita italiana ma i nostri conti restano in salute Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti lo aveva annunciato: sarà un Def - che da quest’anno, dopo un necessario passaggio normativo, cambia nome in documento di finanza pubblica Dfp - essenzialmente tecnico, quindi senza indicazioni programmatiche data la complessità de momento, e così è stato. Lo ha approvato il Consiglio dei ministri ieri nel tardo pomeriggio fornendo la prima indicazione dell’anno sulla tendenza dei conti pubblici. Che vanno ovviamente al ribasso data la tempesta dei dazi e il permanere della guerra in Ucraina - anche se Giancarlo Giorgetti nella conferenza stampa prende atto con soddisfazione della moratoria di 90 giorni annunciata da Donald Trump sui dazi reciproci - e si allineano alle previsioni già avanzate dalla banca d’Italia. «Sul Pil», ha osservato i ministro della Lega, «abbiamo deciso di adottare stime di crescita che sono allineate a quelle recentemente ridotte di Bankitalia: abbiamo previsto una crescita reale di Pil dello 0,6% nel 2025, 0,8% nel 2026 e 0,8% nel 2027, dimezzando di fatto quella che era la previsione del Piano che era di 1,2». Ma poi commentando il dato ha detto: «Se Trump ci avesse avvertito prima avremmo fornito dei dati che ci consentivano di andare sotto il 3% nel rapporto deficit-Pil uscendo già quest’anno, e incredibilmente si potrebbe dire, in anticipo dalla procedura d’infrazione. È il segno tangibile che la finanza pubblica è stata mantenuta ferma e sui giusti binari». Per quel che riguarda gli altri indicatori Giorgetti - che ha continuato a chiedere calma e freddezza nelle risposte sia sui dazi che anche sul Rearm Europa - ha aggiunto: «Il profilo di finanza pubblica con riferimento all’indebitamento netto si mantiene al 3,3% nel 2025, esattamente come previsto nel piano strutturale di medio termine, al 2,8% nel 2026, scendendo quindi come previsto sotto il 3%, al 2,6% nel 2027». Il debito pubblico invece «è pari al 136,6% nel 2025, al 137,6% nel 2026 e dopo al 137,4% nel 2027, quando finalmente l’effetto di cassa dei crediti del Superbonus tenderà a sgonfiarsi e liberare quindi il debito di questo fattore». Poi Giorgetti ha aggiunto: «Credo che non bisogna neppure inseguire la Borsa, se si giudicano gli andamenti economici dagli atteggiamenti dei mercati si viene meno a quel principio prudenziale di calma nelle analisi a cui io mi rifaccio. Quanto ad una possibile trattativa bilaterale con Trump se ci viene chiesto e c’è la disponibilità si farà, stiamo però attenti a concentrarci troppo sui dazi, ci saranno tra poco interventi sia di finanza internazionale che sulle monete che richiederanno delle analisi ben più approfondite e risposte articolate da Paese a Paese. Quanto alle previsioni di crescita facciamo fatica a farle adesso: abbiamo fatto delle analisi che stanno nel Def, ma la situazione è di reale incertezza. Per quanto riguarda la posizione in Europa cercheremo di avere più tempo di contabilizzazione del Pnrr e di evitare asimmetrie nel ricorso ai fondi pubblici per il Rearm tra i Paesi europei, per il quale continuo a dire ci vuole calma. Anche perché noi possiamo pure incrementare la domanda di armamenti, ma bisogna vedere se c’è l’offerta». Il Consiglio dei ministri su proposta del ministro Francesco Lollobrigida ha approvato tre nuovi reati: frode alimentare, agrpirateria e alimenti venduti sotto segni mendaci che sono indirizzati a contrastare il falso made in Italy e ha approvato la modifica della legge sull’autonomia del Trentino-Alto Adige con ampia soddisfazione del ministro Roberto Calderoli.
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