2023-09-18
«I guariti sono ancora protetti. S’indaghi sugli effetti avversi»
Il professor Mariano Bizzarri: «Per la stagione fredda affidiamoci al buon senso: i vaccini aggiornati sono già vecchi. È ora che i medici tornino alle basi: la prima cosa è non nuocere alle persone».Professor Mariano Bizzarri, anche Matteo Bassetti è stufo delle vaccinazioni anti Covid a raffica: dice che sua moglie e i suoi figli non la faranno. «È ormai evidente come la maggior parte dei virologi abbia costantemente cambiato parere e riformulato le proprie opinioni in questi anni. Questo atteggiamento ondivago prova meglio di tante analisi quanto labili siano le presunte certezze su cui si sono costruite politiche sanitarie cervellotiche e autoritarie». Nello specifico?«Prendiamo di buono ciò che Bassetti afferma ora: non c’è bisogno di nuove inoculazioni e imposizioni. Più del 90% della popolazione ha avuto il Covid o ha ricevuto due-tre-quattro dosi di vaccino: non c’è quindi motivo alcuno per sottoporre la popolazione a nuovi inoculi. Il principio di realtà torna finalmente a imporsi. Basta con la propaganda e il terrorismo». Bisogna vaccinare i fragili?«Chi sono costoro? E quale vaccino dovrebbero fare? Quello che sta arrivando è basato sulla variante Kraken ed è quindi già vecchio, ora che il Kraken è stato soppiantato da nuove varianti che bruciano sul tempo i vaccini cosiddetti aggiornati».In definitiva, come dobbiamo affrontare la stagione fredda? «Chi ha avuto il Covid è protetto». La memoria immunitaria dei guariti regge?«Gli ultimi studi ci dicono che è buona e stabile, con un tasso di reinfezione molto basso. Il sistema immunitario si è indebolito? Forse sì, a causa dello stress imposto da restrizioni e lockdown incongrui, nonché per le vaccinazioni reiterate e non necessarie».E allora?«Facciamoci aiutare dai rimedi tradizionali (esercizio fisico, alimentazione corretta, supplementazioni in vitamine e prodotti naturali) e da tanto buon senso. Ripararsi dal freddo, stare a casa se si ha un po’ di febbre - usando aspirina, antinfiammatori e quanto il medico di famiglia indicherà necessario - non necessita di leggi e ordinanze. Soprattutto provvediamo a ripristinare anche l’equilibrio della mente dopo tanto terrorismo mediatico». Come?«Le persone vanno rasserenate e accompagnate in un percorso di guarigione, non colpevolizzate né spaventate. Torniamo a ricordare che malanni transitori e disturbi di questo tipo sono inestricabilmente legati alla nostra condizione umana. Fanno parte del percorso e sono un’occasione di prova, per il nostro sistema immunitario e per la nostra vita. Le prove vanno affrontate, non evitate». Con questo governo la musica è cambiata? Intanto, è stato indicato un nuovo presidente dell’Iss.«Ho letto con piacere l’intervista che il professor Rocco Bellantone ha rilasciato alla Verità, soprattutto quando dice che il Covid non si combatte in televisione e che occorre dubitare quando qualcuno si fa forte di argomenti speciosi, del tipo “me lo dice la scienza”». Ci vuole un po’ più di umiltà anche da parte degli scienziati?«L’insieme delle evidenze va attentamente riconsiderato, senza tralasciare quelle scomode, a cominciare dagli eventi avversi. Non si dovrà tollerare che studi “scomodi” vengano silenziati, né che vengano propagandati lavori manipolati e poi ritirati. Mi fa piacere ricordare qui quanto disse Giorgia Meloni all’atto del suo insediamento: seguiamo la scienza, sì, ma quella vera e non solo le verità parziali e distorte».A proposito di informazioni distorte: pare che la Cia abbia pagato un gruppo di esperti per negare che il virus provenisse dal laboratorio cinese.«In un articolo del 30 marzo del 2020 evidenziavo come l’ipotesi di una fuoriuscita dal laboratorio di Wuhan fosse la più probabile. Il virus era stato modificato anche grazie al supporto tecnico e finanziario dei National institutes of health, per il tramite del dottor Peter Daszak, buon amico di Anthony Fauci. Quell’ipotesi è stata inizialmente avversata con ferocia e, solo a distanza, è venuta comparendo come per incanto una serie di conferme, scientifiche e politiche, di cui si è fatto interprete Giorgio Palù, attuale presidente Aifa, che ritiene come la fuoriuscita del virus, manipolato geneticamente a Wuhan, sia l’ipotesi più probabile». Fuoriuscita accidentale o deliberata?«Ecco: domandiamoci come quel virus sia potuto “sfuggire” dal laboratorio e per quali motivi sia stato modificato. Torno a chiedere, ancora una volta, per questo, di promuovere una moratoria internazionale sulle modifiche genetiche dei microbi - il gain of function - che non apportano nulla di buono alla medicina e sono funzionali sono a programmi di guerra batteriologica».Roberto Burioni sostiene che i vaccini anti Covid a mRna non hanno ucciso nessuno. Uno studio recente, analizzando i dati dei trial del primo vaccino Pfizer, ha riscontrato un aumento di 3,7 volte dei decessi causati da problemi cardiaci, nel gruppo dei volontari sottoposti all’inoculazione. Chi ha ragione?«Affermare che i vaccini a mRna - vere e proprie terapie geniche - non abbiano ucciso nessuno è un oltraggio alla verità e alle vittime. È incredibile che quanti lo neghino siano all’oscuro degli stessi rapporti Pfizer circolati negli ultimi mesi e che hanno evidenziato un tasso di incidenza allarmante di decessi e di eventi avversi (miocarditi e reazioni autoimmuni, principalmente), peraltro denunciati da numerosi studi scientifici indipendenti. In realtà il peso degli eventi avversi è sotto gli occhi di tutti: non c’è famiglia che ne sia stata risparmiata». Addirittura?«In confronto a precedenti campagne di vaccinazione, il Vaers ha registrato un incremento di 100-1.000 volte delle segnalazioni ottenute tramite farmacovigilanza passiva».Bisognava essere più prudenti nelle somministrazioni?«Il vaccino è stato somministrato senza adeguati studi preventivi a donne in gravidanza, bambini piccoli (che non ne avevano assolutamente bisogno) e categorie a rischio per possibili reazioni autoimmuni senza scrupolo alcuno. Una superficialità che contraddice tutte le regole della buona medicina e i cardini basilari del principio di precauzione. Ai soloni che ritengono di avere un rapporto privilegiato con la scienza va ricordato che il primo imperativo della medicina è “non nuocere”. È il momento di tornare al primo dovere dei medici: ascoltare i pazienti, con rispetto, attenzione; non posare davanti alle telecamere». Per fare chiarezza definitivamente, sarebbe urgente partire con la commissione parlamentare d’inchiesta. Lei sarà convocato?«Ho ricevuto alcuni inviti al riguardo. Quello che mi preme sottolineare, al di là dei compiti che la legge assegna ai lavori della commissione, è però la necessità di istituire un gruppo di studio sugli eventi avversi, capire la loro dimensione epidemiologica e cominciare a studiare trattamenti adeguati per contrastarli, dato che, in molti casi, i sintomi tendono a persistere per mesi e anni. Perché non ci sono progetti di ricerca finanziati per gestire queste problematiche? Perché non istituire un registro degli eventi avversi che permetta a pazienti e medici di riversare dati ed esperienze, dato che l’Aifa - che pure sarebbe tenuta a farlo - si è rivelata del tutto inadempiente?».La pandemia ha ulteriormente incrinato il già problematico rapporto tra scienza e opinione pubblica. In che modo si recupera?«Per cominciare bisognerebbe ricordare che la scienza è uno strumento imperfetto nelle mani di piccoli uomini che cercano di aiutarsi nel cercare pezzetti di verità e mutuo sostegno nelle avversità. Restituire alla scienza i suoi obiettivi reali, definendone possibilità e limiti, consapevoli di come le verità che acquisiamo sono solo un progressivo avvicinamento al vero - un processo che include non solo vittorie ma anche errori e arretramenti - può aiutare a restituire dignità e credibilità a quella che resta pur sempre un’affascinante avventura del pensiero umano. Ma ci vuole equilibrio, umiltà, e senso della misura. Altrimenti finiremo per ricoprirci di ridicolo. Generando disastri».Un climatologo ha confessato di aver manipolato un suo studio, accentuando il ruolo del climate change negli incendi, per farsi pubblicare da Nature. Una scienza libera da condizionamenti politici è possibile?«Il problema è che le riviste scientifiche sono gestite da gruppi ed enti finanziatori che perseguono obbiettivi precisi, dettati da una visione ideologica. La scienza neutra non esiste. Vengono così finanziati solo determinati studi, mentre altri, se non avversati, sono scoraggiati; parimenti, articoli che trattano temi allineati al mainstream passano il vaglio dei revisori con maggiore facilità. Chi si discosta dalla vulgata viene rallentato, bloccato, ostracizzato. Le cito un esempio personale».Sentiamo.«Un anno fa ho pubblicato uno studio che metteva in evidenza come i test diagnostici per il Covid producessero nell’80% dei casi risultati inattendibili. Lo studio era stato condotto dalla Associazione mondiale dei patologi clinici (WASpALM), coinvolgendo ricercatori di decine di nazioni, e aveva quindi un crisma di assoluta credibilità. Non potendo contestare il lavoro lo hanno tenuto fermo sette mesi, prima di comunicarmi che “non avevano trovato” revisori competenti!». Com’è andata a finire?«Ho ovviamente scritto una lettera di fuoco all’editore e poi sono per fortuna riuscito a pubblicare il lavoro su un’altra rivista, ma con un anno di ritardo. Questo dimostra che la scienza non sta fuori dalla società ma è intrisa e intrecciata con tutte le sue dinamiche. E risente ovviamente delle distorsioni ideologiche degli uomini che concretamente occupano posti di responsabilità».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)