2019-06-01
I magistrati
si scannano e Mattarella fa il muto
Negli ultimi tempi Sergio Mattarella ha avuto modo di intervenire su quasi tutto lo scibile umano. Vi è traccia di suoi discorsi agli studenti che hanno vinto il concorso sui doveri nella Costituzione. Il presidente, poi, non ha fatto mancare le sue parole alla partenza della «Nave della legalità». Né ha privato di un suo intervento i partecipanti alla cerimonia dei 25 anni dell'Istituto oncologico europeo. Un saluto è giunto anche durante la commemorazione del 75° anniversario della battaglia di Montecassino (...).(...) E perfino in occasione dell'incontro con i calciatori dell'Atalanta e della Lazio, in vista della finale di Coppa Italia, il capo dello Stato ha voluto dire la sua. Insomma, l'uomo del Colle nelle ultime due settimane non si è risparmiato. Solo su un argomento Mattarella ha preferito il silenzio, ovvero lo scontro al vetriolo in corso tra magistrati per il controllo della Procura di Roma. Da giorni i quotidiani sono inondati di veleno e di indiscrezioni: denunce, esposti, perquisizioni. Un ex capo dell'Associazione nazionale delle toghe è sul banco degli imputati accusato di corruzione: da un imprenditore si sarebbe fatto pagare 40.000 euro, viaggi e gioielli per pilotare le nomine nei tribunali. Insieme a lui, nel mirino dei colleghi, sarebbero finiti altri due magistrati, uno in servizio presso la Procura di Roma, l'altro in carica tra i togati del Consiglio superiore della magistratura. Le intercettazioni, che quando c'è un'indagine non mancano mai, sono già di dominio pubblico, riportate da tutti i giornali. Per l'occasione è stata disposta anche la perquisizione dell'ex numero uno del sindacato dei giudici e solo il riguardo fra colleghi, forse, ha evitato un'ordinanza di custodia cautelare. Nel frattempo, sul fronte opposto, uno dei pm indagati (è accusato di aver spifferato al collega sospettato di corruzione l'esistenza dell'inchiesta a suo carico) ha presentato un esposto contro i suoi capi, sostenendo che gli avrebbero impedito di arrestare un avvocato finito in un giro di corruzione dei giudici. Al legale sarebbe stato consentito di patteggiare e - dopo un po' - anche di incassare una lucrosa «parcella» da 25 milioni, che secondo il sospetto della Procura di Milano sarebbe un gentile cadeau per aver tenuto la bocca chiusa su un intrigo internazionale con contorno di tangenti. Al centro dell'esposto del pm poi indagato, manco a dirlo, ci sono l'ex numero uno dei pubblici ministeri della Capitale, Giuseppe Pignatone (ora in pensione), ma anche l'attuale numero due Paolo Ielo, che poi è anche quello che ha spedito ai colleghi di Perugia il fascicolo sull'ex presidente dell'Anm.Sì, lo so che il verminaio è un po' complicato da seguire, perché i protagonisti dell'intrigo sono tanti e le accuse si intrecciano come in un film d'azione, con colpi di scena e cambi di ruolo: i cattivi che si presentano come buoni, i buoni che diventano i cattivi e alla fine non ci si capisce più niente. Una chiave per la lettura e dunque per la comprensione è però un punto fermo che risale al 9 maggio scorso, quando il capo della Procura, cioè Pignatone, ha salutato tutti e per raggiunti limiti di età ha abbandonato l'ufficio giudiziario più importante d'Italia. Ecco, tenendo d'occhio quella data, ci si può orientare in quello che è successo. Alla prima decade del mese scorso, dopo sette anni di Pignatone si volta pagina e qualcuno vorrebbe scrivere un capitolo nuovo. Al Csm, che deve decidere chi sarà il nuovo capo, scorre il sangue e alla fine rimangono in piedi due candidati: Franco Lo Voi, numero uno dei pm palermitani, e Marcello Viola, procuratore generale a Firenze. Il superfavorito sembra il primo, ma il prescelto è il secondo. La sorpresa è dovuta al cambio di alleanze fra correnti e subito c'è chi non la prende bene, accusando una parte della magistratura, quella moderata, di oscure manovre per accaparrarsi un posto che è anche un crocevia di potere. Risultato, partono i missili terra aria e cominciano a volare le carte: le prime sono quelle su Pignatone e Ielo e l'esposto al Consiglio superiore della magistratura, le seconde riguardano Luca Palamara e altri magistrati vicini a lui. L'esposto contro i vertici della Procura è davanti al Csm, l'indagine contro Palamara e i colleghi è nelle mani della Procura di Perugia, competente per le indagini sulle toghe della Capitale.Che si tratti di accuse incrociate è fuor di dubbio, che ci sia molto da chiarire in quei sospetti su soldi, anelli e viaggi anche. Tuttavia, mentre è in corso tutto ciò, e il cittadino osserva sbigottito questa resa dei conti giudiziaria, con veleni, manovre per far eleggere Tizio, piazzare Caio e azzoppare Sempronio, incontri fra magistrati ed esponenti del Pd, uno si aspetterebbe che il capo del Csm, vale a dire il presidente della Repubblica, dicesse la sua e tranquillizzasse gli italiani e magari rimettesse in riga le toghe. Ripristinando il rispetto nei confronti della magistratura e, soprattutto, garantendone l'autonomia e l'imparzialità. E invece no. Il capo dello Stato tace. O meglio, parla di Atalanta e Lazio e gioca a buttare la palla in tribuna. Ma noi, la Giustizia, dove la buttiamo?
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)