2019-11-12
Cento anni dopo, per volare dall'Europa all'America ci vogliono ancora più di 15 ore
True
Da un secolo si vola sopra l'Atlantico, ma i tempi di viaggio restano lunghi a causa di controlli e disposizioni di sicurezza, che da soli, dagli Usa all'Europa e viceversa, sono di quattro ore. E per il profitto si trasformano aeroporti in centri commerciali e si trascura il benessere del passeggero.Un secolo fa mezzo mondo conobbe l'aeroplano grazie all'Italia, ma anche allora la sinistra brontolò.Lo speciale comprende due articoli.Cento anni di voli transatlantici in aeroplano, eppure dopo un secolo ci mettiamo ancora troppo tempo per saltare dall'Europa all'America. Era il 1919 quando fu compiuta l'impresa per la prima volta: Sir John William Alcock (1892 - 1919), capitano della Royal Air Force, insieme al suo navigatore, il tenente Arthur Whitten Brown, effettuarono il primo volo senza scalo nel giugno di quell'anno partendo da Saint John's (Canada), e volando per circa tremila chilometri fino a Clifden, piccolo centro nella costa occidentale dell'Irlanda, dove ancora oggi è presente un monumento alla memoria. Decollarono con il loro Vickers Vimy, un bombardiere bimotore in legno, metallo e tela alle 13:45 locali, e atterrarono 19 ore dopo superando la sfida di sopravvivere alla meteorologia incerta e agli imprevisti. Vinsero il premio da 10.000 sterline messo in palio nel 1913 dal Daily Mail e non ancora assegnato a causa dello scoppio della prima guerra mondiale. Soltanto nel novembre 1919 la Federazione Aeronautica Internazionale omologò il primato e secondo gli analisti di allora le loro probabilità di sopravvivere erano state una su quindici, mentre oggi quelle di subire un incidente sulla stessa tratta sono 1 su 1.114.700. Massima sicurezza dunque, ma quanto a efficienza è curioso come tra tempi di presentazione al check-in tre ore prima, controlli, imbarco e operazioni doganali, presentandosi in aeroporto alle ore 15 da una città americana si riesca a ritirare il bagaglio in Europa non prima delle 7 del mattino, ovvero il "volo" implica mediamente un viaggio di 16 ore. Certo, limitandosi al saltello tra Canada e Irlanda, come quello di Alcock e Brown, sarebbero quasi sette ore in meno, ma impressiona che dopo un secolo, ad allungare il tempo non siano le questioni tecniche o climatiche, quanto quelle connesse al garantire la sicurezza personale da atti esterni al volo stesso. L'uomo, insomma, resta artefice e vittima della sua impresa, come dimostrò otto anni dopo il volo di Alcock e Brown l'impresa di Charles Lindbergh, che in 33 ore e mezza volò da Roosevelt Field (New York) a LeBourget (Parigi), rinunciando alla radio di bordo per essere più leggero, ma non al termos del caffè. C'è poco da fare, basta un imprevisto, che sia di origine naturale, come il vulcano islandese che comincia improvvisamente a eruttare, oppure motivo sindacale come uno sciopero dei controllori di volo, e un passeggero che debba affrontare lo stesso viaggio impiegherà il medesimo tempo di allora. Certo, ci fu il periodo dei nostri trasvolatori atlantici guidati da Italo Balbo, e anche quello dei lenti ma più confortevoli dirigibili che impiegavano due giorni e due notti, un'epoca interrotta nel maggio 1937 dall'incidente all'Hindenburgh in volo tra Friedrichshafen (Germania) e Lakehurst (New Yersey), e poi dalla seconda guerra mondiale. Venne poi il tempo dei grandi plurimotori come il Caravelle e il Comet, ma tra scali tecnici necessari per la manutenzione e per rifocillare i passeggeri, l'Atlantico non riusciva a essere coperto in meno di dodici ore. Abbandonato nel 2003 il Concorde, che tra Parigi e New York volava in tre ore e mezza, un decimo del tempo di Lindbergh, nonostante attualmente siano in fase di progettazione nuovi supersonici, neppure con moderni e lussuosi aeroplani d'affari si riesce a risparmiare molto tempo: si pensi che un moderno Falcon per volare tra due città come Bordeaux e Little Rock (Arkansas), non ci mette meno di nove ore e mezza per il solo volo, alle quali se ne devono aggiungere almeno un altro paio per le operazioni doganali negli aeroporti di partenza e d'arrivo. Felici di far rimanere i passeggeri più tempo negli aeroporti sono gli operatori commerciali e le società di gestione, poiché è noto che il viaggio renda propensi a fare acquisti, mentre a chiedere che le operazioni pre e post volo si svolgano più rapidamente sono gli esperti di sicurezza intesa come "security", che vedono negli aeroporti un possibile obiettivo per atti criminosi. Diverse le idee messe in campo per risolvere il problema, a cominciare dal far espletare i check-in da casa direttamente dai passeggeri, che permettono una riduzione dei costi a carico delle compagnie, all'affidare la loro identificazione a società private pagate da chi, per non perder troppo tempo, è disposto a sborsare qualche decina di euro o di dollari in più, fino all'installazione di sistemi per il riconoscimento facciale che sostituiranno anche i codici a barre stampati sui biglietti e quelli visualizzabili sugli schermi dei telefonini. Si dovrebbe tornare all'idea di aeroporto come a quella di uno spazio che vende tempo, non quella di un non-luogo che si impossessa della nostra esistenza approfittando del fatto che bisogna giocoforza transitarvi, ed anche a un tipo di viaggio che possa offrire un'esperienza confortevole anche a chi spende cifre modeste pensando al comfort del passeggero. Proprio su questo fronte in Italia il Centro Ricerche Aerospaziali (Cira) e Leonardo, anche grazie a fondi europei, stanno studiando nuovi modelli di cabine e di sedute che rendano migliore la permanenza a bordo degli aeroplani. Sia chiaro, nulla a che vedere con le fantasiose e poco credibili idee di certe lowcost che vorrebbero tenere i passeggeri praticamente in piedi sui voli a corto raggio, con il solo scopo di riempire gli aeroplani con un numero maggiore di persone. Ci sono infine le idee rivoluzionarie per sfruttare le traiettorie balistiche e la rotazione terrestre per sparare letteralmente i passeggeri e le merci da una sponda all'altra degli oceani, soluzione futuribile che però implicherebbe anche un esame clinico preventivo per accertare lo stato di salute dei passeggeri da sottoporre ad accelerazioni vicine a quelle che sopportano gli astronauti. Decisamente meglio continuare a svegliarsi prima dell'alba e prepararsi a fare shopping in aeroporto.