2024-10-16
Riecco che spunta la mascherina coatta negli ospedali (in tutti i reparti)
Da Brescia alla Campania, Ffp2 obbligatorie pure per i visitatori. L’Oms insiste: «Amnesia collettiva sul Covid che circola ancora».Si saprà tra sette giorni la decisione della Consulta sul ricorso di un poliziotto. Sospeso nel 2021, si vide negare l’assegno alimentare, elargito in certi casi anche ai criminali.Lo speciale contiene due articoli.Scaduto a luglio, l’obbligo della mascherina negli ospedali è stato ripristinato d’ufficio a ottobre, in alcune realtà, su decisione di solerti direttori sanitari. Del resto, l’ufficio regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l’Europa è preoccupato per «la nostra amnesia collettiva sulla gravità della pandemia da Covid-19» e il desiderio di «voltare pagina» che «non deve impedirci di proteggere noi stessi e i nostri cari dalla continua diffusione di malattie respiratorie, mentre l’emisfero settentrionale si prepara per l’inverno». Giusto per allarmare e non gestire, secondo l’Oms Europa, tra i gruppi «più a rischio» per il coronavirus, il virus dell’influenza e quellorespiratorio sinciziale (Rsv), accanto agli «anziani e persone con malattie croniche» ci sono anche le «donne incinte». Curiosamente, per queste patologie ci sono i vaccini che «salvano la vita», molti saranno anche plurinoculati, ma la mascherina va messa lo stesso. C’è da chiedersi come l’umanità sia potuta arrivare al 2019 senza indossare la mascherina negli ospedali e nelle residenze per anziani. Se infatti, prima della pandemia l’arrivo dei virus influenzali non comportava sconvolgimenti nelle modalità di accesso nei reparti ospedalieri, dopo il Covid - per il quale ormai non si contano le reinoculazioni nei fragili e le recidive a ogni età, anche dove la mascherina non si è mai tolta, oltre che nella popolazione generale - l’arrivo dell’inverno non può avvenire senza la richiesta di tornare imbavagliati in tutti i reparti, anche in quelli a basso rischio. Del resto, l’ultima circolare Covid del ministero, nel togliere l’obbligo, lasciava libertà ai direttori delle strutture sanitarie di reintrodurlo in reparti sensibili che, a quanto pare, non sono le terapie intensive e le corsie di malattie infettive, come nell’era pre-pandemica. Oggi tutti i reparti sono sensibili per i diligenti direttori sanitari. E attenzione: non bastano le chirurgiche, no ci vogliono le Ffp2. Eppure gli ultimi studi disponibili sull’efficacia dell’impiego delle mascherine in contesti ospedalieri non mostrano significative riduzioni di mortalità. Come ha già spiegato su questo giornale Francesco Broccolo, virologo dell’Università del Salento, «uno studio realizzato nel 2022, durato quasi un anno, in un contesto ospedaliero londinese e pubblicato su The Journal of Hospital Infection mostra come già allora non c’era nessun cambiamento significativo nel tasso di infezioni da Sars Cov2 dopo aver tolto l’obbligo della mascherina per personale ospedaliero e visitatori». Ma i dati scientifici e un po’ di buonsenso, come ha dimostrato la pandemia, non sono necessariamente impiegati per fare le scelte migliori per la salute dei cittadini. Così, mentre il ministero lascia la discrezionalità e gli esperti ricordano che «sarebbe più utile ed efficace investire in sistemi per sanificare gli ambienti», invece di imporre la mascherina, l’ospedale di Brescia, per esempio - visto il rialzo dei casi Covid nella zona - ha deciso di ripristinare l’obbligo di indossare i dispositivi di protezione Ffp2 per utenti, visitatori, accompagnatori e caregiver in tutti i reparti. Ma non è l’unico. «In queste settimane», segnala all’Adnkronos Salute Federsanità Anci, «in molte regioni del Paese, come ad esempio in Campania, sono state diramate indicazioni per gli ospedali per l’utilizzo dei dispositivi di protezione soprattutto per i reparti a rischio. L’aspetto epidemiologico è importante ma di più lo è la consapevolezza dei cittadini nello scegliere comportamenti adeguati». E così, in alcune realtà, dove la raccomandazione è restata praticamente obbligo, come nelle residenze per anziani - ignorando che ospiti, degenti e operatori, nonostante il bavaglio, continuano a infettarsi e a guarire nel giro di qualche giorno - in nome di una «prevenzione», di cui non si misura l’efficacia, i direttori sanitari non permettono a nessuno di girare senza mascherina, anche in assenza di sintomi. Il ritorno delle misure anti-Covid, dalle mascherine agli ingressi contingentati, per i pazienti e i visitatori, deciso dall’ospedale Civile di Brescia per il rialzo dei contagi, «è assurdo e va fatta una battaglia su questo», afferma Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova. «Gli ospedali non possono essere prigionieri di queste misure anti-Covid o dei tamponi che ancora vengono chiesti per il trasferimento dei pazienti o per fare gli esami e le visite. È sconcertante». Soprattutto se non c’è «nessun nuovo allarme Covid negli ospedali», come osserva Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, dell’ospedale Sacco di Milano. Perfino Fabrizio Pregliasco direttore dell’Irccs ospedale Galeazzi-Sant'Ambrogio di Milano, non certo un temerario nel limitare le misure contro il Sars-Cov2, informa che «per ora da noi c’è l’indicazione di indossare le mascherine nei reparti con pazienti fragili. Oggi il Covid, nella stragrande maggioranza dei casi è un’infezione risolvibile».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mascherina-obbligatoria-ospedale-2669403174.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="agente-no-vax-la-corte-temporeggia" data-post-id="2669403174" data-published-at="1729024790" data-use-pagination="False"> Agente no vax, la Corte temporeggia Bisognerà aspettare circa una settimana prima che i 15 giudici della Corte Costituzionale, che ieri si sono riuniti in camera di consiglio, mettano nero su bianco i dettagli della decisione adottata sull’ennesima ordinanza relativa a lavoratori dipendenti sospesi dal lavoro e dallo stipendio perché non vaccinati contro il Covid. Quella in discussione ieri riguardava P.D., assistente capo di polizia penitenziaria, privato di lavoro e stipendio nel 2021. In quei mesi, a capo del governo italiano c’era Mario Draghi: l’esecutivo aveva emanato due decreti legge per il «contenimento dell’epidemia da Covid» attraverso l’istituzione dell’obbligo di vaccinazione per alcune categorie professionali (militari, medici, insegnanti, over 50) e dell’obbligo di green pass. P.D. aveva impugnato il provvedimento chiedendo al Tar del Lazio di essere riammesso in servizio con la conseguente retribuzione oppure, in via subordinata, di poter ottenere l’assegno alimentare. Ed è proprio sulla mancata previsione dell’assegno di mantenimento, già negato dalla stessa Corte nel 2022 e nel 2023 ad alcuni lavoratori dipendenti sospesi, che è incentrato il suo ricorso. La legge stabilisce che un dipendente sottoposto a procedimento giudiziario e sospeso cautelativamente dal servizio, anche se privato dello stipendio, durante il periodo di sospensione possa percepire un assegno alimentare, la cui misura è stabilita da disposizioni di legge o dai contratti nazionali. Elargito in alcuni casi anche a criminali incalliti, questo assegno - nel caso dei medici non vaccinati - non è stato riconosciuto dalla Corte costituzionale, che attraverso diverse sentenze (ad esempio la 15/2023) ha stabilito che la negazione degli emolumenti economici a chi non ha osservato l’obbligo vaccinale è «legittima e ragionevole». Anche nelle sentenze del 2022 la Consulta ha stabilito che è legittimo che sia negato l’assegno alimentare, sia al personale scolastico che a quello sanitario. Nel ricorso, il funzionario si è difeso sostenendo di lavorare in un ufficio occupato da pochi dipendenti debitamente distanziati; ha motivato le ragioni del rifiuto di sottoporsi a vaccinazione dichiarando di non voler assumere farmaci per non rischiare di avere come conseguenze «effetti indesiderati e anche gravi» (come quelli riconosciuti dalla stessa Aifa); ha quindi sottolineato che la sospensione dal servizio, stabilita per la categoria professionale cui apparteneva, era di fatto discriminatoria rispetto ad altre categorie per le quali non era stato imposto l’obbligo vaccinale. Inoltre, ha messo l’accento sul fatto che avrebbe potuto essere adibito a mansioni differenti. Ha infine osservato la differenza tra obbligo e coercizione: «Non appare implausibile ritenere che le disposizioni in esame finiscano di fatto per trasmodare in una sorta di coercizione indiretta all’adempimento dell’obbligo - si legge nell’ordinanza - ponendo il lavoratore renitente di fronte all’alternativa di doversi suo malgrado sottoporre alla vaccinazione da egli avversata oppure subire uno stato di prolungata indigenza». O ti vaccini contro il covid o muori di fame, insomma. Non a caso, nell’ordinanza è citato l’art.32 comma 2 della Costituzione che dispone che, anche nei casi di trattamento obbligatori disposti per legge, quest’ultima «non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». E’ abbastanza verosimile che anche nel caso di P.D. la Corte Costituzionale, per non smentire se stessa, vada a trarre le stesse conclusioni e respinga il ricorso. Sarà tuttavia interessante verificare se ancora oggi la Consulta continui a sostenere che il legislatore si è adeguato alle «conoscenze scientifiche del momento»: come noto, già allora le evidenze smentivano che il vaccino anti covid impedisse il contagio.
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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