
«Sarò arbitro imparziale, ma i giocatori mi aiutino». Era il 23 febbraio 2015 quando il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si insediava per la prima volta al Quirinale. Nel suo discorso alle Camere si definì come un arbitro della vita istituzionale, quasi scontato per un politico di estrazione democristiana, per di più siciliana e quindi di poche parole, poi ex Margherita, abituato da anni a dialogare anche con il centrodestra. Erano gli anni del governo di centrosinistra di Matteo Renzi. Molta acqua è passata sotto i ponti. È arrivata persino una seconda elezione, che avrebbe dovuto in teoria aumentare ancora di più questa imparzialità. Ma dopo 8 anni questa volta, con un governo di centrodestra in carica, l’imparzialità sul 25 aprile sembra essersi definitivamente rotta.
Ieri, a Cuneo, Mattarella ha deciso di citare una frase storica per la sinistra più radicale, da sempre celebrata dall’Anpi, durante il ricordo della lotta di liberazione dal fascismo. «Ora e sempre Resistenza». Il presidente lo ha fatto parlando di una storica targa affissa nel Comune della città piemontese. «Come recita la lapide apposta al Municipio di questa città», ha detto il presidente della Repubblica, «nell’ottavo anniversario della uccisione di Galimberti, se mai avversari della libertà dovessero riaffacciarsi su queste strade troverebbero patrioti. Come vi è scritto: “morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre Resistenza”».
Le parole di Mattarella sono storicamente inserite nel pantheon della sinistra italiana. Anche ieri i quirinalisti più esperti hanno deciso di decriptare le parole di Mattarella come «ben ponderate», ma questa volta non lo sono sembrate affatto. Del resto, la frase «Ora e sempre resistenza» la si può ascoltare spesso in manifestazioni, come anche ieri a Milano e Torino. C’era al G8 di Genova, è da anni uno slogan e un simbolo dei centri sociali. Non è un caso che proprio ieri Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana, in manifestazione a Milano sfoggiasse proprio una maglietta con la stessa frase. «Oggi è la Festa della liberazione, non della libertà come ancora oggi la presidente Meloni ripropone. È Festa della liberazione dal fascismo e dal nazismo. Dalle parti della destra si abbia il coraggio di dire la verità» ha detto Fratoianni, confermando che le parole di Mattarella non sono state citato a caso. E che l’ex democristiano siculo, questa volta, ha deciso di andare oltre e quindi di lanciare un segnale al governo di centrodestra.
Le parole citate provengono dall’Epigrafe di Pietro Calamandrei, uno dei padri della nostra costituzione nonché fondatore del Partito d’azione. Erano rivolte contro il capo delle forze militari di occupazione tedesca, Albert Kesselring, che nel dopoguerra affermò pubblicamente di non avere nulla da rimproverarsi tanto che gli italiani», disse, «avrebbero dovuto fargli un monumento. «Lo avrai camerata Kesselring il monumento che pretendi da noi italiani ma con che pietra si costruirà a deciderlo tocca a noi […]. Su queste strade se vorrai tornare ai nostri posti ci ritroverai morti e vivi collo stesso impegno popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre resistenza». Kesselring processato nel 47’ fu condannato a morte ma poi la condanna fu commutata nel carcere a vita. Ma già nel 1952, in considerazione delle sue «gravissime» condizioni di salute, fu liberato. Da lì la decisione di Calamandrei di porre una lapide «ad ignominia», collocata nell’atrio del Palazzo Comunale di Cuneo «in segno di imperitura protesta per l'avvenuta scarcerazione del criminale nazista»
Si tratta senza ombra di dubbio di un cambio di passo rispetto al passato da parte del capo dello Stato. Per anni gli italiani sono stati abituati ad ascoltare un presidente della Repubblica molto imparziale. Difficile trovare, se non qualche volta, parole fuori posto. Per di più Mattarella ha sempre evitato polemiche politiche, anche se tirato per la giacchetta da più parti. Questa volta, invece, ha deciso di andare oltre, dopo settimane di polemiche sui quotidiani per il ricordo delle commemorazioni del 25 aprile. E così, mentre per le strade di tutta Italia sfilavano i manifestanti che non hanno risparmiato attacchi e insulti al premier Giorgia Meloni o al presidente del Senato Ignazio La Russa, a cominciare dalle foto choc affisse a Napoli, con Meloni e La Russa a testa in giù insieme con i ministri Matteo Piantedosi e Giuseppe Valditara e l’irridente scritta Buon 25 aprile». la frase di Mattarella è stata subito rilanciata dal centrosinistra.
A cominciare da Beppe Sala, sindaco di Milano, che ha parlato di Mattarella come l’uomo che ha ristabilito la storia. Ho visto l'altro giorno un grande uomo camminare sui sentieri infami di Auschwitz, ho visto il suo sguardo, duro e commosso al tempo stesso, e ho sentito le sue parole, dure e commosse. Era Sergio Mattarella, il presidente della nostra Repubblica. La Repubblica nata dalla Resistenza. Questo grande uomo ha ristabilito la storia».
Tra insulti e slogan contro il governo di centrodestra, anche il ministro Valditara è stato più volte contestato a Milano, c’è da segnalare anche la contestazione della Brigata ebraica che ha sfilato a Roma. «Chi ha voluto ricordare la Brigata ebraica ha dovuto interrompere la propria Festa della libertà, perché la politica antisemita era più legittimata a priori a parteciparvi», ha scritto in una lettera Alan Davìd Baumann. «Non riesco a dire grazie ad alcuna destra politica, ma certo la sinistra non mi aiuta».





