2025-03-02
Mascherine nelle farmacie. L’uomo di Conte s’era infilato nella trattativa con Arcuri
Domenico Arcuri (Imagoeconomica)
Il legale Di Donna, già consulente per lo statuto M5s, compare negli atti dell’inchiesta mentre preme sul Commissario Covid per far distribuire più utili ai fornitori di Dpi. Il Covid per molti è stato una tragedia, per altri un’occasione per fare affari. L’uomo che doveva aiutare Giuseppe Conte a «organizzare il partito» e che era stato coinvolto nella realizzazione del nuovo statuto, nel 2020, stava nella seconda categoria. Stiamo parlando dell’avvocato Gianluca Di Donna che quando scoppiò la pandemia decise di mettere a frutto la frequentazione dello studio di Guido Alpa e la conoscenza di Conte, di cui Alpa era stato maestro. Di Donna si muoveva insieme con l’amico Gianluca Esposito. Due brillanti professionisti e docenti universitari che improvvisamente si erano trasformati in avvocati d’affari. La Procura di Roma, inizialmente, li ha accusati di aver messo in piedi un’associazione per delinquere e di aver incassato mazzette, ma poi ha ridimensionato le accuse, contestando «solo» il traffico di influenze, reato quasi completamente svuotato. Di Donna, dopo aver ottenuto il cellulare del commissario Domenico Arcuri, inizia a marcarlo come Claudio Gentile aveva fatto con Diego Maradona e Zico ai Mondiali del 1982. Il 7 maggio l’avvocato dà il via al corpo a corpo: «Caro Commissario sono con Gianluca e attendiamo tue notizie per vederti appena possibile». Il 15 maggio va in tackle: «Caro Commissario, con Gianluca avremmo piacere di salutarti oggi per pochissimi minuti, in qualunque momento compatibilmente con i tuoi impegni». Il 20 luglio non allenta la presa da boa constrictor: «Caro Commissario mi farebbe tanto piacere salutarti, se possibile anche oggi pomeriggio o in serata». Il 23 ottobre Di Donna è ancora incollato al commissario: «Caro Domenico avrei piacere di farti un saluto, giusto il tempo di un caffè e compatibilmente con i tuoi impegni». Arcuri a volte si concede, a volte dribbla i suoi marcatori, adducendo impegni improrogabili. Ma con grande garbo: «Se mai recupero uno spazio ve lo dico subito. Ciao e scusatemi» scrive un giorno. In un’altra occasione invoca l’indulgenza dell’interlocutore: «Non me ne volere». Ma i due indagati riescono anche a ottenere informazioni in tempo reale su quanto accada dentro la struttura. Emblematica è la trattativa per la vendita delle mascherine nelle farmacie, portata avanti tra il 25 aprile e l’1 maggio del 2020, giorno in cui venne firmato un protocollo d’intesa tra il commissario e le associazioni di categoria. Gli avvocati amici di Conte, che avevano assicurato a mezza Roma di poter facilitare gli affari con il governo e con la struttura del commissario, si erano insinuati, da par loro, anche in quella trattativa.Lo si evince dalle chat che i carabinieri hanno estrapolato dal cellulare di Di Donna e hanno trascritto nell’informativa finale indirizzata alla Procura capitolina nel gennaio del 2023. Scrivono gli investigatori: «Il 30 aprile 2020 Di Donna riceveva da tale Simone Crolla una richiesta di intervento da effettuarsi sul commissario Arcuri, in ordine alla politica sui prezzi delle mascherine. Di Donna, alla luce della richiesta avanzata da Crolla, preparava un messaggio diretto ad Arcuri e lo inviava a Esposito affinché lo inoltrasse al Commissario». La triangolazione riesce e alla fine Esposito inoltra a Di Donna «il messaggio inviato ad Arcuri, unitamente alla risposta di quest'ultimo». Replica che Esposito spedisce «a Crolla, che ringrazia». Crolla, ex parlamentare del Pdl e consigliere delegato della American chamber of commerce in Italia, il 30 aprile, manda a Di Donna questa allarmata comunicazione: «Ciao Luca, ti ridisturbo al volo, scusami. Tema mascherine, grazie anche al tuo intervento i distributori sono stati, com'era logico, invitati la tavolo della trattativa quindi tutto bene. Ora, in questo esatto momento si stanno confrontando con Arcuri, ma Federfarma sta ponendo una condizione capestro e cioè che le mascherine a 0,50 vengano vendute solo nelle farmacie possedute da farmacisti privati e non quelle possedute da catene (tipo Boots) o comunali. E secondo che il margine rimanga al 90% alle farmacie e quindi solo le briciole al distributore. Sono impuntature capziose di Federfarma (che vuole danneggiare la concorrenza delle “catene”) che rischiano di indebolire la trattativa e lo sforzo di Arcuri». Di fronte a questo pericolo, Crolla prova ad aggirare l’ostacolo: «Potresti carinamente, come tuo solito, scrivere Whatsapp ad Arcuri per informarlo di non prendere quella direzione che Federfarma sta cercando di imporre? Si rischia pregiudizio verso molte farmacie italiane. Grazie!». Di Donna prepara subito il messaggio: «Caro Domenico, con riguardo alla riunione in corso, mi chiedono e mi permetto di sottoporre alla tua superiore valutazione due principi di equità: 1) le mascherine vengano vendute a 0,50 cent da tutte le farmacie (senza distinzioni tra farmacie possedute da privati, o da catene o comunali); 2) che il margine di guadagno tra il costo e il ricavo della vendita sia diviso a metà tra farmacie e distributori. Grazie da tutti per la tua attenzione». Esposito modifica «mi chiedono» in «mi chiede l’amico comune» e trasmette lo scritto ad Arcuri. Poi commenta: «Qui non dobbiamo solo pensare, ma agire». Risposta di Di Donna: «Sempre». Dopo pochi secondi Arcuri, secondo i carabinieri, risponde in questo modo: «La prima è ok. La seconda si debbono mettere d'accordo tra loro. E non costringermi a requisire le mascherine degli uni e/o degli altri. Ma sono tutti d'accordo tranne uno. Quindi ce la faremo! Ciao». Esposito è preoccupato: «Non mi dire che l’unico è il nostro». Di Donna è, invece, soddisfatto: «Evviva grande». Esposito domanda: «Ci daranno atto?». Di Donna si mostra sicuro: «Stiamo lavorando per questo. Assolutamente sì». Risposta: «Perfetto».Marco Cossolo, presidente di Federfarma, respinge le accuse rivolte alla sua organizzazione da Crolla e ci spiega che il tavolo della trattativa è sempre stato aperto («Nessuno si è mai sognato di non invitare tutti»). Precisa che, alla fine, gli utili andarono in gran parte alle farmacie rispetto ai distributori (12 centesimi a 2 per ogni mascherina) e liquida gli amici di Conte come «megalomani», ma alla fine ammette che effettivamente, come scritto da Arcuri, qualcuno aveva contestato l’accordo economico. «Mi pare di ricordare una telefonata con la dottoressa Ornella Barra che fa parte di Adf (è la vicepresidente, ndr), l’associazione dei distributori farmaceutici privati». Chiediamo chiarimenti anche a Crolla. Il quale, inizialmente, nega di conoscere Di Donna. Ma poi, quando citiamo lo studio Alpa, si ricorda subito di averlo «incontrato un paio di volte prima del Covid». Sottolinea che «Di Donna era vicino ad Alpa che, chiaramente, era vicino al premier» e conferma di aver rappresentato, «gratuitamente», gli interessi di Adf: «Il mondo dei distributori cercava di sollecitare il governo a valutare una migliore ripartizione, perché altrimenti sarebbe stato difficile importare le mascherine. Spero che questa cosa non abbia ingenerato confusione, perché il mio era un messaggio di servizio». Chiediamo perché non si sia rivolto alla struttura commissariale e Crolla risponde: «Di lì ci passavano già i distributori, gli importatori, ecc. ecc.. No, io banalmente, come fanno tutti, ho mandato un messaggio a ‘sto Di Donna per dirgli, guarda che…». Ma di soldi, giura Crolla, non ne sarebbero girati: «Io non ho chiesto niente a nessuno, e lui non chiese nulla a me. Zero, meno di zero». Restano i messaggi ad Arcuri e le accuse di traffico di influenze illecite ai due avvocati, finite nel nulla.