2021-12-08
Manca un partito che voglia davvero tagliare le imposte
A parole sono tutti d’accordo, ma nei fatti nessuno spinge per una riforma fiscale radicale che ridia ossigeno al ceto medio.In Italia non c’è più un partito che faccia della riforma fiscale e della diminuzione delle tasse, soprattutto sul ceto medio e povero, il suo principale cavallo di battaglia. Sì, tutti ne parlano, qualcosa propongono anche, di volta in volta ma senza che questo sia al centro della proposta politica. E senza, soprattutto, che negli anni passati abbia prodotto risultati apprezzabili. Cioè: di soldi in più nelle tasche di chi lavora in Italia non se ne vedono da tempo e molta della colpa di ciò è proprio che le tasse se ne mangiano la maggior parte.Dopo la grande riforma Vanoni del 1951 - la più seria mai fatta in Italia - e dopo quella agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, si tornò a parlare di tasse come argomento centrale di una proposta politica con Forza Italia nel 1994. Lì il tema tornò in primo piano, ma anche in questo caso i risultati concreti furono di scarso rilievo. Il merito più importante fu quello di non aumentarle in momenti difficili della finanza pubblica. Ma qui ci si ferma. Giulio Tremonti disegnò una grande riforma fiscale nel suo Libro bianco ma le contingenze politiche non permisero la sua attuazione. come nel caso della legge delega per il Codice tributario, salvo, per la verità, l’importantissimo intervento sulla defiscalizzazione degli utili reinvestiti, poi rimessi in campo ai tempi di Renzi (ministro Calenda) con il provvedimento Industria 4.0, oltre ai famosi 80 euro. Poi si arriva alla flat tax, soprattutto sollecitata dalla Lega ma sposata anche da parte del centrodestra, ma anche in questo caso la proposta è rimasta tale. E non bisogna dimenticare l’ottimo Statuto del contribuente dovuto largamente all’opera del prof Gianni Marongiu, grande tributarista genovese recentemente scomparso e rimasto sostanzialmente lettera morta.Eppure questo è il problema centrale che abbiamo in questo Paese. E chi dice che non lo è non capisce che la stagnazione dei consumi del ceto medio, il suo procedere negli ultimi anni in modo lento, incerto, costellato di lunghe soste e di timide riprese è dovuto alla mancanza cronica di reddito da destinare ai consumi. E questo perché troppe sono le tasse sugli stipendi medi. Su una busta paga da 1.500 euro lordi al mese gravano all’incirca 550 euro tra tasse dirette e indirette; su una da 2.000 euro lordi al mese gravano invece circa 680 euro al mese. Il tutto esclusi i contributi previdenziali, cioè per la pensione. Capite bene che anche se solo una parte di queste tasse fossero tramutate in reddito disponibile nelle tasche dei consumatori si trasformerebbero in acquisti di merci e servizi in una misura di tempo così infinitesimale che ancora non è stata stabilita dai fisici, ben al di sotto del micron di secondo.Per fare una riforma fiscale complessiva occorrono le idee chiare su vari temi: come attuare una vera progressività che oggi non c’è nel sistema (paga di più chi ha di più, paga di meno chi ha di meno), l’importanza di diminuire le tasse del ceto medio in modo considerevole cioè tale da portare nelle tasche dei lavoratori dai 150 euro in su al mese, semplificazione complessiva del sistema con particolare riguardo all’accertamento che è tutt’oggi invasivo e che carica l’onere della prova tutta sul contribuente, la necessità di arrivare a un Codice tributario che unisca in un solo testo tutti quei provvedimenti che si sono accumulati nel tempo senza una logica e senza un fil rouge, ma dettati solo ed esclusivamente dall’urgenza di rattoppare ciò che da tempo non è più rattoppabile. E poi assicurare al contribuente una certa stabilità normativa e anche legislativa in modo che possa fare i suoi conti dell’anno, il suo bilancio familiare, come fa ogni impresa, senza trovarsi ogni due per tre qualche balzello delle tasse che lo trovano impreparato, cioè senza i soldi per pagarlo. Cioè: occorre studiare, tanto e bene; occorre crederci; occorre rischiare con coraggio e lungimiranza guardando, come diceva il grande socialista liberale Carlo Rosselli, non al coraggio dei giorni ma delle generazioni.Fra tutte le riforme quella fiscale è la più difficile, ma insieme la più importante perché è al cuore della democrazia e dell’economia che senza di essa sono monca la prima e troppo zavorrata la seconda.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
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