La morte di Giorgio Armani rivela quanto sta accadendo nel settore dell’alta moda: le maison sono controllate da pochi colossi, inflazione e prezzi alle stelle erodono i consumatori potenziali. Ma c’è chi rimane «popolare».La recente scomparsa di Giorgio Armani non rappresenta solo un passaggio epocale per la moda italiana, ma un segnale forte per l’intero mercato del lusso. Le sue disposizioni testamentarie, che aprono la strada alla quotazione in Borsa o a una possibile cessione del gruppo, mettono la maison al centro di una partita globale in cui si muovono colossi come Lvmh, Essilor-Luxottica e L’Oréal. È la conferma di un settore sempre più dominato da pochi attori di dimensioni gigantesche.Come sottolinea Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf, «la vicenda di Armani è l’emblema di un’epoca che finisce e di una che comincia». Per anni, molti marchi hanno alimentato i profitti aumentando i prezzi in maniera esponenziale, convinti che l’esclusività fosse la chiave per attrarre clienti. Ma questa strategia ha finito per erodere la base dei consumatori «aspirazionali», ossia la classe media disposta a spendere fino a 2.000 euro l’anno in beni di lusso. L’inflazione, unita a prezzi ormai irraggiungibili ha progressivamente allontanato questa fascia, un tempo decisiva per la crescita. Il baricentro si è così spostato verso la clientela di fascia alta: lo 0,1% più ricco della popolazione, responsabile del 37% della spesa globale nel settore, con budget annui superiori ai 500.000 euro. Un’élite che chiede non solo status symbol, ma artigianalità, servizi personalizzati ed esperienze uniche.In questo scenario, gruppi come Kering si trovano a dover rivedere profondamente le proprie strategie. Dopo anni di crescita trainata da Gucci, il conglomerato francese ha nominato Luca De Meo - manager proveniente dal mondo automotive - nuovo numero uno, con il compito di rilanciare il marchio fiorentino e ridurre il debito. Una scelta che segna la volontà di cambiare paradigma, rinviando anche mosse ambiziose come l’acquisizione di Valentino. Altro terreno decisivo è la Cina. Da motore inarrestabile, il mercato cinese si è trasformato in un campo minato: i consumatori sono oggi più selettivi, meno attratti dal semplice logo e più attenti a qualità e autenticità. Marchi come Hermès e Brunello Cucinelli continuano a crescere grazie alla loro coerenza, mentre emergono marchi locali come Bosideng, che rappresenta una minaccia sempre più concreta per i player occidentali.Non mancano però esempi di successo controcorrente. Ralph Lauren, secondo un’analisi del Financial Times, ha scelto di mantenere accessibile il suo «sogno» senza sacrificare la qualità. Un approccio inclusivo, che va dai calzini da 12 dollari agli orologi di lusso, capace di conquistare nuovi clienti e di garantire una crescita stabile.Il futuro del lusso appare segnato da una forte polarizzazione: da un lato i colossi che puntano agli ultraricchi e all’estrema esclusività, dall’altro marchi che cercano di mantenere un legame con un pubblico più ampio senza tradire la propria identità. In mezzo, l’incognita dei mercati emergenti e la sfida di non trasformare il lusso in un esercizio di autoreferenzialità.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
Al via un tour nelle principali città italiane. Obiettivo: fornire gli strumenti per far crescere le imprese.
Ecco #DimmiLaVerità del 18 settembre 2025. Il nostro Carlo Cambi ci rivela tutti i dettagli delle imminenti Regionali nelle Marche.