2024-02-20
La chat dei parenti serpenti. Così Margherita e Jaki provarono a fare la pace
Margherita Agnelli (Ansa)
Prima di sferrare l’attacco giudiziario in Svizzera contro la madre, il rampollo le inviò mail di «conciliazione». Ma la donna non abboccò e rimase sempre fredda.Lo stato vero, e catastrofico, dei rapporti interni alla famiglia, specie tra John Elkann e sua madre Margherita Agnelli, non è dimostrato solo dai contenuti delle carte bollate ma da un inedito retroscena. In occasione della morte della nonna, la situazione sembrava lievemente migliorata, date le circostanze, anche se Margherita ancora ignorava ed era ben lontana dall’immaginare l’iniziativa giudiziaria dei suoi tre figli Elkann presentata contro di lei in Svizzera, poche ore dopo la scomparsa di Marella. In ogni caso, il giorno dopo i funerali, martedì 26 febbraio, John con una certa sfrontatezza, visto il suo comportamento segreto di poche ore prima, aveva mandato un messaggio alla mamma e in copia a tutti i fratelli e le sorelle. Diceva che gli aveva fatto piacere che «ieri abbiamo salutato la Nonna con amore e serenità». Al momento dei saluti evidentemente il figlio aveva detto qualcosa alla madre e, con questo messaggio, intende ribadirlo. Insiste su come sia importante «per me stare in pace e rispettare la tua pace». Ciò significa «non interferire nel tuo equilibrio e nel tuo mondo, ma esserne rispettoso, augurandomi che tu decida di fare altrettanto». John sostiene di non voler tornare sul passato e desiderare solo affrontare il futuro in armonia. Esprime una certezza: che tutti i punti pratici ancora aperti possano essere chiusi dai tecnici senza frizioni. «Se ti fa piacere», dice alla madre, «facciamo una passeggiata e parliamone quando vuoi». Ovviamente non c’era alcun accenno al fatto che avesse ordinato ai suoi legali di depositare la causa in Svizzera. Nonostante la grande quantità di ipocrisia e insincerità che covava sotto la cenere, il ghiaccio sembrava essersi rotto. Tuttavia la risposta di Margherita, dopo due giorni di meditazione, era ancora una volta piena di diffidenza, anche se probabilmente non era stata ancora informata delle ultime iniziative del figlio. Venerdì 1 marzo, comunque, rispondeva al «Caro Jaki» ringraziandolo del suo «messaggio laconico». Aggiungeva un doppio rimprovero: «Capisco che tu non hai il tempo di scrivere una lettera. Capisco male invece la tua interpretazione di pace: a me pare molto più simile ad un “vai a quel paese”, per non dire altro». Margherita accennava a un episodio specifico messo in atto da John non appena la nonna era spirata: «La chiusura brutale della casa di Roma con la sorveglianza quasi inesistente è un esempio di pace? E’ un esempio di pace tutto quello che è avvenuto negli ultimi anni? A me sembra prepotenza e me ne dispiaccio assai poiché non è così che ti ho cresciuto né conosciuto». La conclusione del messaggio tuttavia, apriva un piccolo spiraglio: malgrado tutto, Margherita si diceva certa «che, se vi è buona volontà, poco a poco, riusciremo a stabilire un dialogo e questo sarà proficuo non solo per te e per me ma per tutti coloro che ci stanno intorno». La madre precisava che, contrariamente a quanto fatto da John, mandava la propria comunicazione solo a lui e non in copia a tutti «i tuoi fratelli e sorelle, perché è indirizzata a te personalmente, caro Jaki. Evidentemente ne puoi disporre come credi. Ti abbraccio. Mamma».C’era anche un post scriptum: «Come da te suggerito, cioè che siano i legali ad occuparsi delle questioni burocratiche, ti arriverà una lettera da parte dell’avvocato Dario Trevisan affinché tutte le questioni burocratiche si possano formalizzare. La lettera fa parte di questo protocollo. Ringraziandoti in anticipo, ti abbraccio. M.». Il tono formale e l’intenzione di lasciare gli avvocati ad occuparsi di tutto, non faceva demordere John che, ancora una volta, faceva appello ai sentimenti tirando in ballo la nonna defunta. La mattina di sabato 2 marzo scriveva a Margherita (e in copia a tutta la famiglia): «Cara Mamma, mi addolora che tu non abbia colto il senso pacifico della mia mail, però per litigare bisogna essere in due, cosa che non ho mai voluto fare e mai farò. Se tu vuoi continuare a portare avanti i tuoi attacchi come hai fatto alla Nonna negli ultimi quindici anni è una tua e solo una tua scelta. Sono sempre aperto a un dialogo e a una passeggiata. Un abbraccio. J.».C’erano due post scriptum: «Penso sia importante per trasparenza che i miei fratelli e sorelle in copia siano a conoscenza dei fatti piuttosto che all’oscuro».Post post scriptum: «L’ Avvocato Trevisan mi aveva contattato per un incontro “segreto” ma gli dissi che sono persona trasparente e che qualunque cosa avesse da comunicare lo facesse in maniera aperta tramite gli avvocati della Nonna». Margherita non può far passare senza reagire l’accusa, per di più lanciata di fronte a tutti i suoi figli, di aver continuato ad attaccare sua madre «negli ultimi quindici anni». Dopo i consueti giorni di meditazione, risponde mercoledì 6 marzo con decisione rivolgendosi al «caro Jaki». Dice di essere d’accordo con lui e di condividere il suo dolore poiché sin quando c’è confusione non ci può essere pace. Ma diventa molto dura: «Non sono quindici anni che io attacco la nonna, mia madre: questa è un’accusazione che non intendo più accettare. Se nel 2007 chiedo un rendiconto al Dottor Gabetti e a Grande Stevens, il nome di mia madre è incluso nella richiesta solo ed unicamente perché lei è coerede con me. Nel 2018 davanti al Tribunale di Ginevra chiedo che per il Patto Successorale (quello «Tombale» del 2004 in cui lei rinunciava all’eredità futura di sua madre, ndr) sia constatata la sua nullità quindi l’Accordo intercorso nel 2004 poiché vi è un vizio di forma confermato da imminenti (sic!) professori. Queste sono richieste non accusazioni. Ti sei mai chiesto perché?». E, infine, un dettaglio sull’avvocato Trevisan: «Su mia richiesta chiede di poterti incontrare affinché una possibile discussione possa aprirsi in modo riservato il che non vuole dire segreto». In conclusione «ti mando un caro saluto nell’auspicio sincero di un dialogo proficuo per tutti che qui in copia ci leggono. Un abbraccio, Tua madre». A questo punto, visto il coinvolgimento di tutti i figli, si crea una specie di «chat di famiglia» in cui fratelli e sorelle cominciano a intervenire esprimendo la loro opinione. La prima è Tatiana de Pahlen, la più «piccola» (allora aveva 29 anni) degli otto figli nati dai due matrimoni di Margherita. Dopo l’ultima mail della madre, decide di dire la sua e, partendo dall’ultima frase di John e aderisce alla sua proposta: «Che cosa può accadere se andiamo a fare una passeggiata?». Nel frattempo lancia un poetico messaggio a tutti: «Quando cerchi la pace/ allora la pace è dentro di te/. Quando cerchi la pace/ allora non è difficile trovarla/.Quando vuoi mantenere viva la pace/ allora permetti alle colombe bianche di volare su di te/. Quando fai pace con gli altri/ allora il mondo intero vive nel tuo cuore/. Quando lasci che la pace circondi il mondo/ allora vivi in un mondo meraviglioso/. Quando lasci che la pace scorra nel mondo/ allora il tuo odio se ne andrà e l’amore scorrerà/. Quando apri la porta alla pace/ allora la pace sarà la benvenuta nelle vostre vite/».E conclude: «Lascia che la pace prevalga nel nostro mondo meraviglioso. Vi mando amore, luce e pace a tutti e a ciascuno». Visto che ci sono due schieramenti in attesa, si spera, di deporre le armi (da una parte John, Lapo e Ginevra e dall’altra Pietro, Anna, Sofia e Tatiana con la loro madre, in attesa di avere notizie di come la pensa Maria) è il momento propizio per far scendere in campo gli «scudieri». Dopo Tatiana è Lapo (spinto da John?), a prendere posizione rivolgendosi a «Tatiana e cari fratelli e sorelle»: definisce Yaki «brutalmente onesto» e si schiera accanto a lui. Poi invoca: «Per favore, Mamma comincia a fare lo stesso perché non è quello che stai facendo o che hai fatto fino ad oggi». Lapo, «in maniera altrettanto brutale», aggiunge che «in tutta onestà» è quello l’unico modo in cui Yaki «riesce a vivere e in cui credo che dovremmo tutti». La sua firma è seguita da tutti i suoi marchi: Garage Italia Customs, Italia Independent, Independent Ideas, LAPS.John approfitta della sponda e risponde a Lapo rivolgendosi però a sua madre e parlando come fosse il «capofamiglia»: «Cara Mamma, sono proprio felice che tu auguri sinceramente un dialogo proficuo per tutti. Siamo tutti e otto a tua disposizione per venirti a trovare per una passeggiata in primavera sul Lago con questo intento, seguendo i suggerimenti di Tatiana e Lapo. Per quello che riguarda gli avvocati lasciamo che lavorino tra di loro per evitare inutili confusioni, non essendo nessuno di noi tecnici in materia. Ti auguro una splendida giornata. J.»Il ghiaccio ora sembra essersi rotto davvero grazie a quella family-chat, per il momento sembra funzionare. Si ha l’impressione che abbiano trovato questo modo inedito per far dire agli altri ciò che madre e figlio non sono capaci di dirsi da anni in modo diretto. Sulla scia del messaggio iniziale di John tutti manifestano il desiderio di ritrovarsi dopo anni di liti, avvocati e processi. John ce la mette tutta per dimostrare quanto sia difficile far «ragionare» sua madre, forse è davvero ansioso di smettere di litigare o forse ha «la volpe sotto l’ascella» e vuol fare la vittima. Intanto, in due occasioni, dopo tanti anni, è tornato a usare un paio di volte il termine «Cara mamma» nel rivolgersi a Margherita. Si tratta di un risultato e un passo avanti non da poco.
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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