2022-06-03
Manca il grano e l’Ue lo usa per farci il latte
Con la scusa della sostenibilità, Bruxelles ha dichiarato guerra ad agricoltura e allevamenti animali. Ora, però, lancia l’allarme per la carenza dell’oro giallo. Usato da aziende finanziate dalla stessa Unione per sintetizzare l’alimento indispensabile ai neonati.Stavolta soccorre davvero Ennio Flaiano: la situazione è grave, ma non è seria. Come altro definire l’atteggiamento dell’Unione Europea - incarnata dalla baronessa Ursula Von der Leyen e dal volto pingue del suo vice, Frans Timmermans, deciso a cancellare l’agricoltura per fare un piacere alle multinazionali che pascolano nei paradisi fiscali della sua Olanda - che nella Pac scrive «riducete la produzione di grano per non offendere l’ambiente» e poi piange per i cereali ucraini che, sequestrati da Putin, affamano il mondo? Qualcuno ha detto a Bruxelles che con 25 milioni di quintali - tanti ne fanno gli ucraini -su 750 milioni prodotti nel mondo è difficile credere che il problema sia quello? Qualcuno ha spiegato all’alleanza Ursula&Frans che il problema è il prezzo? Mario Draghi ci tiene tanto a far partire le navi da Odessa per soccorrere l’Africa morente. Sappia che la Francia fa 38 milioni di tonnellate di frumento, la Germania 28, gli Usa 55. Potrebbero darne un po’? Per i poveri, meglio quello ucraino: costa e ci si guadagna meno. Il paradosso è che il grano non manca oggi, mancherà l’anno prossimo. Nessuno se ne preoccupa, ma ciò che serve costa un occhio, non si «smina» e non si trova, sono i fertilizzanti, soprattutto quelli potassici. Li producono la Russia che è il secondo al mondo, dopo la Cina, e la Bielorussia (il terzo). L’urea si fa col petrolio e quella la producono ancora la Cina e la Russia, ma i prezzi sono agganciati a quelli del greggio. Se il prezzo del petrolio schizza in alto, perché sanzionato, i Paesi poveri non si possono permettere di concimare e quindi non raccolgono. Ci sarebbe un’alternativa: concimare con il letame, peccato che l’Ue voglia cancellare la zootecnia. Il paradosso dei paradossi è quello del latte. Il primo giugno si è celebrata la Giornata del latte voluta dal 2001 dalla Fao per «sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del latte come alimento e celebrare il settore lattiero-caseario e il suo ruolo a livello globale». Quanto sia importante lo sa anche Joe Biden, che ha dovuto fronteggiare con l’esercito la crisi di quello per i neonati, che peraltro si fa partendo da quello vaccino. L’Europa ha dichiarato guerra alla zootecnia perché le «vacche distruggono il mondo per le emissioni di gas serra». A suggerire queste affermazioni ci sono le multinazionali che producono il latte finto dalle proteine vegetali, usando magari anche quel grano che è bloccato in Ucraina e da cui dipende la fame nel mondo. E le start up finanziate anche dall’Ue per fare il latte di sintesi. Mentre l’Ue applaudiva la Fao e Mario Draghi vuole sminare il mar Nero con un cucchiaio per portare un pugno di grano agli egiziani (occhio alla Tunisia: è una polveriera mentre lo Sri Lanka, che ha la sfortuna di essere lontano, è già saltato) da Bruxelles facevano sapere che il latte non fa bene e neppure conviene (per citare un antico gingle): «La produzione lattiero-casearia è aumentata a livello globale del 35% tra il 2005 e il 2020, questo incrementa i gas serra del 30%». Chiudete le stalle prima che scappino le flatulenze dei ruminanti! Per la verità i gas serra da allevamento sono aumentati solo del 18%; in Italia la zootecnia li ha addirittura diminuiti. Oltre a tutti i benefici dell’alimento in sé, nel mondo la produzione e trasformazione del latte sono il mezzo di sostentamento per un miliardo di persone. Tranne che in Italia, dove sta chiudendo una stalla ogni dieci, il prezzo è a 38 centesimi al litro e produrlo costa non meno di 54. E pensare che stavamo aumentando la produzione (per il 40% è concentrata in Lombardia) per ridurre la dipendenza dall’estero: importiamo 621 tonnellate. Ma l’Europa, innamorata dei cibi non agricoli, ha già la soluzione: facciamo il latte senza vacche. Così Bruxelles via governo danese ha finanziato la start up israeliana Remlink (capitalizzata con 120 milioni di dollari; ci hanno messo i soldi tutti i nemici della zootecnia) che a Kalundborg, a due passi da Copenaghen, apre lo stabilimento più grande al mondo (70.000 metri quadri) per produrre latte dalla fermentazione di cellule staminali. In sostanza si tratta d’inoculare le proteine del latte nei lieviti, ottenuti anche da grano, farli fermentare e disidratarli. Si ricavano polveri con cui si può fare dal formaggio allo yogurt. La Remlink conta di poter produrre tanto latte di sintesi quanto ne farebbero 50.000 vacche in un anno, per un affare stimato da qui a 5 anni in 60 miliardi. A Kalundborg e a Waggeningen in Olanda, ciò che manda in brodo di giuggiole Frans Timmermans, l’Europa che sfratta i contadini, ha fatto investimenti nella food valley del futuro: si producono cibi di sintesi che non hanno bisogno di campi o di stalle. Ma l’Europa è buona e si è preoccupata anche del latte materno. Così in Spagna, nell’incubatore Mylkcubator, hanno preso delle cellule umane, le hanno coltivate e unendole a parte di cellule del latte bovino hanno prodotto, sempre con la tecnica della fermentazione di precisione, latte in polvere per i neonati. Il progetto si chiama Pure Mammary Factors. Hanno già pronte le linee di fermentazione per produrre sintesi di latte umano contando di agganciare un business di 60 miliardi di euro. Sollevando così anche le preoccupazioni di Sleepy Joe, che ha dovuto ricorrere a una legge di guerra - vedi tu le coincidenze - la Defense Product Act, per requisire gli impianti di latte in polvere (si parte sempre da quello di vacca) e ha organizzato ponti arei militari per rifornire i supermercati Usa, a secco di pieno per i biberon. Tutto è successo perché la Abbott, primo produttore americano, ha dovuto fermare gli impianti per irregolarità. Ora ci pensano i lieviti a clonare il seno delle mamme. Sono tanto più piccoli delle mucche, non bevono e non inquinano. C’è un però: se mancano i fertilizzanti, con le vacche si riesce a produrre il grano e anche l’energia. Ma non dite all’Europa che il latte fa bene e il latte conviene.