2023-07-29
Ma quando ci stava lui le bicamerali erano ok
Sergio Mattarella durante i lavori della Commissione bicamerale nel 1997 (Ansa)
Negli anni, il Parlamento s’è occupato di logge, mafia, banche e trame internazionali, parallelamente ai magistrati e con il contributo dell’ex dc. Che oggi vuol bloccare tutto.Sergio Mattarella non vuole la commissione Covid. Lo ha detto chiaro e tondo giovedì, dopo essersela presa con chi addirittura osa «discutere» sulle origini del cambiamento climatico. Per il capo dello Stato, oltre a dover silenziare i dubbi sulle responsabilità umane nel surriscaldamento globale, va garantito «il rispetto del ruolo della magistratura nel giudicare, perché soltanto alla magistratura questo compito è riservato dalla Costituzione». A noi la frase del presidente della Repubblica all’inizio era sembrata ovvia, anzi banale. Che tocchi ai giudici emettere sentenze e non a qualcun altro lo si sa dalla notte dei tempi e non c’era bisogno che si scomodasse l’uomo del Colle per ricordarcelo. Ma alla frase scontata, nell’intervento dell’inquilino del Quirinale ne è seguita un’altra, e lì si è capito dove il capo dello Stato intendesse andare a parare. «Iniziative di inchieste con cui si intende sovrapporre attività del Parlamento ai giudizi della magistratura si collocano al di fuori del recinto della Costituzione e non possono essere praticate». Il riferimento era implicito, ma chiaro, e rimandava alla commissione parlamentare d’inchiesta che l’attuale maggioranza ha costituito per indagare sui provvedimenti presi durante la pandemia. Dalle misure di prevenzione (rimaste inattuate), alle decisioni ritardate, dalle forniture di dispositivi di protezione (con spreco), alle violazioni delle libertà individuali con un (inutile) green pass. Di argomenti su cui accendere i fari parlamentari ne esistono molti. Ma per il capo dello Stato aprire un’inchiesta sulle vicende che hanno segnato il nostro Paese per due anni, periodo durante il quale si sono registrate quasi 180.000 vittime, è un’iniziativa che si sovrappone all’azione della magistratura e dunque un Parlamento che perseverasse in tale comportamento sarebbe fuori dal «recinto» (sì, lo ha chiamato così) della Costituzione. Premesso che in redazione nessuno di noi si spaccia per costituzionalista, però non è il Parlamento ad essere fuori dal recinto tracciato dalla Carta su cui si fonda la nostra Repubblica, bensì l’illustre presidente. Infatti, non ci risulta che il capo dello Stato possa impedire alle Camere di istituire una commissione d’inchiesta, decretandone la non praticabilità. Il popolo è sovrano, recita l’articolo 1 della Costituzione. Dunque, se in campagna elettorale la maggioranza di governo ha ricevuto mandato di istituire una commissione d’inchiesta Covid, il Parlamento traduce in pratica ciò che il sovrano, cioè il popolo, vuole. Del resto, l’articolo 82 è chiaro: «Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse […]. La commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’Autorità giudiziaria». Dunque, non è vero che il Parlamento non possa indagare su questioni di cui si sta occupando la magistratura. Non a caso sono previsti gli stessi poteri dei pm. E poi la prassi dimostra che a sbagliare non è chi a Montecitorio o Palazzo Madama intenda accendere un faro su un fenomeno di cui si siano già occupate le Procure, bensì il capo dello Stato. In quasi ottant’anni di Repubblica sono state istituite 90 commissioni d’inchiesta, più di una all’anno. E gli argomenti non sono sempre stati generici. Certo, all’inizio si sono fatte indagini sociologiche, sulla disoccupazione, la miseria in Italia, la concorrenza economica, eccetera. Ma poi le commissioni hanno riguardato la mafia, la costruzione dell’aeroporto di Fiumicino, il disastro del Vajont, la fuga di diossina in Brianza, la ricostruzione del Belice, il caso Sindona, il caso Moro, la P2, i fondi neri dell’Iri, il terremoto in Campania, il terrorismo, le stragi, il dissesto della Federconsorzi, la tragedia del Cermis, l’affare Telekom Serbia e il dossier Mitrokhin, la morte di Ilaria Alpi, il disastro della Moby Prince, il crac delle banche. L’elenco potrebbe continuare, ma crediamo di aver dimostrato con abbondanza di esempi di quante volte il Parlamento si sia occupato di questioni che erano già al vaglio della magistratura, senza però che a nessun presidente della Repubblica sia venuto in mente di sostenere che un’inchiesta di Camera e Senato costituisse una violazione della Costituzione.Del resto, quando ancora non regnava sul Colle, lo stesso Mattarella è stato commissario con poteri di indagine, occupandosi di mafia, di stragi e di P2, nonostante su tutti quanti gli argomenti fossero aperte indagini della magistratura. In questi casi non c’era il pericolo di sovrapporsi ai giudizi delle toghe? All’epoca il futuro presidente non riscontrò alcuna invasione di campo nell’interrogare con una certa solerzia i testimoni della loggia massonica fondata da Licio Gelli? E allora perché oltre quarant’anni fa l’inchiesta era praticabile e oggi quella sul Covid non lo è? Certo, comprendiamo che una commissione parlamentare potrebbe ricordare qualche imbarazzante dichiarazione dello stesso presidente durante la pandemia, ma l’uomo del Colle non ha nulla da temere, perché la Costituzione prevede che il capo dello Stato non sia responsabile degli atti compiuti durante il proprio mandato. Dunque, non c’è motivo di allarmarsi. Semmai, solo di arrossire un po’ per l’arditezza del discorso.
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