
Un rider trentenne ha convinto il piccolo a seguirlo in un garage con la scusa di mostrargli la sua bicicletta. La vittima sarebbe stata minacciata dall’indagato: «Se lo dici a tuo padre ti picchio». Invece la sorellina lo ha convinto a farsi avanti.Tavernelle, ad Ancona, non è un posto per bimbi. È un’area cittadina un po’ fuori mano. C’è il cimitero. E c’è un parco che gli anconetani, nonostante le denunce di degrado che in passato hanno riempito le cronache dei giornali locali, ritengono essere il polmone verde della città. Qui, lo scorso mese di maggio, un rider marocchino avrebbe cominciato a girare con la sua bicicletta attorno a dei bambini. Poi sarebbe riuscito ad adescarne uno. Il piccolo ha nove anni e, stando alla denuncia per violenza sessuale che i suoi genitori hanno presentato ai carabinieri, sarebbe finito in un garage in uso all’immigrato un paio di volte. Un posto lontano da occhi indiscreti. E, soprattutto, lontano da chi avrebbe potuto impedire quello che le indagini stanno cercando di accertare. «Vieni, ti faccio vedere la mia bicicletta e ti faccio giocare con il mio cellulare», avrebbe detto lo straniero al bambino per convincerlo. Una volta a tiro l’avrebbe palpeggiato e, dopo aver mostrato al piccolo delle immagini pornografiche con il suo smartphone, si sarebbe fatto toccare. Nella denuncia che contiene il racconto della vittima viene descritto un secondo episodio. Il piccolo, questa volta, pur avendo seguito lo straniero si sarebbe ribellato. E a quel punto avrebbe rimediato una minaccia: «Se lo dici a tuo padre ti picchio». La paura deve aver stretto il bambino alla gola. E al papà infatti non ha detto nulla. Si è chiuso nel silenzio. Per giorni ha anche rifiutato il cibo. A casa era diventato schivo. Anche con la sorella maggiore. Che, però, è riuscita a tirargli fuori qualche parola. Nello studio dell’avvocato Costantino Larocca, alla fine, insieme a mamma e papà il racconto è finito su carta bollata. Con tanto di descrizione dei luoghi e dei fatti. Ma anche di tutti quei particolari che hanno aiutato i carabinieri a identificare e rintracciare il presunto autore della violenza: marocchino, sui 30 anni, con una bicicletta e uno zaino per le consegne. Un rider. Uno di quelli che bussano ai citofoni per recapitare il cibo da asporto e ai quali, spesso, aprono dei bambini. Quando la prima relazione degli investigatori è arrivata in Procura, il pubblico ministero Andrea Magi ha iscritto il fascicolo per il reato di violenza sessuale aggravata, perché commessa su un minorenne. Si è scoperto che l’indagato aveva un passato che non è bastato a fermarlo. Agli occhi degli inquirenti è balzato subito il precedente. Un caso che chi indaga avrebbe descritto come molto simile. Ma che si sarebbe chiuso con una valutazione dello straniero che potrebbe avere un peso anche questa volta: incapace di intendere e di volere. Ovviamente, però, sarà necessaria la perizia di un tecnico per verificare se nel frattempo la capacità dell’indagato di stare in giudizio è cambiata. Il gip del Tribunale di Ancona, Carlo Masini, nel frattempo ha affidato una consulenza tecnica a una psicologa per accertare se il bimbo è in grado di rendere la sua testimonianza in un incidente probatorio (ovvero nel contraddittorio tra le parti, che servirà a cristallizzare le dichiarazioni e a fornirle come prova in caso di un eventuale processo). L’esperta ha chiesto 60 giorni di tempo per portare a termine il compito e preparare una relazione. All’udienza durante la quale l’altro giorno sono state discusse le questioni tecniche erano presenti anche i familiari della parte offesa. Che per la prima volta hanno incrociato l’indagato, difeso dall’avvocato Davide Mengarelli. Da quella stessa aula solo un mese fa era passato un bengalese di 24 anni che ha patteggiato una pena a 1 anno e 2 mesi di reclusione per aver tentato «un approccio spinto» con una tredicenne a Falconara Alta. Come un albanese di 33 anni, che lo scorso gennaio ha patteggiato a 1 anno e 3 mesi, e che di minorenni ne aveva tentato di adescarne due. E anche un pakistano trentacinquenne, condannato lo scorso dicembre a 10 anni per aver costretto una quattordicenne, stando alle accuse, a subire incontri intimi nella struttura d’accoglienza che ospitava lo straniero sotto il ricatto di un video hard che altrimenti sarebbe stato diffuso. Non c’è una statistica ufficiale dei casi in cui dei minorenni risultano parti offese. Ma all’ultima inaugurazione dell’anno giudiziario il procuratore generale Roberto Rossi, dal suo osservatorio, ha messo in chiaro una verità: i reati legati alle violenze di genere (compresi quelli in cui sono coinvolti dei minorenni) sono inesorabilmente in aumento. Dai 424 procedimenti registrati nel 2023 si è passati ai 484 del 2024. Un balzo che non lascia spazio a giustificazioni. E, come se non bastasse, Rossi ha sottolineato un aspetto che svela l’incapacità di affrontare il problema: «La prevenzione non può più essere delegata solo alle forze di polizia. È una questione culturale». La cronaca, invece, va a completare il quadro. E aggiunge che in molti casi gli autori delle presunte violenze sessuali sono stranieri. Una delle controindicazioni dell’accoglienza indiscriminata e della mancata integrazione.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
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Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.






