2022-09-30
«Al Qaeda l’ha devastato ma porteremo a nuova vita il sito della città di Ebla»
Il sito archeologico di Ebla prima della distruzione. Nel riquadro Paolo Matthiae (Getty Images)
Il grande archeologo Paolo Matthiae: «I ribelli hanno scavato trincee tra i reperti. La missione italiana in Siria ricomincerà il lavoro interrotto 12 anni fa: riapriremo il parco archeologico».Già anni fa Paolo Matthiae, professore emerito all’Università La Sapienza di Roma, autore della più importante scoperta archeologica della seconda metà del Novecento, la città siriana di Ebla, l’attuale Tell Mardikh, si rammaricava del fatto che nel 2010 la prestigiosa missione italiana fosse stata costretta ad interrompere gli scavi iniziati nel 1964 a causa della guerra. Oggi la situazione è cambiata e finalmente, sotto l’egida del dipartimento di Scienze dell’antichità dell’Università La Sapienza e del ministero degli Affari esteri, la missione potrà fare ritorno nel paese dopo l’occupazione del sito da parte delle milizie irregolari di Al Qaeda. Professore, qual è lo stato attuale del sito di Ebla?«Fino a qualche anno fa pensavamo che avesse avuto dei danneggiamenti del tutto superficiali. Invece, la situazione è più grave perché Ebla è stata occupata dai ribelli, che hanno scavato tunnel sotterranei in cui hanno costruito delle casermette devastando terreni archeologici. I colleghi della direzione generale delle Antichità di Damasco quando è stato liberato il sito sono andati sul luogo per eseguire rilievi accurati, anche con droni, e ci hanno inviato le fotografie. Questo non significa che il sito sia stato distrutto: certo, si tratta di ferite profonde e alcuni tunnel hanno sconvolto i terreni archeologici, che tuttavia non sono stati asportati completamente. Il problema che si pone in questi casi a cui francamente non eravamo avvezzi, è recuperare tutto il possibile, con quella che chiamiamo una “riabilitazione” del sito: non lo si può riportare a situazioni precedenti, però si può fare molto». In che modo il sito può essere riabilitato?«Quando a Ebla si sono fatte queste trincee di guerra ad altezza d’uomo, ben diverse da quelle che facciamo noi archeologi con la massima attenzione, sono stati riversati terreni archeologici. Ovviamente in buona parte sono ancora lì, quindi è in programma la riabilitazione di questi terreni: certo sconvolti, rimossi, da riscavare con estrema cura. Si possono ottenere dati ugualmente, anche se diversi da quelli di un sito in condizioni normali. Poi potrebbero esserci delle mine antiuomo, il sito dovrà essere bonificato: gli archeologi dovranno intervenire in seguito. Infine, è necessario constatare dove ci si trova alla base delle trincee. Si tratta di un’area molto estesa, quasi 60 ettari di superficie, con una disposizione particolare: la collinetta centrale più piccola di circa 250 metri di diametro, al centro quella che noi chiamiamo Cittadella o Acropoli, poi un’ampia città a quota molto più bassa e un rilievo perimetrale impressionante. In quella zona, certamente preziosa, in cui procedevamo in maniera lentissima perché l’archeologia moderna è lenta, paradossalmente i ribelli hanno portato via d’ un colpo qualcosa che avremmo tolto in diversi anni. Per quanto gli archeologi siano abituati alla distruzione, considerano ideale una distruzione antica, perché fissa ciò che ha distrutto: più è stata rovinosa più in un certo senso è positiva. Se c’è stato, come successo ad Ebla, un breve saccheggio e un incendio, quell’incendio ha conservato ogni cosa, le rovine si sono sgretolate e hanno sigillato la distruzione. Gli archivi di Stato di Ebla, del 2350 a. C., erano conservati dalle stesse rovine del Palazzo, che si sono piegate su loro stesse: abbiamo trovato la stanza ricolma delle tavolette degli ultimi 40, 50 anni della città». Qual è la situazione che attende i suoi collaboratori in partenza per la Siria?«La situazione è sotto il controllo della direzione generale delle Antichità e del governo della Repubblica araba di Siria. Ebla si trova nel territorio estremo del governatorato di Idlib, tuttora quasi completamente sotto la sorveglianza di Al Qaeda, la Turchia ne detiene il controllo di una parte. Non ci sono scontri armati confermati, ma molti villaggi sono stati distrutti. Gli archeologi vorrebbero lavorare in luoghi in cui, come abbiamo fatto per 47 anni, si potevano stabilire rapporti di familiarità e amicizia. Dopo lo scavo di sette ore della mattina, la casa della missione era sempre aperta e gli operai venivano a parlare di quello che volevano. Una campagna di scavo come la nostra è quasi un record, soprattutto con lo stesso direttore di missione, perché ho cominciato a lavorarci a 24 anni e adesso ne ho 82. Se non fosse avvenuta la crisi siriana, prevedevamo con sicurezza almeno altre otto campagne di scavo».Ci sarebbe ancora tantissimo da fare.«Finora è stato scavato soltanto il 10 per cento del sito. Forse è azzardato fare delle proporzioni, ma i danni che possono essere stati arrecati sul complesso della superficie secondo me non sono superiori al 25 per cento. Purtroppo il tempio che stava sul margine dell’acropoli occidentale è stato distrutto completamente, però c’è tutta la documentazione fotografica aerea e satellitare, dunque la conoscenza scientifica non è andata perduta. Sono convinto che si rifarà un parco archeologico ad Ebla e tuttavia sarà un parco pieno di ferite inconsuete, che saranno anche testimonianza della barbarie del mondo moderno. Nei libri che ho scritto ho ricordato più volte che orrori di questo genere non capitano soltanto nel vicino Oriente. Una delle barbarie più gravi della Seconda guerra mondiale, a parte il bombardamento in Italia dell’abbazia di Montecassino, è stata la distruzione totale del centro monumentale di Dresda, tesoro del Barocco settentrionale europeo. Dopo la guerra, fu ricostruita sulla base di fotografie e rilievi accuratissimi, addirittura con il sostegno finanziario delle potenze che l’avevano distrutta». Pensa sia auspicabile un’analoga ricostruzione per Ebla?«Il problema delle ricostruzioni di quello che viene danneggiato gravemente in situazioni moderne è molto complesso. Con il 3D si può ricostruire tutto, tuttavia uno dei problemi fondamentali è a quale livello ricostruire. Un’idea da non accettare è ricostruire presumibilmente come era in antico, quando le rovine erano agibili e agite. I punti interrogativi a cui non si può rispondere sono moltissimi: c’è una serie di indizi ma non si può ricostruire perché sarebbe una ricostruzione fantasiosa e un archeologo non può accettarlo. Invece, la ricostruzione di un certo strato della rovina, secondo me è non solo legittimo ma in un certo senso obbligatorio». Ebla è considerata la più importante scoperta archeologica della seconda metà del Novecento. Cosa la rende straordinaria? «Nella seconda metà del Novecento sono avvenute scoperte di grandissimo significato, come la tomba del primo imperatore della Cina e la tomba probabilmente di Filippo II, padre di Alessandro Magno, in Macedonia. Ma la scoperta di Ebla è molto particolare perché, oltre ad aver largamente riportato alla luce una splendida città del Vicino Oriente, gli archivi reali del 2350 a.C., ovvero gli archivi centrali di Stato, costituiscono un ritrovamento rarissimo: migliaia di tavolette incise in cuneiforme che narrano ogni aspetto della vita di una città a lungo perduta, fra le più importanti del tempo di tutta la Siria, in contatto con Egitto e Mesopotamia. È una scoperta straordinaria anche perché nel vicino Oriente si sono sviluppate le prime città stato: se fossero state legate alla presenza di grandi fiumi come accade in Mesopotamia, sarebbe stato un fenomeno di estrema rilevanza, ma limitato. Ebla è la città che conosciamo meglio, soprattutto per gli straordinari archivi centrali, dell’epoca che chiamiamo “seconda urbanizzazione”: l’urbanizzazione di quelle città che sono sorte in una situazione ecologica differente. Ha dimostrato che le città potevano diventare fiaccole di civiltà nonostante la distanza dall’acqua». Quale futuro si presenta per Ebla?«Un futuro complesso perché la situazione del sito è disastrata a causa delle vicende degli ultimi anni. In prospettiva, la riabilitazione del sito potrà comportare fra qualche anno di ristabilire il parco archeologico, e nuove scoperte archeologiche che io non vedrò, perché ci vuole del tempo, ma che ci potranno essere soprattutto sull’acropoli del tempio di Ebla: abbiamo fatto sondaggi e sappiamo che ci sono due palazzi uno sopra l’altro, con interni per nulla scalfiti. Il futuro di Ebla sarà sicuramente importante».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)