2024-09-14
Meazza: 5 anni persi. Milan e Inter infilano Sala in contropiede
Il sindaco di Milano perde la partita di San Siro. No dei due club alla ristrutturazione, si va verso un nuovo impianto condiviso.«Quello di Webuild è un progetto straordinario», brindava il sindaco Giuseppe Sala in giugno presentandolo all’Inter, al Milan e - nel suo personale senso della sobrietà -, al mondo. Neppure tre mesi dopo i due club lo hanno sonoramente e smentito ribadendo stereo di essere pronti ad acquistar lo stadio Meazza (oggi pagano 10 milioni di affitto all’anno) ma che la ristrutturazione per 350 milioni è irrealistica. Quindi «non è possibile a costi accessibili». San Siro anno zero, si torna al 2019, vale a dire alla casella iniziale di un gioco di società che offre l’immagine della Milano «locomotiva d’Italia» paralizzata sulle infrastrutture come il resto del Paese. E di un borgomastro ormai impotente a gestirne con efficacia le priorità.È Sala, in questo caso poco Vanity, a rendere pubblica la pessima notizia dopo l’incontro con gli amministratori delegati di Milan (Giorgio Furlani), Inter (Alessandro Antonello) e i manager di Oaktree, Katherine Ralph e Carlo Ligori. «Ho notato che l’intesa tra i due club è molto forte, e questo è di sicuro positivo. Le società mi hanno portato lunghe analisi di fattibilità tecnica ed economica rispetto all’ipotesi di ristrutturare San Siro. La conclusione è che non è ristrutturabile e che non considerano l’ipotesi San Siro come si era pensato negli ultimi mesi. La loro proposta è tornare a un nuovo stadio accanto al Meazza».Cinque anni perduti, trascorsi a costruire soluzioni impraticabili. Cinque anni di discussioni, progetti modificati, comitati civici, impuntature radical, minacce di referendum e dibattiti pubblici da assemblea studentesca. Il braccio di ferro ha fin qui ottenuto due risultati: primo, bloccare l’avveniristico progetto della Cattedrale che avrebbe sostituito il vecchio Meazza, costo totale 1 miliardo e 200 milioni di investimento; secondo, far deflagrare i club, determinati a percorrere strade differenti dopo 76 anni di coabitazione. Il Milan ha comprato per 40 milioni un’area a San Donato, l’Inter ha bloccato un terreno a Rozzano. L’estate scorsa il cambio della proprietà nerazzurra ha mutato le strategie. E il patron rossonero, Gerry Cardinale, che neppure parlava con l’indebitata famiglia cinese Zhang, ha cambiato atteggiamento con il fondo californiano Oaktree (ha un fatturato cinque volte superiore a quello di Redbird) ed è tornato sull’ipotesi di associarsi ai cugini. Ecco perché Sala, ormai rassegnato all’idea di passare alla storia come il sindaco che stava facendo scappare da Milano i due storici club, ha ricominciato a sperare nella vendita con ristrutturazione del Meazza. Da qui l’intervento chiesto a Webuild, che sta realizzando la Metro 4, fino alla bocciatura di ieri.Ora le due società sono chiamate a presentare l’ennesimo progetto per San Siro e l’amministrazione a procedere con un bando pubblico per vendere San Siro. Ma la strada si presenta subito in salita e con tempi biblici. Tanto per cominciare, Verdi e sinistra che stanno in maggioranza, si sono sempre messi di traverso. Lo stesso sindaco tempo fa aveva ammesso: «Molti, in consiglio comunale, il nuovo stadio non l’hanno mai voluto». Un altro segno di debolezza nel governare le molte anime che compongono la giunta e di incapacità nell’incanalare le ragioni del dissenso verso un interesse comune. Prima dell’acquisto, i due club hanno chiesto il valore di San Siro e delle aree circostanti, dove prevedono riqualificazioni e investimenti immobiliari; la risposta completa dell’Agenzia delle Entrate è attesa per febbraio 2025. A complicare la situazione c’è il vincolo della Soprintendenza per il secondo anello, che fa dire al sindaco: «Noi non possiamo cedere lo stadio a un valore inferiore, ma non vogliamo neanche speculare». Lui sa che San Siro vecchio e abbandonato sarebbe una tassa insostenibile per il Comune, destinato a non rientrare mai dal costo delle manutenzioni solo con l’introito dei concerti estivi. «L’incontro è stato sereno», ha allargato le braccia il sindaco. «Alla fine, i conti li fanno le squadre. Realizzare stadi in Italia non è mai facile, c’è grande complessità».Se si è arrivati a questo punto, la responsabilità è soprattutto del suo incedere ondivago, attendista, dilatorio. Lo dice senza mezzi termini Barbara Berlusconi, che quando era ad del Milan tentò di costruire un nuovo stadio al Portello. «Questa è una vicenda umiliante per una città come Milano, simbolo di modernità e innovazione. Una commedia all’italiana fatta appositamente per non decidere nulla. Sono stati persi mesi per constatare l’ovvio, e cioè che San Siro non è ristrutturabile perché i costi sono molto lontani dalla cifra ipotizzata. Siamo tornati al 2019. È sconfortante rilevare che, come nel gioco dell’oca, si torna sempre al punto di partenza».Uno schiaffo in pieno volto al borgomastro, la dimostrazione plastica che Sala si è incartato aprendo mille fronti senza avere una visione realistica della situazione, compreso il ricorso (perso) contro il vincolo della Soprintendenza. Aveva centrato il bersaglio Luigi Corbani, ex vicesindaco ai tempi di Paolo Pillitteri e oggi leader del comitato «SiMeazza», che allora disse: «Il sindaco ha compiuto l’ennesimo passo falso ricorrendo contro un parere che lui stesso aveva chiesto. Che ci fosse un vincolo lo sapeva anche quello che mena il gesso. Ma fingeva di non saperlo lui». Ora è arrivata la sveglia e si riparte da zero.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)