2019-09-19
Maxi blitz contro le tv pirata online In Italia gli «abbonati» sono 5 milioni
Smantellata l'organizzazione che gestiva la piattaforma Xtream codes, che trasforma il segnale analogico in Web digitale. Chi ha acquistato il pacchetto illegale rischia pene fino a 3 anni e una multa fino a 25.822 euro.L'hanno chiamata Eclissi, così da rendere esplicita nel nome l'impossibilità di visione. L'operazione contro la televisione pirata scattata ieri mattina, alle prime luci dell'alba, è la più vasta mai effettuata in Europa. A tenerne le redini, con lo scopo dichiarato di combattere quanti aggirano le normative vigenti per portare nel proprio salotto, pressoché gratis, il meglio delle televisioni a pagamento, è stata la polizia di Stato italiana, in coordinamento con la procura della Repubblica di Roma, le agenzie europee Eurojust ed Europol, le polizie e le autorità giudiziarie di Francia, Paesi Bassi, Germania, Bulgaria e Grecia. Otto sono stati gli ordini europei di indagine emessi, ieri mattina, dalla Procura di Napoli, 80 i siti Internet oscurati, 183 i server bloccati e sequestrati insieme alla Xtream codes, piattaforma ideata da due greci e presto divenuta internazionale. Xtream codes è frutto di una tecnologia raffinatissima, che poco ha a che spartire con la pirateria casereccia, quella che consente di reperire filmati di pessima qualità compulsando sul proprio computer titoli di film o calendari di eventi sportivi. L'Xtream codes agisce sull'Iptv (Internet protocol television): è un marchingegno capace di convertire il segnale analogico di una qualsiasi pay tv in segnale Web digitale, che possa essere ricevuto via pc da consorzi illeciti di rivendita. In Italia, questi si sono rivelati particolarmente radicati in Lombardia, Veneto, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. La Guardia di finanza, che ad oggi ha già oscurato 700.000 utenze, ha smantellato un giro d'affari da circa 2 milioni di euro al mese. Tuttavia gli «abbonati» - che da queste associazioni a delinquere acquistano piccoli decoder con relativi pacchetti satellitari - sono ben di più. Si stima che tra famiglie, imprese e addirittura hotel, siano circa 5 milioni ad avere un aggeggio piratesco collegato alla propria televisione. Un fenomeno capillare che nell'immaginario collettivo italiano è legato al folklore di Napoli, dove dai Quartieri Spagnoli alle Vele di Scampia è stato rinominato «pezzotto». Il vocabolo, nel gergo partenopeo, indica tutto ciò che sia falsificato: un paio di jeans, le borse malamente esposte sui marciapiedi delle città, i cellulari. Significa «tarocco». Più di recente, però, «pezzotto» si usa per indicare la scatoletta (un decoder, di fatto) necessaria a fruire della tv pirata. E poco importa che di «scatolette» ne esistano decine, provenienti da altrettante economie sommerse. Pezzotto, nell'epopea delle televisioni pirata, è diventato sinonimo dell'intero fenomeno. Procurarselo è semplice.La scatoletta si ottiene con una telefonata. È sufficiente chiamare un numero di cellulare affinché un vero e proprio tecnico, un impiegato con tutti i crismi del caso, si presenti alla porta e installi l'ammennicolo sulla tv. L'abbonamento è a poco prezzo: 10 euro mensili per aver accesso illegalmente all'intera offerta di Sky, Dazn, Netflix, Amazon prime video, ossia calcio, film, tv via cavo straniere. Si paga e la magia è fatta. Ma non c'è tutela, né servizio clienti ad incassare le lamentale. Qualora il ripetitore illegale venga oscurato e il segnale salti, non ci sono risarcimenti. C'è solo uno schermo nero.Morto un pezzotto però se ne fa un altro. Il fenomeno è figlio di una competizione moderna, imperniata sulla rincorsa alla migliore tecnologia. Per ogni azienda che sappia ideare un sofisticato antifurto satellitare, vi sarà un hacker capace di trovare il passepartout elettronico in grado di decodificarlo. Per ogni iPhone lanciato sul mercato, vi sarà online una copia low cost. Per ogni programma a pagamento, esisterà una versione piratata. Il pezzotto è la punta dell'iceberg di un fatto ben più complesso, che è diretta deriva del progresso tecnologico e che, nei mercati asiatici, trova la più grande fonte di sostentamento. Il decoder italiano attraverso il quale sono state piratate le televisioni a pagamento è stato smantellato ma, in Italia, è disponibile da tempo una sua versione cinese. Roba reperibile su Internet, al costo assurdamente basso di 14 euro l'anno. Non serve alcuna intermediazione. Un clic, un pagamento online e la scatoletta magica, dalla Cina, se ne vola in ogni dove. Procurarsela è facile, più difficile è comprendere quali implicazioni etiche e quanti rischi siano legati a questo tipo di acquisto. A rischiare pene e sanzioni, infatti, non è solo chi trasmette illecitamente programmi a pagamento, bensì anche chi decide di goderseli in poltrona. Se i responsabili dell'organizzazione sono processabili per associazione a delinquere finalizzata alla riproduzione e commercializzazione illecita di Iptv con la circostanza aggravata del reato trasnazionale, nei confronti dei fruitori del servizio è prevista la reclusione da 6 mesi a 3 anni e una multa che può arrivare fino a 25.822 euro. La legge italiana ha difatti stabilito che, attraverso la televisione pirata, si viola il diritto d'autore (legge 633/41), andando incontro alle sanzioni previste.