2022-03-31
Medico caccia la paziente disabile: «Non mi piacciono Putin e la Russia»
A Lidia, cresciuta nel Bolognese, serviva un certificato attestante la sua sordità. Ma è stata messa alla porta a causa delle sue origini russe. La giovane ha deciso di denunciare la dottoressa e fare un esposto all’Ordine.Il sindacato di polizia Lisipo contro la sostituzione dei sanitari sospesi: «Rimpiazzarli con i rifugiati ucraini non vaccinati è uno schiaffo a tutti i lavoratori lasciati a casa».Lo speciale contiene due articoliAi russi non espropriamo solo i beni, pure il diritto alle cure. Lidia Malica Davidenco, 19 anni, non è figlia di un oligarca, non possiede panfili, case lussuose e nemmeno vanta parentele con il presidente che ha deciso l’invasione dell’Ucraina, eppure è stata discriminata nello studio del suo medico di base. A Casalecchio di Reno, in Emilia Romagna, nella Regione rossa per eccellenza. Alla giovane e alla di lei nonna, la dottoressa avrebbe detto «Andate via. Non mi piacciono i russi, non mi piace Putin». Frasi pesantissime, pronunciate dopo aver annunciato a Lidia che l’avrebbe tolta dall’elenco dei pazienti. L’unica «colpa» della ragazza sarebbe stata insistere per ottenere il modulo che attesta la sua condizione di invalidità. La studentessa, iscritta al corso di Economia del turismo europeo, è infatti disabile, affetta da sordità al 99% e, per poter acquistare a Iva scontata un computer da utilizzare all’università, aveva proprio bisogno di quel certificato. La dottoressa, stando al racconto della ragazza, insisteva perché fosse un otorino a rilasciare il documento e quando le è stato obiettato che altre volte l’aveva fornito senza problemi, avrebbe perso la pazienza e addirittura chiamato i carabinieri.In soccorso di Lidia era arrivata la nonna, facendo saltare del tutto i nervi al medico di base che sarebbe uscito con quella vergognosa affermazione. Dopo i pazienti cacciati perché non vaccinati, adesso vengono discriminati i russi? «Sono nata in Italia e sono cittadina italiana», ha spiegato Lidia al Resto del Carlino, raccontando che la sua dottoressa «fino allo scoppio della guerra in Ucraina era sempre stata disponibile, corretta e professionale». La giovane non comprende che cosa possa aver provocato un simile voltafaccia, una reazione così priva di professionalità e di rispetto umano. «Che colpa abbiamo, io e i miei familiari, per quello che sta succedendo?», commenta amareggiata. Tiene a far sapere che prega perché «questa tragedia finisca al più presto», ma di essere sconvolta per quanto le è accaduto. Solo dopo l’intervento dei carabinieri il medico avrebbe compilato il modulo «non in modo esaustivo», precisa Lidia, costretta a tornare alla carica il giorno seguente per ottenere il documento che attesta la sua disabilità. Una richiesta sacrosanta, che non giustificava frasi così profondamente offensive. Per questo la giovane, dopo essersi consultata con il suo legale, ha deciso di denunciare la professionista per diffamazione aggravata. Presenterà anche un esposto all’Ordine dei medici, perché prenda provvedimenti davanti a un simile comportamento. «Ho notizia di altri episodi discriminatori che è doveroso non tacere», sostiene l’avvocato Alessio Anceschi che segue Lidia. «I cittadini italiani continuano a dimostrarsi accoglienti ed equilibrati, ma purtroppo, e questo caso ne è la prova, c’è sempre qualche eccezione». Per la verità, più che eccezioni sembrano conferme di un clima di crescente avversione verso il mondo russo e ogni sua espressione. Dalla decisione di sospendere il ciclo di lezioni di Paolo Nori su Dostoevskij alla Bicocca di Milano, poi pietosamente motivata perché si voleva «rinviare e aggiungere autori ucraini», come se in letteratura esistesse la par condicio, osservò lo scrittore che alla fine decise di non fare più quel corso, alla cancellazione del padiglione russo alla manifestazione più importante nel mondo per la letteratura dell’infanzia, si sono moltiplicati gli episodi di stupido boicottaggio di tutto ciò che è russo. Ne fece le spese anche Alexander Gronsky, fotografo escluso dal Festival della fotografia europea per la sua nazionalità, seppure in prima linea lo scorso 26 febbraio a protestare contro Putin, tanto da venire arrestato, e poi rilasciato. Senza dimenticare i diktat del sindaco di Milano, Beppe Sala, contro il direttore d’orchestra Valery Gergiev, considerato filogovernativo, e di riflesso contro la soprano Anna Netrebko. Una russofobia, manifestata con decisioni assurde, sanzioni, congelamenti di beni e rapporti diplomatici ai minimi termini che adesso è degenerata in espressioni di autentica avversione per chiunque possa essere collegato a Putin, e venir identificato come un nemico, anche se cittadino italiano senza rapporti con il Cremlino. La diciannovenne Lidia, per di più con disabilità, è stata marchiata come russa odiosa da mettere alla porta di uno studio medico. Tra emergenza Covid e obblighi vaccinali, senza dimenticare il rifiuto di prestare assistenza ai no vax, come accaduto in più ospedali italiani nei mesi scorsi, non è che i nostri sanitari abbiano perso di vista una delle prime regole della loro professione? Ovvero astenersi dal recar danno e offesa e «di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma discriminazione in campo sanitario». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/medico-caccia-la-paziente-disabile-non-mi-piacciono-putin-e-la-russia-2657066964.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="profughi-assunti-beffa-agli-italiani" data-post-id="2657066964" data-published-at="1648674636" data-use-pagination="False"> «Profughi assunti: beffa agli italiani» L’assessore alla Salute della Regione Lazio, Alessio D’Amato, lo aveva dichiarato ai primi arrivi: «Non si potrà rincorrere gli ucraini con la siringa in mano». Il campanello d’allarme era quel 35% di copertura vaccinale anti Covid dell’Ucraina, ben lontano dal 90% del nostro Paese e, nella classifica mondiale, sotto addirittura a Lesotho, Guatemala e Mozambico. Quindi non si può escludere qualche contagio in più, mentre stiamo uscendo dallo stato d’emergenza, visto che non decollano le vaccinazioni dedicate ai profughi scappati dalla guerra e arrivati un po’ in tutta Italia. La denuncia arriva dal segretario generale Lisipo (Libero Sindacato Polizia), Antonio de Lieto che riprende quanto sta accadendo in Friuli Venezia Giulia, su cui è già intervenuto il governatore, Massimiliano Fedriga. Finora, da quanto riferiscono gli operatori sanitari ai confini della Regione, al momento del primo screening sanitario all’ingresso in Italia, la maggioranza degli ucraini rifiuta il vaccino. Infatti, nonostante sia stato allestito un centro unico per i controlli sanitari a Udine, soltanto il 12% dei 3.500 rifugiati accolti in Regione ha accettato di sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid. La reticenza all’inoculazione delle persone in fuga dalla guerra, oltre che per paura, sarebbe soprattutto per motivi religiosi: gli ortodossi sono molto cauti rispetto i vaccini, tutti. Infatti, il ministero della Salute nella prima circolare alle Asl territoriali in merito agli arrivi per la crisi ucraina aveva scritto: «Si segnalano notevoli criticità dovute alle basse coperture vaccinali e al recente verificarsi di focolai epidemici, come l’epidemia di morbillo nel 2019 e il focolaio di polio iniziato nel 2021 e tuttora in corso nel paese», a causa di «una lunga storia di esitazione vaccinale ampiamente diffusa sia nella popolazione generale che fra gli operatori sanitari». Proprio su medici e infermieri il leader del Lisipo, ricordando che il dl «Misure urgenti» per l’Ucraina consente fino al 4 marzo 2023 a medici ed infermieri ucraini di esercitare in Italia, presso strutture sanitarie pubbliche o private, secondo la qualifica conseguita, sottolinea: «Ciò permetterebbe di rimpiazzare anche i medici sospesi che non hanno aderito all’obbligo vaccinale. Si rammenta al presidente Mario Draghi, al ministro della Salute Roberto Speranza e al governo che per i medici e gli infermieri italiani non vaccinati, non hanno avuto nessuna pietà e sono stati sospesi e lasciati senza remunerazioni». De Lieto, denunciando che stessa sorte si era abbattuta anche per gli operatori di polizia, militari, insegnanti e altri lavoratori non vaccinati, si rivolge al governo chiedendo con quale logica sono state disposte le assunzioni in strutture sanitarie pubbliche o private senza il green pass e quindi il vaccino. «Suona come un vero schiaffo agli italiani che ancora una volta hanno subito il solito trattamentoda chi, a parere del Lisipo, ha il dovere di tutelare gli italiani, non di certo discriminarli». Ribadendo la vicinanza al popolo ucraino e la solidarietà a tutti i rifugiati di qualsiasi parte del mondo, De Lieto chiede con forza all’esecutivo e a Speranza, per il quale «auspica celermente un altro prestigioso incarico considerate le sue particolari doti», di «provvedere alla restituzione del 50% dello stipendio a tutti i lavoratori che sono stati assoggettati alla sospensione dal servizio perché non hanno aderito all’obbligo vaccinale nonché tamponi gratuiti per coloro i quali è richiesto l’esito di negatività al covid per poter lavorare».
Auto dei Carabinieri fuori dalla villetta della famiglia Poggi di Garlasco (Ansa)
Volodymyr Zelensky (Ansa)